Bachofen scrisse questo testo nel 1862, l’anno successivo alla pubblicazione del suo lavoro più noto e organico, Das Mutterrecht. La tesi già sostenuta nel Mutterrecht viene ripresa e sviluppata in questo suo nuovo lavoro. Bachofen si sforza soprattutto di mettere in rilievo la relazione tra il sistema matriarcale, visto come una tappa nell’evoluzione dell’umanità, e le caratteristiche stesse del popolo licio che egli riteneva avesse costruito la propria organizzazione proprio secondo questo sistema. Peraltro questa ipotesi non era di per sé nuova: il gesuita e studioso francese Joseph-François Lafitau, studiando la regola matrilineare di discendenza con la quale erano organizzati gli irochesi e l’importanza delle donne nell’organizzazione sociale degli irochesi stessi, aveva riscontrato analogie con l’organizzazione dei Lici così come era stata descritta da Erodoto. Le ipotesi di Lafitau si fanno anche più audaci, arrivando a supporre che gli Irochesi siano in realtà gli stessi Lici costretti ad abbandonare la loro terra. Va anche ricordato che nuovi esami critici delle fonti portati avanti da studiosi come Pembroke tendono a escludere che nella storia dei popoli antichi si possano trovare tracce certe di matriarcato o discendenza matrilineare.

Giovannetti, il traduttore, si imbatté in Bachofen traducendo il testo, del 1924, di Friedrich Gundolf Caesar, Geschichte seines Ruhms. A Giovannetti le idee di Bachofen appaiono subito una valida sintesi tra l’aspetto spirituale dell’esistenza e la natura materiale che in Bachofen sembrano incarnarsi in elemento matriarcale e patriarcale. La traduzione di Caesar è del 1932. Nel 1934 Giovannetti scrisse su “Nuova Antologia” un breve saggio – Oriani patriarcale che presentiamo anche in questa stessa biblioteca Manuzio – nel quale spiega il proprio interesse per le idee di Bachofen; scrive tra l’altro: «Cesare ha creato l’impero di Roma in quanto, nell’ora decisiva, egli è patriarcale e matriarcale ad un tempo, ariano e pelasgo, e non crede più che l’intelligenza del bello e del giusto debba essere il privilegio d’una classe senatoria già pervertita e crede invece ad un ideale di armoniosa giustizia accessibile a tutte le classi.»

Continuò ad occuparsi di Bachofen, in anni nei quali lo studioso svizzero era completamente sconosciuto in Italia. Ne tratta nel suo testo del 1937 La religione di Cesare e nel 1938 in un nuovo scritto pubblicato su “Nuova Antologia” intitolato Teatro dell’uno e dell’innumerevole dove afferma, a proposito del testo di Bachofen che si appresta a tradurre, che è «il più singolare, il più breve, il più scientifico e tipico saggio» del metodo dello studioso svizzero. Quando la traduzione di Giovannetti di Il popolo Licio viene data alle stampe, nel 1944, dall’editore Jandi Sapi che, da una Roma appena liberata dal nazifascismo, si era affrettato a pubblicare diversi libri che il regime non avrebbe mai consentito, viene realizzata la prima traduzione italiana di un testo di Bachofen. Purtroppo la traduzione, se pur fedele e apprezzabile e certamente non fuorviante dello spirito dell’autore, non è del tutto integrale presentando qualche taglio. Una traduzione integrale si trova nel volume Il potere femminile a cura di Eva Cantarella.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Nel lato meridionale dell’Asia minore, interrompendo la linea normale costiera, un poderoso ammasso si avanza nel Mediterraneo. Diviso ad oriente ed occidente, con golfi profondi e quasi impervi dorsi montani, dai territori limitrofi della Panfilia e della Caria, s’avvicina per la conformazione ad una penisola e ne riceve un’indidualità geografica tanto più decisa in quanto non sorga una più spaziosa isola innanzi a lei, né sul vasto mare verso le coste siriache ed africane abbian fatto ponte isolette minori. A questo caratteristico lineamento esterno del paese va congiunta una non minore singolarità di interne disposizioni e naturali doti. Un immane, anonimo altopiano, che sale sino all’altezza di diecimila piedi e va in diagonale da nord-ovest a sud-est, determina tutti i rapporti del paese. L’intiera Licia ne è divisa in due grandi compartimenti naturali: l’alta massa nord-occidentale, più uniforme, ed il paese montuoso sud-orientale, che, col suo magnifico carattere alpestre, supera di molto in maestosa bellezza ogni territorio vicino. Il colossale sistema montuoso centrale della Licia, che con le alture settentrionali si perde nel grande altipiano centrale dell’Asia minore, s’immette al mezzodì in una serie di gigantesche catene montuose, che, da quello uscendo, raggiungono il mare in alti promontori e attraverso profonde valli apron la via del mare ai molti fiumi dell’alpestre paese: all’Indo, allo Xanto, all’Arycando, al Lymiro, all’Andriaco.

Scarica gratis
ODTPDF

titolo:
Il popolo licio
titolo per ordinamento:
popolo licio (Il)
descrizione breve:
In questo lavoro l'autore riprende e sviluppa la tesi già sostenuta nel Mutterrecht. la sua opera più nota. Egli mette in rilievo la relazione tra il sistema matriarcale, visto come una tappa nell’evoluzione dell’umanità, e le caratteristiche del popolo licio che egli riteneva avesse costruito la propria organizzazione secondo questo sistema.
autore:
opera di riferimento:
Il popolo licio / J. J. Bachofen. - Firenze : Sansoni, stampa 1944. - 83 p. ; 17 cm.
licenza:

data pubblicazione:
9 giugno 2022
opera elenco:
P
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
impaginazione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
pubblicazione:
Catia Righi, catia_righi@tin.it
Claudia Pantanetti, liberabibliotecapgt@gmail.com
revisione:
Catia Righi, catia_righi@tin.it
traduzione:
Eugenio Giovannetti