
Carlo Bianco nacque a Cuneo nel 1795, figlio di Giambattista Bianco (avvocato, fatto conte di Saint-Jorioz nel 1791). Iniziò gli studi di giurisprudenza, e con la Restaurazione fu avviato alla carriera militare nel reggimento dei Dragoni del Re. Politicamente si orientò verso posizioni liberali ed iniziò a cospirare con i patrioti, diventando uno dei promotori dei moti del 1821. Fu membro della Giunta Provvisoria e firmatario del manifesto che proclamava la costituzione spagnola.
Con il fallimento dei moti, fu costretto a fuggire in Spagna mentre un processo a suo carico si concludeva con la condanna a morte e la confisca dei beni. In Spagna combatté con le forze rivoluzionarie, fu poi arrestato e fuggì a Gibilterra, in Grecia e infine a Malta. Qui meditò sulle sorti politiche della sua patria, e scrisse un saggio dal titolo Della guerra nazionale d’insurrezione per bande, applicata all’Italia. Trattato dedicato ai buoni italiani da un amico del paese, pubblicato a Malta nel 1830 ed ispirato alla sua esperienza spagnola, in cui la guerriglia rappresentava una lotta popolare antifrancese.
Essendo scoppiata la rivoluzione in Francia nel 1830, alla fine dell’anno Bianco lasciò Malta e si recò a Parigi. Qui entrò nella Giunta liberatrice italiana composta dagli esuli, e fondò la società segreta degli Apofasimeni, ispirata agli ideali di Filippo Buonarroti. Cercò di organizzare una spedizione con gli esuli italiani in Savoia, poi un aiuto all’insurrezione in centro Italia partendo dalla Corsica, infine tornò a Marsiglia, dove conobbe Mazzini ed aderì alla Giovane Italia. La collaborazione però non produsse particolari rapporti far i due: Mazzini infatti in una lettera del 1833 così parla di Bianco:
«In fatto di principii lo credo dotato di alcuni principii, profondamente sentiti: non intelletto agile: non vedute estese: cervello ristretto, come in generale son tutti i Buonarrotisti, montagnards del 1833. Se in Italia nasceranno clubs e partiti, certo, verrà il momento in cui avremo, temo, a schierarci sotto opposte bandiere – è terrorista, e terrorista per sistema, non per cuore.»
Bianco organizzò nel 1833 la seconda spedizione in Savoia, che fallì ancora una volta, e fu tra i firmatari del manifesto della Giovane Europa. Fu allontanato da Francia e Svizzera, e si stabilì a Bruxelles dove fissò dimora infine con la famiglia, la moglie Adele, con cui conviveva dal 1818 ma che sposò solo nel 1832, ed il figlio Alessandro. Qui si allontanò dalla politica e cercò di intraprendere diverse attività, rimanendo sempre però oberato dai debiti.
Il figlio Alessandro (la cui opera principale, un saggio sul Brigantaggio negli anni 1860-63, è reperibile su Liber Liber) fu inviato nel 1840 in Piemonte, al fine di cercare di recuperare il patrimonio famigliare; Alessandro Bianco però fece atto di omaggio a Carlo Alberto ed intraprese la carriera militare come ufficiale nell’esercito sabaudo. Probabilmente deluso anche dalle azioni del figlio, che sembrava tradire i suoi ideali giacobini, Carlo Bianco si uccise annegandosi in un canale di Bruxelles nel 1843.
Fonte principale:
- Franco Della Peruta, BIANCO, Carlo Angelo, conte di Saint-Jorioz, in Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 10 (1968)
https://www.treccani.it/enciclopedia/bianco-carlo-angelo-conte-di-saint-jorioz_%28Dizionario-Biografico%29/
Note biografiche a cura di Gabriella Dodero
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia
Trattato dedicato ai buoni Italiani da un amico del Paese