Raggiunta una certa notorietà come scrittore a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, Descalzo, unitamente a inviti a collaborazioni a riviste e giornali, ebbe opportunità, grazie al mecenatismo di alcuni armatori genovesi, di compiere crociere in terre lontane, imbarcato con ruoli fittizi su varie navi, da moderni transatlantici a modestissimi piroscafi. Questo fatto permetteva di inviare ai giornali per i quali lavorava articoli e reportage relativi a questi viaggi. Durante la guerra dovette prestare servizio militare e, nonostante i suoi tentativi per essere «adoperato per quel che ho pur provato di saper fare» cioè essere imbarcato su navi da guerra come corrispondente, trascorse 43 mesi dapprima a Portofino e poi a Riva Trigoso presso le batterie antiareee. Fu durante questo periodo che potè completare e dare alle stampe questo lavoro. In una lettera ad Antonio Pinghelli in data 14 luglio 1942 scrive:
«[…] Pazienza. “La Patria si serve dove ci destinano” mi è stato risposto. Si vede che anche in questo il mio destino non è dei più felici. In compenso, ho riordinato gli “incontri” degli italiani per il mondo: Ai quattro venti, che sta pubblicando Ceschina […]»
E infatti il libro viene stampato nel 1943. L’editore lo presentò così al pubblico e ai giornali:
«Ai quattro venti è una curiosa raccolta di impressioni di questo nomade scrittore, che ha visitato tutte le parti del mondo: il suo modo di viaggiare, e quindi le sue impressioni, sono però affatto diverse da quelle dei soliti giornalisti, amanti del colore locale, ed abituati ai grandi alberghi, ai grandi transatlantici e alle riunioni mondane. Descalzo ama viaggiare su piroscafi modesti e confondersi con i marinai di bordo; a terra preferisce ricercare l’anima vera del popolo delle varie contrade: sosta di preferenza nelle vie popolose dei sobborghi delle grandi città; in modo particolare ama sempre e ovunque ricercare i nostri fratelli italiani.»
La rosa dei venti, che è anche l’immagine che l’editore scelse per la copertina, è un testo che interpreta in maniera caratteristica il titolo del libro, il quale con i suoi trentanove racconti, trasporta chi legge lungo gli itinerari internazionali all’incontro «con gli italiani spersi un po’ in tutto il mondo», come dichiara l’autore stesso nella prefazione. Incontriamo quindi singolari e caratteristiche figure di italiani come il capitano Boffa carovaniere nel Tibet, un simpatico giovanotto in una piantagione italo-cingalese a Ceylon, le suore Canossiane di Singapore, il salesiano Ricaldone a Hong-Kong, il ragazzo che studia e impara un mestiere presso i salesiani di Città del Capo e che si presta a fare da guida per lo scrittore, il burbero “padre dei tifoni” all’osservatorio di Zi-Ka-Wei a Sciangai. Il libero vagabondaggio di Descalzo si pone costantemente come “fraterna missione” che porta il saluto della lontana terra natale. Nonostante i prevedibili omaggi (non troppo insistenti né eccessivamente fastidiosi) alla figura di Mussolini e la pervasiva ostilità per l’opera colonizzatrice inglese (il “nemico” in quella fase storica) i racconti restano un’interessante testimonianza diretta di luoghi, persone e attività che mantiene un certo interesse anche a distanza di oltre settant’anni.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Oziavo sul ponte A in attesa della libera pratica tentando di scrutare per quale via sarei poi giunto più rapidamente al centro di Melbourne, quando mi risovvenni di Gino Nibbi, lo scrittore fissatosi in Australia. Appunto a Melbourne, mi era stato detto, aveva una libreria, l’unica italiana del continente, dalla quale partiva ogni tanto per fare il giro dei cinque stati con casse di libri d’ogni natura – da quello dei Conti fatti alla Divina Commedia – e recarsi nelle colonie nostre delle grandi città e negli spersi villaggi bilingui del Quensland, attivando fra i rari professionisti, gli artigiani e più fra gli operai, i verdurai, i coloni e i piantatori di canna da zucchero, un proficuo commercio librario che se gli consentiva di vivere quasi con agiatezza, contribuiva anche intelligentemente a tener fusi gli italiani e a conservare in loro l’amore verso il lontano paese e la non dimenticata lingua nativa.
Dalla nave, appena attraccata, stavano sistemando gli scalandroni. Una folla vivace intrecciava dalla banchina ai ponti bassi saluti e colloqui con grida e richiami festosi. Traboccava nell’aria la letizia dell’arrivo. – Italiani, in gran parte, giunti dall’interno a ricevere i nuovi parenti, a ritrovare gli amici partiti per una vacanza nuziale e ritornati con la sposa indotta all’azzardo della nuova vita agli antipodi dall’amore.
Scarica gratis: Ai quattro venti di Giovanni Descalzo.