Vladimiro Arangio-Ruiz nacque a Napoli il 19 febbraio 1887. Era il secondogenito del noto costituzionalista Gaetano; il fratello maggiore, Vincenzo, fu giurista di grande spessore e ricordato per importanti studi sul diritto romano dell’età classica e del Basso Impero. La madre si chiamava Clementina Cavicchia.
Vladimiro si laureò dapprima in lettere classiche nel 1910 con G. Vitelli con una tesi sulla letteratura greca (Il coro nella tragedia greca); dopo la parentesi della prima guerra mondiale cui partecipò come ufficiale d’artiglieria e dove fu ferito, si laureò in filosofia con P. Martinetti con la tesi Conoscenza e moralità, pubblicata nel 1922. Durante gli studi strinse numerose amicizie intellettuali con Renato Serra, Emilio Cecchi, Amendola, Corradini. Fu in confidenza anche con il musicista Bastianelli, con il filosofo neoidealista e pedagogista Gaetano Chiavacci e con Carlo Michelstaedter con il quale condivise passione e studi in direzione della poesia greca e del quale patrocinò la pubblicazione nel 1912, presso le edizioni de “la Voce” – il giornale fondato da Prezzolini con il quale collaborava – del Dialogo della Salute, curando poi presso l’editore Formiggini la pubblicazione dello stesso Dialogo della salute e nel 1913 di La persuasione e la retorica.
Insegnò in vari licei, fu preside di liceo scientifico e dal 1934 preside della scuola italiana di Alessandria d’Egitto. Successivamente insegnò alla Scuola Normale superiore di Pisa dove fu anche vicepresidente, e infine insegnò storia della filosofia alla facoltà di Magistero dell’Università di Firenze, incarico che mantenne fino alla morte.
Nel 1921 si sposò con Gabriella Gregori.
Nutrito di studi umanistici, fu valente grecista e traduttore di alcuni dialoghi platonici (Gorgia, Sofista) e penetrò, attraverso uno studio appassionato, lo spirito di scrittori quali Machiavelli, Leopardi, Carducci e sopratutto Manzoni a proposito del quale nel 1925 scrisse Morale filosofica e religiosa.
Filosofare significava per lui assumere un impegno di vita, vivere nella propria interiorità il problema della vita e sentire intimamente la responsabilità che comporta. Di qui la sua concezione dinamica della filosofia come sintesi (intesa quale limite ideale) di teoria e pratica, di essere e dover-essere, di sapere e fare. Tale atteggiamento giustifica la qualifica (da lui stesso accettata) del suo pensiero come “moralismo puro”. Ma la sua posizione si presta ad altre determinazioni, da quella di attualismo, per aver egli accettato il gentiliano atto dello Spirito, inteso però soprattutto come affermazione della responsabilità umana, a quella di idealismo, in senso più platonico che hegeliano, per la sua riluttanza a sottoscrivere la tesi dell’unità dell’ideale e del reale, all’esistenzialismo, esistenzialismo positivo s’intende, perché Vladimiro Arangio-Ruiz credeva nella possibilità di realizzare il bene attraverso l’operosità della vita. In questo senso vedeva come inconciliabili attualismo e idealismo oggettivo hegeliano.
Nel secondo dopoguerra approdò a una concezione liberale alla quale si uniformeranno i suoi scritti di quest’ultimo periodo; tali scritti sono comunque coerenti con l’idea, che lo contrapponeva a Gentile, dell’esperienza morale della persona che non si può identificare con la “vita nello Stato”.
Il periodo più fecondo per la sua produzione intellettuale fu quello che lo vide operativo tra Pisa e Firenze; fu prolifico e importante collaboratore di riviste filosofiche e letterarie come “Leonardo” sulla quale teneva una rubrica fissa, e anche di vari quotidiani come la “Nazione del popolo”, il “Giornale d’Italia” e il “Giornale dell’Emilia”, oltre ovviamente a vedere pubblicati importanti suoi scritti sugli “Annali della Scuola Normale”.
Morì a Firenze l’8 novembre 1952 al termine di una lunga malattia.
Fonti:
- G. M. Merlo, voce Arangio-Ruiz Vladimiro, in GDE, volume II, Torino, 1985.
- D. Faucci, voce Arangio-Ruiz Vladimiro in Dizionario Biografico Treccani
https://www.treccani.it/enciclopedia/vladimiro-arangio-ruiz_(Dizionario-Biografico)/ - I. Mancini, Il Platonismo di Vladimiro Arangio-Ruiz, in “Giornale di Metafisica” 1953.
- D. Faucci, G. Chiavacci, V. E. Alfieri (a cura di), Filosofi d’oggi, Vladimiro Arangio Ruiz. Torino 1960.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
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- Umanità dell’arte
L’autore, negli anni ’40 del secolo scorso, si propone di condurre la propria spiritualità con grande equilibrio nell’ambito artistico, sempre orientato dalla guida dell’idealismo crociano, e nel 1945 raduna in questo volume scritti, per la maggior parte già pubblicati, che chiariscano il suo punto di vista.