Tratto da “Jane Eyre o le memorie d’un’istitutrice”, di Charlotte Brontë. Fratelli Treves Editori, Milano, 1904. Uscito nel 1847 è il capolavoro della scrittrice inglese Charlotte Brontë. Scritto in forma autobiografica, racconta l’evoluzione emotiva, morale e sentimentale di Jane Eyre.
Grazie al suo porsi in dissonanza con i cliché dell’epoca, fu accolto con successo già al suo apparire. Molti i punti di forza del romanzo: descrizioni vivaci, realistiche e non pedanti, profonda psicologia dei personaggi, intensa analisi dei sentimenti e soprattutto la protagonista, Jane Eyre, dotata di integrità, indipendenza, forza interiore e passionalità.
Dall’incipit del libro:
In quel giorno era impossibile passeggiare. La mattina avevamo errato per un’ora nel boschetto spogliato di foglie, ma dopo pranzo (quando non vi erano invitati, la signora Reed desinava presto), il vento gelato d’inverno aveva portato seco nubi così scure e una pioggia così penetrante, che non si poteva pensare a nessuna escursione.
Ne ero contenta. Non mi sono mai piaciute le lunghe passeggiate, sopra tutto col freddo, ed era cosa penosa per me di tornar di notte con le mani e i piedi gelati, col cuore amareggiato dalle sgridate di Bessie, la bambinaia, e con lo spirito abbattuto dalla coscienza della mia inferiorità fisica di fronte a Eliza, a John e a Georgiana Reed.
Eliza, John e Georgiana erano aggruppati in salotto attorno alla loro mamma; questa, sdraiata sul sofà accanto al fuoco e circondata dai suoi bambini, che in quel momento non questionavano fra loro né piangevano, pareva perfettamente felice. Ella mi aveva proibito di unirmi al loro gruppo, dicendo che deplorava la necessità in cui trovavasi di tenermi così lontana, ma che fino al momento in cui Bessie non guarentirebbe che mi studiavo di acquistare un carattere più socievole e più infantile, maniere più cortesi e qualcosa di più radioso, di più aperto, di più sincero, non poteva concedermi gli stessi privilegi che ai bambini allegri e soddisfatti.
— Che cosa vi ha detto Bessie di nuovo sul conto mio? — domandai.
— Jane, non mi piace di essere interrogata. Sta male, del resto, che una bimba tratti così i suoi superiori. Sedetevi in qualche posto e state buona fino a quando non saprete parlare ragionevolmente.







