Dall’incipit del libro:
Di provincia, questo sì, ma una casa colossale e de lle ricchezze degne della storica nobiltà del nome; una casa come ce ne son poche ormai, merc è la sacra e rovinosa giustizia, cui dobbiamo l’abolizione dei privilegi di primogenitura. E (incredibile ma vero) l’attuale capo della casa, Sua Eccellenza il signor Principe d’Astianello un bell’uomo sui quarantacinque anni, vedovo, con una sola bambina, non voleva saperne di rimaritarsi. Non già che gli fossero mancati suggerimenti in pro posito. Amici, parenti, chi aveva diritto a dar parere e chi non l’aveva, tutti battevan quel la solfa. Gli parlavano continuamente di visetti adorabili, di doti cospicue, di educazioni finitiss ime, di alleanze sovrane. Egli non diceva di no, no n sfuggiva la visuale dei visetti adorabili, non spre zzava le doti cospicue, lodava le finite educazioni , onorava le quintessenze di sangue bleu… ma, ecco qua: non sposava! E però egli era severamente giudicato da un venerab ile sinodo di nonne, di mamme e di zie, cui teneva bordone un coro, più timido ma non meno malcontento, d’interessanti vedovelle. Egli non parlava mai della defunta Duchessa; non pareva, nè era infelice. Era quasi sempre gioviale e di buon umore. Non era per nulla un santo padre del de serto, godeva largamente e pacificamente dell’esistenza. Non s’occupava di politica, ma se s e ne fosse occupato sarebbe stato un conservatore feroce e un implacabile codino. Lo era bensì per co nto proprio ed in casa sua, dove serbava gelosamente inalterate le costumanze e le tradizion i della famiglia.


