L’opera, pubblicata negli anni 1942-1943, si compone di tre volumi, il primo dedicato all’Evo Antico, il secondo all’Evo Medio, l’ultimo all’Evo Moderno.
È considerata l’opera più significativa dell’attività scientifica del Buonaiuti. Come egli stesso ha rievocato nell’autobiografia del 1945, l’opera ha motivazioni apologetiche (“per istituire il bilancio definitivo dell’azione cristiana nella storia, ora che da mille indizi si poteva facilmente e sicuramente arguire che il Cristianesimo si avvicinava ad un’ora di drammatico trapasso”).
L’idea centrale dell’opera si svolge intorno al carattere mistico e morale del Cristianesimo e alla sua successiva trasformazione in un sistema filosofico-teologico e in una organizzazione burocratica. Per Buonaiuti, le religioni superiori non sono visioni speculative del mondo e schematizzazioni razionali della realtà, ma indicazione normativa di atteggiamenti pre-razionali e spirituali. Il Cristianesimo, nato come annuncio di palingenesi, veicolava un vastissimo programma sociale “che imponeva un progressivo arricchimento concettuale e un inquadramento disciplinare sempre più rigido. Per vivere e fruttificare nel mondo, il Cristianesimo fu condannato così a snaturarsi e a degenerare” (Storia del cristianesimo, I, p. 15 e segg.). La sola salvezza per la Chiesa e per la società moderna è, per Buonaiuti, il ripristino dei valori elementari del Cristianesimo primitivo: l’amore, il dolore, rimorso, la morte.
Sinossi tratta da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Ernesto_Buonaiuti#Storia_del_Cristianesimo
Questo primo volume affronta il tema del cristianesimo delle origini partendo dall’insegnamento diretto di Gesù Cristo e dall’interpretazione paolina, per giungere fino all’epoca di Giustiniano, attraverso la cruciale epoca costantiniana, l’opera e gli scritti di Ambrogio e Agostino le prime eresie di Mani e Pelagio, la nascita del monachesimo e i rapporti tra Roma e Bisanzio.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
«Era l’anno XV del governo di Tiberio Cesare. Ponzio Pilato reggeva la Giudea. Era tetrarca della Galilea Erode. Suo fratello Filippo era tetrarca della Iturea e della regione Traconitide. Lisania era tetrarca della Abilene. Erano Sommi Pontefici Anna e Caifa. Ed ecco che la Parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria. E Giovanni si dié a percorrere tutto il territorio del Giordano, predicando il battesimo della conversione». Il terzo Vangelo canonico, il Vangelo che porta il nome di Luca, ha voluto ben circoscrivere cronologicamente (III, l e ss.) «l’inizio della buona novella» mercè un settuplice sincronismo, passando in rassegna, a cominciare da Roma e finendo col Sinedrio Gerosolimitano, tutti i poteri che potevano offrire un riferimento temporale alla esplosione della nuova profezia.
Augusto era morto il 19 agosto del 14. Il 15° anno di Tiberio corrisponde pertanto al 28. Nato prima della morte di Erode il grande, Gesù doveva avere circa 32 anni quando scese nelle acque del Giordano per ricevere il battesimo di Giovanni.
Riconosceva dunque il valore del suo messaggio ed il significato simbolico della sua iniziazione nella abluzione.
Ed è pieno di valore il particolare che per indicare l’inizio della predicazione di Giovanni, il medesimo evangelista adopera lo stesso inciso che il Profeta Geremia aveva usato per esprimere il mistero carismatico della propria vocazione. «La Parola di Jahvè mi fu rivolta al tempo di Giosia figliolo di Aman re di Giudea l’anno 13° del suo regno. La Parola di Jahvè mi fu rivolta in questi termini: – Prima che io ti avessi formato nel seno di tua madre, io ti conoscevo: e prima che tu uscissi dal suo seno io ti avevo consacrato e ti avevo costituito profeta delle genti –» (I, 1-4).

