Giuseppe AlbiniNato a Bologna, da antica e nobile famiglia romagnola, il 22 gennaio 1863, laureatosi nel 1886, fu discepolo del Carducci e insegnò giovanissimo grammatica latina e greca fu dal 1898 professore in quella università, tenendo prima la cattedra di grammatica greca e latina, e poi, dal 1905, succedette a Giovanni Battista Gandino nella cattedra di filologia latina, che mantenne fino alla morte. Nell’ateneo bolognese ricoprì le cariche di preside della Facoltà di lettere e filosofia (1912-1918) e Rettore dell’Università (1927-1930). Fu amico e collega del Pascoli, col quale aveva in comune la vastissima conoscenza del latino, volle essere, soprattutto, poeta di lingua italiana e latina ed interprete e traduttore di poeti latini, particolarmente di Virgilio.

La sua opera di filologo merita ricordo per una buona edizione delle Satire di Persio (1890), per quella delle Edogae di Dante, insieme col Carmen e con l’Ecloga responsiva di Giovanni del Virgilio (1933), per quella, davvero eccellente, delle Bucoliche di Virgilio (1898), oltre che per il saggio Praecipuae quaestiones in Satyris A. Persi Flacci. Del resto, non affrontò mai gravi o complessi problemi critici; la sua produzione filologica si limita, generalmente, a brevi note su questioni assai particolari, soprattutto su Persio, Catullo, Marziale e Virgilio, pubblicate in Atene e Roma, negli Studi italiani di Filologia Classica e nei Rendiconti dell’Accademia di Bologna. In campo filologico, l’opera di maggior peso e impegno dell’A. è senza dubbio la traduzione di Virgilio: l’Eneide (1922), le Georgiche (1925), le Bucoliche (1926) – precisa ed aderentissima all’originale, tanto da sembrare talvolta faticosa e difficile.

I suoi primi versi italiani furono scritti quando aveva soltanto undici anni, per la morte della madre; poi parecchi altri ne compose, spesso di occasione, per nozze e cerimonie diverse e li riunì in volumi: Versi (1881) e Poesie (1901). Ma scrisse anche poemetti di maggior impegno, italiani e latini, fra i quali meritano di essere ricordati specialmente Sponsa nautae (1882), Ad Vergilium (1885), Ad Bononiam (1888), Ravenna (1911), Aeriae voces (1912), Vercingetorix (1919), forse il migliore, tutti premiati alla gara Hoeufftiana di Amsterdam; un inno a Roma (Romae matri,1911), del quale pubblicò anche la traduzione, e Persianum funus, inedito finché lo pubblicò Lorenzo Bianchi in appendice alla sua commemorazione: Intorno all’opera di Giuseppe Albini.

Iscritto al partito fascista dal 1925, ebbe una brillante carriera politica. Fu consigliere comunale e dal 1924 senatore del Regno. Fu membro della Deputazione di storia patria per la Romagna, socio corrispondente dell’Accademia delle scienze, lettere e arti di Padova e dell’Accademia Virgiliana di Mantova.

Morì a Bologna il 7 dicembre 1933.

Per la sua carica ebbe funerali memorabili e persino Concetto Marchesi non esitò a tesserne l’elogio sulla rivista del Comune, come di uno dei massimi maestri dell’Università di Bologna. È sepolto alla Certosa di Bologna.

Tra le altre opere si ricordano

  • Il Modesti e la Veneziade (1886),
  • Poesie varie (1897),
  • Il libro sesto dell’Odissea (1889),
  • Liriche (1894),
  • A Giosue Carducci (1896),
  • Epigrammi romani, (1896),
  • Il canto (1897),
  • Le Bucoliche di Virgilio (1898),
  • Poesie (1901),
  • Il canto quarto del Paradiso (1903),
  • Le egloghe (di Dante) (1905),
  • Il Giorno di Parini (1907),
  • I Carracci, Bologna, Zanichelli (1909),
  • Ottobre italico (1909),
  • Carmina (1909),
  • Il Leopardi cento anni fa (1917),
  • Ascensioni eroiche (1921),
  • L’Eneide di Virgilio (1925).
  • Le Georgiche (1931).
  • Virgilio, l’anima e l’arte (1931).
  • Ecloga responsiva (di Giovanni del Virgilio) (1933).

Fonti

Note biografiche di Pier Filippo Flores.

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autore:
Giuseppe Albini
ordinamento:
Albini, Giuseppe
elenco:
A