Dall’incipit del libro:
Lo Dio d’amor con su’arco mi trasse
Perch’i’ guardava un fior che m’abbellia,
Lo quale avea piantato Cortesia
Nel giardin di Piacer; e que’ vi trasse
Sì tosto, c[h]’a me parve ch’ e’ volasse;
E disse: ‘I’ sì ti tengo in mia balìa.’
Allor gli pia[c]que, non per voglia mia,
Che di cinque saette mi piagasse.
La prima à non’ Bieltà: per gli oc[c]hi il core
Mi passò; la seconda, Angelicanza:
Quella mi mise sopra gran fredore;
La terza, Cortesia, fu san’ dottanza;
La quarta, Compagnia, che fe’ dolore;
La quinta apella l’uon Buona Speranza.
II. – L’Amante e Amore.
Sentendomi ismagato malamente
Del molto sangue ch’io avea perduto,
E non sapea dove trovar aiuto:
Lo Dio d’amor sì venne a me presente,
E dissemi: «Tu∙ssai veramente
Che∙ttu mi se’ intra∙lle man caduto
Per le saette di ch’i’ t’ò feruto,
Sì ch’e’ convien che∙ttu mi sie ubbidiente».
Ed i’ risposi: «I’ sì son tutto presto
Di farvi pura e fina fedeltate
Più ch’Asses[s]ino a∙Veglio, o a Dio il Presto».
E quelli allor mi puose in veritate,
La sua boc[c]a a la mia, sanz’altro aresto,
E disse: «Pensa di farmi lealtate».


