Alfieri cominciò a scrivere la propria biografia (la Vita scritta da esso) dopo la pubblicazione delle sue tragedie. La prima parte fu scritta tra il 3 aprile ed il 27 maggio 1790 e giunge fino a quell’anno, la seconda fu scritta tra il 4 maggio ed il 14 maggio 1803 (anno della sua morte). “La vita” ĆØ universalmente considerata un capolavoro letterario, se non il più importante, sicuramente il più conosciuto, infatti, secondo M. Fubini, l’Alfieri fu per molto tempo l’autore della “Vita”, che ancora inedita, madame de StaĆ«l leggeva rapita in casa della contessa d’Albany e ne scriveva entusiasta al Monti. Non a caso l’opera all’inizio del XIX secolo venne tradotta in francese (1809), inglese (1810) tedesco (1812), e parzialmente in svedese (1820). In quest’opera analizza la sua vita come per analizzare la vita dell’uomo in generale, si prende come esempio. A differenza di altre autobiografie (come ad esempio le MĆ©moires di Goldoni) Alfieri risulta molto autocritico. In maniera cruda e razionale, egli non si risparmia neppure quando deve accusare il suo modo di fare, il suo carattere eccentrico e soprattutto il suo passato; tuttavia, Alfieri non ha nĆ© rimorsi nĆ© rimpianti per quest’ultimo.
Note biografiche tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Alfieri#Autobiografia.
Si ringrazia il prof. Giuseppe Bonghi e la biblioteca dei Classici Italiani per averci concesso il diritto di pubblicazione.
Dall’incipit del libro:
Il parlare, e molto piĆŗ lo scrivere di sĆ© stesso, nasce senza alcun dubbio dal molto amor di sĆ© stesso. Io dunque non voglio a questa mia Vita far precedere nĆ© deboli scuse, nĆ© false o illusorie ragioni, le quali non mi verrebbero a ogni modo punto credute da altri; e della mia futura veracitĆ in questo mio scritto assai mal saggio darebbero. Io perciò ingenuamente confesso, che allo stendere la mia propria vita inducevami, misto forse ad alcune altre ragioni, ma vie piĆŗ gagliardo d’ogni altra, l’amore di me medesimo: quel dono cioĆØ, che la natura in maggiore o minor dose concede agli uomini tutti, ed in soverchia dose agli scrittori, principalissimamente poi ai poeti, od a quelli che tali si tengono. Ed ĆØ questo dono una preziosissima cosa; poichĆ© da esso ogni alto operare dell’uomo proviene, allor quando all’amor di sĆ© stesso congiunge una ragionata cognizione dei propri suoi mezzi, ed un illuminato trasporto pel vero ed bello, che non son se non uno.
Senza proemizzare dunque piú a lungo sui generali, io passo ad assegnare le ragioni per cui questo mio amor di me stesso mi trasse a ciò fare: e accennerò quindi il modo con cui mi propongo di eseguir questo assunto.

