Il testo e la numerazione delle pagine sono conformi all’edizione del Gherardini (1823), che venne collazionata con quella cremonese del Manini (1775-1778) e con quella veneziana dell’Aglietti (1791-1794), ed è ritenuta ampiamente affidabile (vd. F. Algarotti, Viaggi di Russia, a cura di P. P. Trompeo, Torino 1942, sec. ed., p. X). In luogo di “Lettere di Russia”, più comunemente noto (e riprodotto anche nell’edizione Gherardini), in copertina si è ripristinato il titolo originale datogli dall’autore.
Dall’incipit del libro:
Dopo diciannove giorni di fortunosa navigazione, ecco finalmente che abbiam dato fondo nel Sund. E già parmi esser certo, mylord, che per assai meno accidenti che noi non incontrammo in questo nostro tragitto, furono fatti e si faranno tuttavia dei giornali. Ogni viaggiatore, ella ben sa, facilmente si persuade, e sì vorrebbe persuadere altrui, che i mari ch’egli ha corso, sono i più pericolosi; che le corti ch’egli ha veduto, sono le più brillanti del mondo; e non manca di tenere di ogni cosa un esatto registro.
Io potrei incominciare anch’io dal narrarle che il dì ventuno del passato mese femmo vela da Gravesend sulla fregatina o galea The Augusta, che, come il fasello di Catullo, potrà dire quando che sia, fuisse navium celerrimus. Il vento era est; brutto augurio per il nostro viaggio. L’augurio migliore era il mio mylord Baltimore padrone della nave, anima candidissima, come ella sa; e la compagnía che vi trovammo a bordo.

