Dall’incipit del libro:
La quiete regnava sul campo Castigliano, le cui tende spiegate biancheggiavano al mite chiarore della luna nascente. Sull’azzurro intenso del firmamento, tutto ingemmato di stelle, nereggiavano all’orizzonte i minareti e le torri di Malaga, forte città, sulle cui mura vegliavano i guerrieri Moreschi, ma più la costanza e il valore del valì Muza ben Conixà, prossimo parente di Abdallà el Zagal, il più vecchio e il più prode fra i due ultimi re di Granata. Il mare taceva alla spiaggia, confuso col cielo nella gran pace della notte. La primavera, così bella sempre sulle coste di Spagna, diffondeva i suoi tepori sulla pianura occupata dall’esercito cristiano, a cui, con le acute fragranze della marina, venivano i dolci effluvi degli aranceti di Velez.
Sono facili al sonno i soldati, essi che sanno per prova, meglio di tutti gli altri uomini, come le buone occasioni non aspettino nessuno per via. E stanco delle fatiche di una calda giornata, spesa in corse affannose di scoperta e frettolosi apparecchi d’assedio, il campo era tutto immerso nel sonno. Solo nel profondo silenzio si udivano ad ogni tanto le voci delle scolte, e il grido di Aragon si alternava con l’altro di Castilla y Leon. Erano i nomi dei due regni spagnuoli, che l’amore e la ragione di Stato avevano uniti, per mezzo a gravi difficoltà e peripezie romanzesche, ma che un sentimento di gelosia aveva minacciato di divider da capo.


