Giovanni Lodovico Bianconi nacque a Bologna nel 1717. Dopo una severa iniziazione alle lingue classiche sotto la guida dello zio, si indirizzò allo studio della matematica e poi, appena diciannovenne si volse con entusiasmo alla medicina, conseguendo la laurea nel 1741.
Due anni dopo, la sua traduzione dell’allora fondamentale trattato di anatomia di J. B. Winslow, Exposition anatomique de la structure du corps humain, gli conferì ampia notorietà in campo medico e, assieme alla raccomandazione del pontefice Benedetto XIV, nel 1744 contribuì a farlo nominare medico personale del principe – vescovo di Augusta.
Là il Bianconi intrecciò un idillio con la giovane Marie Sophie Gutermann, la stessa che avrebbe avuto un ruolo importante nell’esistenza di Christoph Wieland e sarebbe divenuta famosa scrittrice con lo pseudonimo di Sophie von La Roche. Il matrimonio pareva prossimo, però alla fine non se ne fece nulla a causa delle condizioni sull’educazione religiosa da impartire ai figli che pretese il padre di lei, luterano di stretta osservanza, ma che il cattolico Bianconi ritenne troppo rigide.
Lo sconforto fu tuttavia di poco momento, perché nel 1750 Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia, lo nominava suo medico personale, assicurandogli una posizione di privilegio alla corte di Dresda, seconda per sfarzo forse solo a quella di Parigi; a breve gli avrebbe conferito anche il titolo di consigliere oltre che di bibliotecario.
Appassionato cultore di musica e belle arti, e risoluto nell’accrescere lo splendore della capitale, Augusto III sfruttò al meglio l’ampia cultura storico-artistica del Bianconi, utilizzandolo per acquistare opere d’arte in Italia: un incarico delicato, al quale il fiduciario attese con passione e costanza, e pur senza mai muoversi da Dresda, grazie alla collaborazione di competenti intermediari riuscì ad acquisire diversi importanti dipinti, il più famoso dei quali è forse la raffaellesca “Madonna di San Sisto”, che nel 1753 giunse ad arricchire la già cospicua galleria principesca.
In quello stesso anno egli sposava Eleonora Essen, figlia del gran balivo della città, che contribuì a legarlo ancor più strettamente alla Sassonia e all’amicizia con gli artisti e i letterati di fama che più sovente frequentavano la corte, dandogli fra l’altro l’occasione di conoscere il giovane Winckelmann, di cui sarebbe divenuto generoso anfitrione, non mancando di ospitarlo nella sua casa di Bologna quando, nel 1755, questi scese in Italia per la prima volta. La guerra dei Sette anni pose fine alla tranquilla esistenza del Bianconi nel suo mondo dorato. Entrate le truppe prussiane a Dresda, seguì il principe ereditario Federico Cristiano dapprima a Praga e quindi in Baviera, rappresentandolo nel 1760 in un importante incarico diplomatico a Parigi.
Tre anni dopo si concludeva l’estenuante conflitto, e ai problemi del riassetto postbellico si aggiunsero anche quelli prodotti dall’improvvisa morte di Federico Cristiano, che era succeduto da appena due mesi al padre. Addolorato per la perdita del principe al quale era sinceramente devoto, disorientato dai cambiamenti di potere e in ristrettezze economiche, il Bianconi desiderò allora tornare in patria (dove era già stato per un breve periodo fra il 1760 e il 1761), e nel 1764 accettò la carica onorifica di ministro di Sassonia presso la Santa Sede, che gli consentì di trascorrere il resto dell’esistenza tra Roma e Perugia. Qui abitava la figlia, e qui morì il 1º gennaio 1781.
Principalmente uomo di scienza, ma di versatile, vivace ed eclettica cultura umanistica, il Bianconi trovò modo di esprimerla in ambienti disparati, ponendosi fra gli esponenti più completi e rappresentativi del poligrafismo italiano del Settecento. A parte la sfera professionale (nella quale trattò di vari argomenti in specie sull’idrofobia e sul vaiolo), come scienziato raggiunse una buona rinomanza nell’ambito della fisica con le Due lettere di fisica al sig. marchese Scipione Maffei (Venezia, 1746), e specialmente con la Lettre sur l’electricité écrite par Mr. Bianconi à Mr. le comte Algarotti.
Pubblicata nel 1748 e tradotta in tedesco due anni dopo, gli valse la cooptazione a socio corrispondente nella prestigiosa Accademia delle Scienze di Berlino, ma nella versione originale era apparsa, sotto forma di articolo, nel Journal des savans d’Italie: si trattava di un periodico da lui fondato e diretto in Lipsia allo scopo di informare il pubblico tedesco sul progresso degli studi scientifici e letterari in Italia, con notizie di vario genere completate da un repertorio informativo di carattere bibliografico e culturale. Ben presto l’iniziativa si rivelò troppo ambiziosa e velleitaria e non progredì oltre i primi tre tomi relativi al 1748 e il 1749, palesando però il talento del Bianconi nella promozione dell’attività giornalistica non solo letteraria, sia nelle vesti di organizzatore editoriale sia come articolista e recensore.
Trascurati nella lunga parentesi sassone, questi interessi si rinnovarono nel periodo finale della vita, quando a Roma nel 1772 promosse le Efemeridi letterarie, e fu poi tra i fondatori del Nuovo Giornale dei Letterati d’Italia, collaborando inoltre agli Anecdota litteraria e all’Antologia romana.
Verseggiatore di discreta vena e corrispondente con rappresentanti di spicco della cultura nazionale quali il Maffei e l’Algarotti, oltre che appassionato bibliofilo, il Bianconi ha lasciato traccia di sé anche nella filologia antica e nell’antiquaria, discipline che coltivò con maggiori soddisfazioni dopo il trasferimento a Roma, trovandovi una cerchia più sensibile nel recepirne i valori: in proposito restano emblematici lo studio su Celso affidato alle Lettere sopra A. Cornelio Celso al celebre ab. Girolamo Tiraboschi (1779), in cui ritenne di anticipare alla prima età augustea l’esistenza del noto enciclopedista latino, e la Descrizione dei Circhi, particolarmente di quello di Caracalla (pubblicata incompiuta e postuma nel 1789), dove estese al campo archeologico i canoni della critica d’arte d’ispirazione neoclassica ai quali aderiva, e che si riconoscono pure nelle pagine dell’Elogio storico del cav. Giambattista Piranesi (1779) e dell’Elogio storico di Anton Raffaele Mengs (1780): in quest’ultima opera, una biografia sul celebre pittore tedesco da lui ben conosciuto e frequentato negli anni trascorsi a Dresda, si mostra scrittore perspicace, sottile psicologo e fine narratore di ambienti.
Lo scritto più rappresentativo del Bianconi rimangono comunque le Lettere al marchese Filippo Hercolani sopra alcune particolarità della Baviera ed altri paesi della Germania, edite a Lucca nel 1763. Nelle intenzioni originarie volevano essere una specie di guida di ampio respiro che illustrasse le bellezze artistiche di Monaco e dintorni all’amico che nel 1762 si preparava a lasciare Vienna e a rientrare in Italia dalla Baviera; in seguito però il Bianconi rese l’operetta più agile e di fatto la riscrisse conformandola a dieci lettere immaginarie.
Dopo le prime epistole, caratterizzate dallo stile descrittivo e catalogico del critico d’arte e del divulgatore di notizie storiche oltre che dell’appassionato bibliofilo, progressivamente il quadro si volge a illustrare le condizioni di vita sociale e civile del popolo tedesco, osservato con l’equilibrio di un illuminista di matrice cattolica che non nasconde la propria simpatia per l’etica protestante: il Bianconi ne coglie gli aspetti a suo giudizio più validi nell’educazione alla compostezza, alla sobrietà e al rispetto della legge e dei magistrati, pur senza tacere talune ombre (come l’elevata propensione al suicidio, secondo lui conseguente a una diffusa ma non meglio precisabile “cupa malinconia”).
A suo parere un determinante ruolo uniformatore nel plasmare questa mentalità collettiva va individuato nel clero luterano, portatore di ideali più dinamici e moderni rispetto agli apparati cattolici, propensi a perpetuare privilegi di casta e di fatto refrattari a un sostanziale rinnovamento civile, specie in Italia: un giudizio forte e coraggioso, dunque, che senza trascendere nel piglio polemico e limitandosi a considerazioni di carattere generale, dovette tuttavia apparire non privo di rischi allo stesso autore, se le Lettere vennero pubblicate anonime e furono stampate in una città dove la censura ecclesiastica passava per essere un po’ più permissiva.
Bibliografia
Una recente e completa biografia del Bianconi si deve a E. Bonora, nel Dizionario Biografico degli Italiani, 10 (1968), pp. 252-255, sulla quale si è basato il presente profilo, che ha pure tenuto conto dell’inquadramento del medesimo studioso in Letterati memorialisti e viaggiatori del Settecento, Milano-Napoli 1951, pp. 909-910 (con un’utile premessa alle Lettere alle pp. 911-912), e della relativa voce nel Dizionario enciclopedico della letteratura italiana, I, Bari-Roma 1966, p. 368.
Altrettanto validi, nella loro essenzialità, sono i brevi ritratti contenuti nei repertori generali di storia letteraria di più corrente lettura, come quelli di G. Natali, in Storia letteraria d’Italia. Il Settecento, II, Milano 1950, pp. 1161-1163; W. Binni, in Storia della Letteratura Italiana, diretta da E. Cecchi e N. Sapegno, VI, Milano 1968, pp. 608-609; M. Capucci, in Storia della Letteratura italiana, diretta E. Malato, VI, Roma 1998, pp. 731-733; G. Santato, in Storia generale della letteratura italiana, a cura di N. Borsellino e W. Pedullà, VII, Milano 1999, p. 417.
Ulteriori aggiornamenti bio-bibliografici offre la recente edizione della Lettere curata da G. Perini (con una postfazione di G. Cusatelli), che sotto il titolo Scritti tedeschi (Bologna 1998) comprende anche altre missive dello stesso periodo del soggiorno bavarese, alcune epistole all’Algarotti e l’elogio del Mengs.
Note biografiche a cura di Giovanni Mennella
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Lettere
Sopra alcune particolarità della Baviera, ed altri paesi della Germania.
Una minuziosa guida turistica di Monaco di Baviera e dei suoi dintorni indirizzata a un viaggiatore colto e di gusti raffinati, è completata con una serie di considerazioni sul carattere e la mentalità del popolo tedesco.