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Dall’incipit del libro:
– Signora Zita!
– Signor padrone, comandi.
– Il mio tè.
– La servo subito. –
Questo era il breve dialogo che ricorreva ogni sera, intorno alle dieci, e da anni parecchi, tra il signor Commendatore e la sua governante; quegli dalla sua camera da letto, dove stava terminando di leggere i giornali, questa da una saletta vicina, dove stava aspettando i cenni del padrone.
Per solito, quando scoccavano le dieci al pendolo dell’anticamera, il signor Commendatore avea finito, o stava per finire, il suo pasto intellettuale; e in questo caso, studiava il passo, si fermava un po’ meno in Russia, o in Baviera, o in Costantinopoli, o al Cairo, e volgeva a grandi giornate verso le beate regioni dove fiorisce spontanea la carota recentissima e dove s’adagia la firma del gerente all’ombra d’un telegramma apocrifo.


