Questo romanzo d’avventura può essere considerato come “proto-fantascienza”, e presenta non poche analogie con il più celebre Ventimila leghe sotto i mari di Verne, il capostipite del genere. In entrambi i romanzi gli eroi della vicenda sono francesi e scienziati, e l’orgoglio nazionale traspare qui e lì nella storia. Le tecnologie moderne, in particolare quelle del mare, sono un altro punto in comune tra le due opere, siano esse tecnologie esistenti (ma “trasfigurate” nelle loro applicazioni), siano esse immaginate e più o meno realizzabili nel futuro. Ed a possedere queste tecnologie ci sono i “cattivi” della storia che non esitano a portare morte e distruzione a chi si oppone loro. Ma il personaggio del Capitano Nemo, intento alla sua vendetta, ha comunque in Verne un alone di eroe romantico, che manca del tutto a Solok, anche lui teso a vendicare il suo passato di umiliazione e disprezzo, ma la cui motivazione ad agire sta tutta nella brama di potere e di guadagno.
Mentre Verne rifugge dalle storie sentimentali, ed introduce relativamente pochi personaggi femminili nelle sue opere, D’Agraives inserisce nel suo romanzo anche una storia d’amore, quella della bella Alys che viene contesa tra i due personaggi principali della vicenda. Ma è un amore castissimo e che sicuramente non avrà turbato il sonno degli adolescenti appassionati d’avventure, principali destinatari dell’opera. Le dinamiche di un villaggio di pescatori bretoni giocano una parte non secondaria nella storia, e sono ancora oggi godibili nella loro caratterizzazione; meno comprensibile al lettore moderno appare invece l’insistenza sul “pericolo giallo”, peraltro presente in non poche opere dell’epoca, si pensi al celebre ciclo di Fu Manchu di Sax Rohmer.
Il romanzo uscì in Francia nel 1927, nella collana “Le livre du jeudi”, delle Éditions Hachette, e rappresenta uno dei numerosissimi titoli pubblicati dal prolifico autore, che si servì spesso di un nom de plume, come anche in questo caso (il suo vero nome era Frédéric Causse). In Italia fu tradotto nel 1935 e fu pubblicato da Sonzogno.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Nella grande sala-veranda, di forma rettangolare assai allungata, della «Stazione biologica» di Roscoff gravava, malgrado la stagione già molto avanzata poichè si era alla fine di ottobre, una temperatura da serra; un calore afoso ed umido come se un uragano fosse prossimo.
La folla quotidiana degli studenti, accorsi da ogni parte del mondo per trascorrere le loro vacanze alla «Stazione biologica» nello studio della fauna pelasgica, se n’era andata e la grande sala-acquario, quasi vuota, vibrava come una cassa armonica nella quale risuonavano, amplificati, i passi degli ospiti permanenti del laboratorio marittimo.
Nelle tinozze allineate lungo le vetrate e nelle quali ogni studente, cui ognuna era assegnata, conservava il frutto della propria pesca, non si vedevano che pochi esemplari di pesci; ed anche le vasche comuni, in cemento, comunicanti col mare, non erano più affollate dei loro consueti abitanti.
Cessata la quotidiana animazione studentesca del salone, che tanto gli piaceva, «Papà Anthime», com’era chiamato, occupava, leggendo, il tempo di riposo.
Arrampicatore d’istinto, amante delle «posizioni elevate», egli leggeva in quel momento un trafiletto del Bollettino della Società Zoologica stando a cavalcioni sull’ultimo piolo d’una scala doppia, e manifestava la sua soddisfazione muovendo i pollici dei piedi coperti dalle sole calze di lana perchè aveva lasciato gli zoccoli sul pavimento.

