L’opera, secondo importante saggio storico di Carlo Botta, fu pubblicata nel 1824 a Parigi. Suddivisa in due parti, dallo scoppio della Rivoluzione francese all’incoronazione di Bonaparte e dalla proclamazione del Primo Impero al Congresso di Vienna, traccia un primo bilancio sugli esiti della mancata insurrezione italiana. Ebbe una grande fortuna editoriale e rimase per tutto il 19° secolo uno dei testi di storia più diffusi in Italia.
Dall’incipit del libro:
Il re Federigo sentiva i frutti delle gratitudini Napoleoniche. Vinta l’Austria per avere la Prussia imprudentemente tenuta la neutralità, insorgeva Napoleone a vincere la Prussia, dopo di aver prostrato l’Austria. Usò le insidie, le insolenze e le usurpazioni per farla vile agli occhi del mondo; poi assalti più aperti per farla risentire, non dubitando di vincerla. Invase l’Hannover, ed operò ch’ella l’accettasse in proprietà, dono funesto per la riputazione, funesto per gli effetti. Offese la Germania nel caso del duca d’Anghienna; non risentissi la Prussia. Portò pazientemente il re l’incoronazione Italica, l’unione di Genova, il fatto di Lucca, le non ottenute promesse al re di Sardegna: portò pazientemente la carcerazione dei legati d’Inghilterra sui territorj Germanici, le taglie poste sulle città anseatiche, le violazioni delle terre d’Anspach e di Bareit. Di mezza Germania si faceva signore Napoleone per la confederazione del Reno: consentiva il re Federigo, ed accettava l’offerta di una confederazione a suo favore della settentrionale Germania; ma Napoleone confortava segretamente i principi, acciò non vi consentissero. Nè più modo alcuno serbando, toglieva Fulda al principe d’Orangia, congiunto di parentela col re, toglieva al re la fortezza di Vesel, e le abbazìe di Essen, Verden ed Elten. Prometteva alla Prussia la Svedese Pomerania, ed al tempo stesso con solenne trattato si legava colla Russia per impedire, che la Prussia della Pomerania s’impadronisse: il dato ed accettato Hannover offeriva al re d’Inghilterra, se pace con lui volesse. Nuovi soldati Napoleoniani marciavano in Germania. Conobbe il re con quale amico avesse a fare, e corse all’armi: corse altresì al ferro Napoleone. Bene il poteva usare, posciachè il re veniva armato contro di lui; ma gl’improperj che fece dire e stampare contro la regina, furono tali, che ogni uomo, che del tutto non sia lontano dalla civiltà, non potrà non sentirne sdegno e fastidio. Io vidi a questo tempo immagini di tal natura nei luoghi pubblici in mostra, che mi pareva aggirarmi, non nell’incivilito Parigi, ma sì piuttosto in una città rozza e selvaggia. Luisa era donna, regina, ed amatrice della sua patria, ed all’armi gli amatori della sua patria incitava: per questo diventò bersaglio agli oltraggi di un barbaro. Queste gravi parole contro Napoleone appruoveranno coloro, che con sì devoto e patrio affetto hanno alzato gli altari alla Domremese vergine; di quelli, che fanno scherno dei difensori delle loro patrie, non è da prender pensiero.
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