Dall’incipit del libro:
Il giogo che la Sicilia spezzò nel 1282 era stato imbastito alla corte di Roma; cosí io la chiamerò anziché «Chiesa», la quale significa precisamente la universalità dei fedeli; e non dirò sempre il «papa» poiché l’uomo che tiene quel seggio ubbidisce piú spesso che non comandi. La corte di Roma, dunque, si era attribuito, nella confusione giuridica del Medio Evo, l’alto dominio delle regioni meridionali della Penisola, ivi compresa la Sicilia, che dette nome al regno. Poiché per eredità questo era pervenuto all’imperatore Federigo II, capo di parte ghibellina, i papi, che fondavano il loro potere sulla parte guelfa, si trovarono di fronte quel grande ingegno, superiore al proprio secolo, e gli mossero guerra spietata. Innocenzo IV, uomo da non cedere nella lotta, convocato un concilio a Lione (1295) vi pronunziò un discorso con il quale concluse chiedendo la deposizione di Federigo dall’impero e dal regno di Sicilia. Tuttavia non era facile eseguire simile proposito.


