Il testo è tratto da un’opera conservata presso le Stanford University Libraires, col numero di serie 3-6105-040-327-558, la cui copia-immagine è reperibile su Google Libri all’indirizzo web: http://www.google.it/books?id=p5HWJ9yr_KIC&pg=PA1&dq=bellani.
Dall’incipit del libro:
Dopo il fatale terremoto delle Calabrie nel 1783, che però fu limitato a quella sola estremità d’Italia, e nella quale circostanza apparve una nebbia permanente, che si diffuse su gran parte d’Europa, consimile a quella vedutasi nella scorsa estate, oltre a piogge rossastre di sostanze terree; non trovo altro maggior flagello e più universale per l’Italia nostra menzionato nelle storie, che nell’anno 1117. Sotto quell’epoca, leggo negli Annali d’Italia del celebre Muratori. «Il Papa nel mese di marzo ebbe non poche inquietudini e travagli. I Romani ribelli a poco a poco tornarono alla divozione ed ubbidienza del Papa. Funestissimo riuscì quest’anno all’Italia: vi si fece anche sentire un terribil tremuoto, di cui simile non restava memoria. Vidersi ancora nuvoli di color di fuoco e sangue, vicini alla terra, con fama ancora di sangue piovuto dal cielo, e servirono tutti questi successi a far più che mai desiderare la pace colla Chiesa.»
Già fino dall’anno scorso aveva io stesa una lunga Memoria in cui fra le altre cose trattava delle piogge rosse, e delle nebbie secche, o esalazioni straordinarie: Memoria che si sta pubblicando ora negli Atti della Società Italiana; ed in quella stessa occasione ho steso un breve articolo sul terremoto che venne inserito nel Giornale di Verona intitolato il Poligrafo (Fascicolo XIX, gennaio 1832).


