A fine degli anni ’20 del secolo scorso i problemi relativi ai portatori di handicap erano raramente affrontati in maniera eticamente accettabile. Bonaventura si pone il problema dell’inserimento nel mondo del lavoro degli anormali psichici prendendo a riferimento i laboratori dove vengono impiegati gli anormali sensoriali (p. es. ciechi) perché i loro limiti non debbano essere sottoposti al confronto con le attitudini dei “normali”. Certamente dei passi sono stati fatti negli ultimi cento anni ma non si può fare a meno di notare come le cosiddette categorie protette, ossia i portatori di handicap fisici e mentali, godono di una priorità soprattutto teorica ma il loro inserimento nel mondo del lavoro e il cammino della loro emancipazione ed autonomia continuano a trovare in pratica un muro di diffidenza e ipocrisia, senza che le “autorità” e le normative diano abbastanza importanza alla loro mobilità lavorativa, sociale e creativa.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Considero come universalmente ammessi, e perciò mi esimo dal dimostrare, i seguenti tre punti:
1°) È necessario render efficienti per la società tutte le energie, di qualunque grado esse siano, senza che alcuna capacità produttiva resti inutilizzata.
2°) L’orientamento professionale, avviando ciascun individuo alla funzione sociale per la quale è più adatto, mira ad ottenere il più alto rendimento lavorativo nell’interesse comune della collettività.
3°) «L’anormale può essere avviato a proficuo lavoro e può avere una certa efficienza nell’ambiente in cui dovrà vivere» (De Sanctis).
L’opportunità di avviare al lavoro gli anormali psichici risulta evidente chi consideri che l’anormale psichico il quale non riesca ad avere un certo assestamento nella vita sociale, per lo meno bastando a sè stesso, non solo rimane a carico della società, rappresentando un disvalore, ma diventa anche pericoloso, per le connessioni ormai dimostrate tra insufficienza mentale e delinquenza. L’importanza economica (oltre che, indiscutibilmente, morale) del lavoro degli anormali psichici può essere poi valutata solo da chi conosca la pur troppo grande estensione di questa classe. Non si hanno sicure statistiche al riguardo, non essendo attendibile quella condotta or sono pochi anni dal Ministero della P. I. (che, p. es., per alcune provincie dichiarava non esservi alcun deficiente!).

