Scrive Malebranche:

«Lo spirito, suo malgrado reso inquieto dalla fame, dalla sete, dalla stanchezza, dal dolore, da mille diverse passioni, non può né amare, né cercare come si dovrebbe i veri beni.» [Entretiens sur la Métaphisique, XII, § 15].

Arangio-Ruiz si sforza di compiere questa ricerca, di condurre la propria spiritualità con grande equilibrio nell’ambito artistico, e soprattutto con particolare attenzione alle arti figurative. Si incammina su questo percorso, negli anni ’40 del secolo scorso, sempre orientato dalla guida dell’idealismo crociano, e nel 1945 raduna in questo volume, poi pubblicato nel 1951, scritti per la maggior parte già pubblicati su riviste.

La critica delle correnti artistiche, all’interno delle quali viene ricercato l’uomo, l’artista, l’individuo, non può che muoversi tra gli impulsi che i grandi movimenti del periodo imprimevano all’arte nel mondo. Il moto pendolare che aveva portato gli artisti attraverso l’impressionismo ai vertici dell’estroversione, dell’immersione nello spettacolo luminoso e colorato del mondo, si volgeva poi al polo decisamente opposto di una interiorità che si è poi svolta secondo i modi di due aspetti estremi; da una parte il formalismo nei suoi sviluppi astratti, dall’altro un contenutismo per cui nella rappresentazione delle cose prende il sopravvento il mondo interno dell’artista, spesso buttato fuori con violenza – espressionismo – o calato in modi misteriosi – surrealismo. Nello stesso modo l’arte in Europa si stava avviando ad abdicare al proprio razionalismo umanistico per aprirsi a novità che potevano apparire estranee alla nostra tradizione culturale (arti orientali, primitivistiche, etc.).

Dal confronto tra gli eredi del Romanticismo e la moderna società che i loro padri aveva bandito, nasce l’arte moderna: da una parte il mondo borghese e dall’altra le ultime generazioni romantiche. Ma il mondo borghese si era ormai creata una sua cultura, una sua filosofia, una propria arte. La filosofia fu il positivismo e l’arte il naturalismo. La scienza volle sostituire la filosofia e la natura si aggrappò all’ultimo vessillo artistico. Ma hegelianamente ogni radicalismo finisce per trascinare nella sua negazione molti degli elementi contro cui si appunta la sua rivolta. In questo contesto culturale Arangio-Ruiz tenta quindi la mediazione, l’hegeliana sintesi, tramite gli strumenti dell’idealismo che gli sono congeniali. Ha successo il suo tentativo? Certamente non un successo completo ma alcuni punti di grande interesse li mette a fuoco in maniera utile. Ad esempio mette a nudo la fragilità del futurismo (unita, aggiungo io, a una singolare trascuratezza verso la conoscenza della storia):

«[…] come appunto, nell’esasperazione dell’esperienza formalistica, è avvenuto nell’arte futuristica e nel nuovo astrattismo. Soppressa in essa ogni traccia di “illustrativo” e di “espressivo”, si è preteso di attuare il “decorativo” per sé. E cotesta pura “decorazione” si è ottenuta appunto facendo che la parola diventasse cosa (e non la cosa parola, com’è, s’intende, la via giusta): facendo che gli elementi stessi del linguaggio pittorico, isolati, resi assoluti, presumessero di essere anche contenuto. Curiosa presunzione, curiosa o addirittura spaventosa prevaricazione […]»

Il futurismo fatica a vedere l’urto sociale che genera l’angoscia, non vede il dolore, si limita a negarlo neutralizzandolo con una mistica estasi davanti al futuro, senza mancare di rimescolare le precedenti idee del simbolismo e del decadentismo. Questo esempio vale per il complesso del discorso di Arangio-Ruiz che non manca di percepire l’inquietudine che è presente nell’arte della prima metà del secolo scorso, inquietudine che percepisce le fratture e le instabilità, anche se non sempre ne è pienamente consapevole, ma che lascia trasparire le vibrazioni della sensibilità degli artisti. Fratture che derivano dalla cesura che la civiltà moderna ha scavato tra l’uomo sociale e le sue nuove conquiste. L’uomo col suo carico di sentimenti rischiava di rimanere indietro e le riflessioni di Arangio-Ruiz contribuiscono a ricollocarlo nella posizione di competenza rifuggendo da foghe ingenue e da orrende cammuffature.

Ovviamente quanto propone l’autore nasce da più lontano. Mi limito a citare due opere che, credo, potrebbero interessare a chi volesse approfondire gli aspetti che stanno a monte di questa raccolta di scritti: Lo spirituale nell’arte di Wassily Kandinsky del 1912 e Espressionismo di Hermann Bahr del 1920 – che ha goduto ultimamente di una nuova traduzione italiana dopo quella di Bruno Maffi del 1945 che sono certo Arangio-Ruiz conosceva bene – entrambe opere che ci aiutano a capire l’evoluzione dello stesso Arangio-Ruiz e del suo tempo. Evoluzione che lo porta a vedere l’arte liberata dall’imitazione naturalistica e dalla semi-passività dell’impressionismo per divenire libera creazione del sentimento dell’artista. «L’orecchio è muto, la bocca è sorda, ma l’occhio percepisce e parla» scrisse Goethe, e Arangio-Ruiz è in questo solco che continua a seminare, solco nel quale la sensibilità dell’artista, coltivata e affinata, lo rende stabilmente uomo.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit dell’Introduzione:

I saggi e capitoli che qui si pubblicano hanno tutti lo stesso intendimento: di combattere la separazione dell’artista e dell’uomo, di arte e vita. E di mostrare come in cotesto distacco e isolamento, osservabile in tanta odierna critica (meno in quella di poesia e letteratura, di più in quella musicale, massimamente, in maniera imponente e talora stupefacente, in quella delle arti figurative), e nell’azione di tanti artisti, che fanno più polemica che arte, più poetica che poesia, di mostrare, si diceva, come in cotesto distacco e isolamento è l’errore e l’origine di tutta una grande classe dei mali di cui l’arte s’ammala e si perverte: intellettualismo, aristocraticismo, arcanismo, formalismo. In quell’isolamento – talora splendido isolamento – l’origine dell’estetismo.

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titolo:
Umanità dell’arte
titolo per ordinamento:
Umanità dell’arte
descrizione breve:
L’autore, negli anni ’40 del secolo scorso, si propone di condurre la propria spiritualità con grande equilibrio nell’ambito artistico, sempre orientato dalla guida dell’idealismo crociano, e nel 1945 raduna in questo volume scritti, per la maggior parte già pubblicati, che chiariscano il suo punto di vista.
autore:
opera di riferimento:
Umanità dell'arte / Vladimiro Arangio- Ruiz. - Firenze : Sansoni, 1951. - 160 p. ; 21 cm. - Biblioteca Sansoniana Critica ; 14
licenza:

data pubblicazione:
13 marzo 2024
opera elenco:
U
soggetto BISAC:
ARTE / Generale
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
impaginazione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
pubblicazione:
Catia Righi, catia_righi@tin.it
Claudia Pantanetti, liberabibliotecapgt@gmail.com
revisione:
Claudia Pantanetti, liberabibliotecapgt@gmail.com