Vita e opere

Ritratto incerto di Giordano Bruno
(Juleum – Bibliotecheksaal, Helmstedt)
“D’ogni legge nemico e d’ogni fede”: durante un gioco di società, il giovane Giordano Bruno riceve dalla sorte questo verso dell’Ariosto: la leggenda dice che lo stesso filosofo ricordasse l’evento compiacendosi per la veridicità della previsione. La sua avventura intellettuale lo renderà simbolo delle battaglie della libertà di pensiero, il suo pensiero rappresenta la più grande costruzione filosofica del Rinascimento, la sua figura ha a sua volta caratteri profetici. Per evitare equivoci e semplificazioni è però necessario, come ammonisce Peter Sloterdijk, guardare con attenzione nei suoi impervi e affascinanti testi, senza limitarsi a rigirare le ceneri del rogo in cui arse.
Giordano Bruno nasce, con il nome di battesimo di Filippo, nel febbraio nel 1548 a Nola, in Campania, da una famiglia di modeste condizioni. Il padre Giovanni è un alfiere, militare di professione, la madre Fraulissa Savolino appartiene ad una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Compiuti i primi studi nella città natale, da lui molto amata e ricordata anche nei lavori della maturità, nel 1562 si trasferisce a Napoli dove segue presso l’Università lezioni private e pubbliche di dialettica, logica e mnemotecnica. Nel suo pensiero assume grande ruolo l’ars combinatoria di Raimondo Lullo, che permette di di far corrispondere i simboli alfabetici ai concetti, e questi alle strutture oggettive della realtà.
Nel 1565 entra nell’ordine dei Domenicani, distinguendosi per spregiudicatezza intellettuale e attirando su sé il sospetto di eresia: infatti, pur acquisendo una solida formazione religiosa agostiniana e tomista, rifiuta la venerazione delle immagini e le prescrizioni che la controriforma cattolica oppone ai fermenti protestanti che hanno spezzato l’unità religiosa dell’Europa. Nel 1572 diventa lettore di teologia. Assimila l’influenza di Marsilio Ficino ed Erasmo da Rotterdam, che rispettivamente valorizzano l’unità tra divino e umano e la libertà di pensiero, e approfondisce le implicazioni dell’eliocentrismo di Niccolò Copernico e del sensismo di Bernardino Telesio, cercando una filosofia della natura imperniata sulla “qualità”, portando così attenzione ai modi dell’essere rispetto alla riduzione del mondo a pura misura quantitativa che prevarrà nel determinismo meccanicista. Rivolgendosi all’aristotelismo “scientifico” dei grandi commentari arabi, prevalentemente Averroé, non risparmia critiche alle pretese della fisica aristotelica di elevarsi a metafisica: se esiste un primo motore, questo è intrinseco a tutte le cose. Tale idea avrà ampia e sotterranea influenza in tutta la filosofia successiva.
Per evitare un primo processo per eresia, probabilmente causato dalla denuncia di un confratello e sul quale pesa anche un sospetto di omicidio, nel 1576 Bruno lascia il convento. Si reca prima a Roma e in altre città italiane, poi all’estero. La molteplicità di elementi che confluiscono nel suo pensiero lo portano a viaggiare per tutta Europa. Le città di Ginevra, Parigi, Oxford, Londra, Praga, Francoforte, Zurigo, lo accolgono nelle proprie università, dove le sue infiammate lezioni provocano entusiasmi e critiche. Entra in contatto con studiosi e principi. A detto dello storico John Bossy svolgerebbe per i reali di Francia la professione di spia, ed è abilissimo nel crearsi nemici di ogni orientamento confessionale e filosofico. Dopo aver abbandonato l’abito domenicano, aderisce al calvinismo ma presto è costretto a ricusarlo, e subisce pure la scomunica della chiesa luterana, mentre in Inghilterra è costretto a difendere la tradizione tomista contro le ideologie della riforma.
In un continuo andare, pubblica a Parigi i primi testi in latino, complessi e destinati ai colti, tra cui De Umbris Idearum (1582), dove associando toni neoplatonici e metodo mnemotecnico afferma che le le strutture del pensiero vanno individuate attraverso le “ombre” del mondo sensibile. La commedia satirica Il Candelaio (1582), scritta in italiano e ambientata a Napoli, attraverso l’intreccio di tre storie parallele prende di mira vizi e corruzioni del mondo. A Londra pubblica i dialoghi italiani, sorta di rappresentazione scenica del suo pensiero; tra questi, Della causa, principio et uno (1584), De l’infinito, universo e mondi (1584), La cena de le ceneri (1584), detti “metafisici” in quanto hanno per oggetto i principi base di tutte le conoscenze; Lo spaccio della bestia trionfante (1584) e De gli eroici furori (1585) sono detti “morali” perché contrappongono alle religioni positive una visione dell’universo concepito quale manifestazione divina.
Nelle opere latine pubblicate a Francoforte, che comprendono anche la raccolta di glosse del De magia mathematica (1590) e le forme poetiche del De minimo (1591), gli interessi scientifici si saldano con quelli magici, sganciandosi dal neoplatonismo e recuperando in modi atipici il rapporto con Aristotele. Il suo pensiero cerca quindi una sintesi nelle lezioni di Zurigo, raccolte nella Summa terminorum metaphysicorum (prima edizione parziale 1595 – secondo edizione completa, postuma 1605). Le considerazioni riguardano la teoria della conoscenza e la filosofia religiosa, in un intreccio di motivi che verranno destituiti dalla filosofia della scienza a lui successiva.
La varietà stilistica della sua opera, pur se eccentrica, è tipica dell’epoca: risulterà del tutto atipica per i canoni che si imporranno in seguito. La critica al Cristianesimo tematica e approfondisce argomenti già dibattuti dagli eresiarchi dei primi secoli e diffusi presso i protestanti, e non tocca soltanto Trinità e Incarnazione, ma riguarda proprio l’idea di Dio personale, caratterizzato dall’attributo della volontà; tuttavia, mantiene una tensione “cattolica” all’universale, contaminata con motivi “magici” nella ricerca dell’abbraccio di un Dio che si espande nel tutto. La fecondità del pensiero di Bruno rimane viva proprio nella sua perenne “inattualità”.
Come segnala Michele Ciliberto, in Bruno gnosi e apocalittica si compenetrano in una conoscenza che procede per “rivelazioni” e rinnova di continuo il suo carattere originario, sovvertendo ogni idea di compimento della storia; in tale quadro teoretico la temperanza non rappresenta una virtù: i limiti vanno trascesi. Si dimostra comunque un’imprudenza il recarsi a Venezia per insegnare mnemotecnica al nobile Mocenigo, il quale nel 1592 lo consegna all’Inquisizione. Di fronte al tribunale, cerca un accordo difende la libertà del suo pensiero e afferma di non essersi mai espresso in qualità di teologo impegnato a giustificare gli articoli di fede, ma “fondandomi solamente nelle raggioni filosofiche”.
Le posizioni eretiche che l’Inquisizione imputa inizialmente al filosofo sono quattordici. Tra queste: considerare la magia buona e lecita; ritenere che i demoni si salveranno; dichiarare la Sacra Scrittura null’altro che un sogno; affermare Mosè quale simulatore di miracoli e inventore della Legge; asserire che Cristo non fosse Dio, ma ingannatore e mago, ucciso a ragione, e attribuire medesimo carattere e destino anche a Profeti e Apostoli; identificare lo Spirito Santo con l’Anima del Mondo, fornendo una versione non cristiana di un dogma fondamentale. Inoltre, ha formulato nei confronti dei frati l’accusa di essere ignoranti e sodomiti. Molte di queste accuse sono fondate su banali dicerie: il filosofo pretende un confronto basato sulle opere. Le proposizioni si riducono ad otto.
In carcere per dieci anni, subisce il processo per sette. Conformemente ai canoni dell’Inquisizione, sono richieste tre testimonianze per fornire valore probatorio alle accusa: l’imputato, da parte sua può leggere, scrivere e ricevere visite da parte dei coinvolti nella difesa. Il pontefice Clemente VIII Aldobrandini sembrerebbe favorevole a salvarlo e a risparmiargli torture; da parte sua, Bruno appare inizialmente disponibile alla “dissimulazione” e quindi a ritrattare e rivedere tutti i punti di maggiore frizione con i dogmi cattolici, ribadendo peraltro che fossero discussioni teoriche intrattenute con non credenti. È interessato a far comprendere come esista una “doppia forma” della verità, per cui filosofia e religione mantengono dignità autonoma nei rispettivi campi.
Una tortura subita dal filosofo sembra piuttosto probabile, e ad ogni modo le sue sottigliezze sembrano non interessare il pur colto cardinale Bellarmino, lo stesso che anni dopo sarà impegnato nel processo contro Galilei. Inoltre, nuove accuse, formulate da Celestino da Verona, lasciano emergere duplicità insuperabili nei confronti della Chiesa, per le quali unica possibilità viene posto l’ottenimento del perdono attraverso l’abiura; la reciproca incompatibilità di posizioni si mantiene laddove la difesa della legittimità ecclesiastica, alla base degli ordinamenti del tempo, si scontra con l’esigenza del filosofo di salvaguardare il proprio pensiero, della cui portata era pienamente consapevole.
Rifiutata la richiesta di abiura, “stette nella sua maledetta ostinazione” e sfidò la sua giuria affermando: “Tremate più o voi giudici nel proferire la sentenza che non io nell’ascoltarla”. Il rogo viene consumato in un angolo di Campo de’ Fiori, a Roma, il 17 febbraio 1600, di fronte ad una folla che lo vide “morire martire e volentieri”. A suo dire, il fumo del rogo l’avrebbe condotto in paradiso. Descrivono gli atti: “Mentre veniva condotto al rogo e gli si mostrava,in punto di morte, l’immagine del Salvatore crocefisso, torvo in volto la respinse con disprezzo; e così arrostito miseramente morì, andando ad annunciare, io penso, a quegli altri mondi da lui immaginati, in che modo gli uomini blasfemi ed empi sogliono essere trattati dai Romani”. A venire irrimediabilmente dissolto è un progetto di riforma cattolica coerente con una nuova immagine del mondo lontana tanto dai fanatismi e dai particolarismi dei protestanti europei, quanto dal rigorismo impostosi dopo il concilio di Trento a Roma. Le sue ceneri furono disperse.
Opere:
- Giordano Bruno, Le ombre delle idee (Le ombre delle idee, 1582; Il canto di Circe, 1582; Il sigillo dei sigilli, 1583), a cura di Michele Ciliberto, Bur, Milano 1997, pp. 434.
- Giordano Bruno, Opere italiane – 2 voll. (Candelaio, 1582; Cena delle ceneri, 1584; De la causa, principio et uno, 1584; De l’infinito, universo e mondi, 1584; Spaccio della bestia trionfante, 1584; Cabala del cavallo pegaseo, 1585; De gli eroici furori, 1585), testi critici di Giovanni Aquilecchia, prefazione di Nuccio Ordine, UTET, Torino 2006, 2 voll., pp 1645.
- Giordano Bruno, Dialoghi filosofici italiani (Cena delle ceneri, 1584; Spaccio della bestia trionfante, 1584; De gli eroici furori, 1585), a cura di Michele Ciliberto, Mondadori, Milano 2000, pp. 913.
- Giordano Bruno, Due dialoghi sconosciuti e due dialoghi noti: Idiota triumphans, De somnii interpretatione, Mordentius, De Mordentii circino (1586), a cura di Giovanni Aquilecchia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1957, XIII-65 pp.
- Giordano Bruno, La magia e le ligature (De magia, 1589; De vincolis in genere, 1591), Mimesis, a cura di Luciano Parinetto, Milano 2000, pp. 151.
- Giordano Bruno, Opere latine, (De triplici minimo et mensura, 1591; De monade, numero et figura, 1591; De innumerabilibus, immenso et infigurabili, 1591), a cura di Carlo Monti, UTET, Torino 1980, pp. 832
- Giordano Bruno, Un’autobiografia (1592-1600), a cura di Michele Ciliberto, Castelvecchi, Roma 2013. pp. 108.
Fonti:
- Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano Bruno, Principato, Messina 1921
- Vincenzo Spampanato, Documenti della vita di Giordano Bruno, Olschki, Firenze 1934.
- Angelo Mercanti, Il sommario del processo di Giordano Bruno, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1942.
- Michele Ciliberto, Simonetta Bassi (ideazione), La biblioteca ideale di Giordano Bruno. L’opera e le fonti, Comitato Nazionale per le celebrazioni di Giordano Bruno nel Quarto Centenario della morte, CD-Rom e sito Internet, 2000.
http://bibliotecaideale.filosofia.sns.it/
Bibliografia:
- Felice Tocco, Le opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate con le italiane, Le Monnier, Firenze 1889.
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- Erminio Tròilo, La filosofia di Giordano Bruno – 2 Voll., F.lli Bocca, Torino-Roma 1907-14.
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- Paolo Rossi, Clavis universalis: arti mnemoniche e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Ricciardi, Milano-Napoli 1960, pp. 109-34.
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- Nuccio Ordine, La Cabala dell’asino, Liguori, Napoli 1987.
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- Maurizio Cambi, La “machina” del discorso: lullismo e retorica, Liguori, Napoli 2002.
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- Andrea König, Giordano Bruno – An der Schwelle der Moderne, Tectum, Marburg 2003.
- Michele Ciliberto, Giordano Bruno. Il teatro della vita, Mondadori, Milano 2007.
- Peter Sloterdijk, Bruno, in Caratteri filosofici. Da Platone a Foucault (2009), Raffello Cortina, Milano 2011, pp. 24-26.
- Roberto Esposito, La vita infinita, in Pensiero vivente, Einaudi, Torino 2010, pp. 60-71.
- Michele Ciliberto (a cura di), Giordano Bruno. Parole, concetti, immagini – 3 Voll., Edizioni della Normale, Pisa 2014.
- Massimiliano Traversino (a cura di), Verità e dissimulazione. L’infinito di Giordano Bruno tra caccia filosofica e riforma religiosa (scritti di M. A. Granada, M. Cambi, T. Leinkauf, A. Schütz, M. Traversino, P. R. Blum, A. Bönker -Vallon, J.-F. Malherbe, B. Amato,A. Montano, D. Knox, P. R. Blum, A. Bönker-Vallon, D. Panizza, E. Blum, P. Prodi, B. Sirks, G. Garnett, R. Giacomelli, M. Traversino), Editrice Domenicana Italiana, Napoli 2015.
Note a cura di: Maria Mataluno, Claudio Comandini
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Cabala del cavallo pegaseo con l'aggiunta dell'Asino cillenico
- Il Candelaio
- Cena de le ceneri
- De gli Eroici furori
- De l'infinito, universo e mondi
- De la causa, principio et uno
De la causa, principio et uno è la seconda opera in lingua italiana che Giordano Bruno dà alle stampe a Londra nel 1584. Proseguendo l'esposizione iniziata con La cena de le ceneri, il filosofo, sostenendovi l'unità di causa universale e principio universale, elabora una concezione animistica della materia, una materia eterna, infinita, viva. - Spaccio de la bestia trionfante