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Dall’incipit del libro:
«Con grave rincrescimento, ma non senza il conforto di vedere evitato un male più grande, annunzio alla Signoria Vostra Illustrissima come il governo di Sua Altezza Serenissima abbia posto gli occhi sui diportamenti del signor conte Gino, di Lei figlio primogenito. Le sue relazioni con persone indegne e non convenienti al suo grado, i viaggi frequenti, uno dei quali fu protratto, come consta a questo ufficio, ben oltre i confini dei prossimi Stati di Parma e Piacenza, e finalmente lo scandaloso episodio della scorsa domenica, nella villa dove il predetto conte Gino di Lei figlio ha osato trarre da un mazzo di fiori sconvenientissime allusioni alla bandiera piemontese, hanno costretto il governo di S. A. S. ad uscire da quei riguardi che il cuore paterno del nostro augusto Signore avrebbe pur voluto osservare.
«La severità delle disposizioni sarebbe stata più grande e meglio proporzionata alla gravità dei trascorsi, se all’animo della prefata Altezza Sua non fosse piaciuto di temperare i proprii e giusti rigori, pensando ai meriti della S. V. Ill.ma, e ricordando com’Ella, da leale e fedelissimo suddito, anche in tempi più sciolti, quali furono quelli dell’infausto 1848, ricusasse costantemente di riconoscere il sedicente governo dei rivoltosi.



