Luchino Boerio nacque probabilmente a Genova nel 1522. Non è facile ritrovare sue notizie e quelle poche non sono univoche e concordanti. Dalla Sovrintendenza archivistica della Liguria si può desumere che sia stato elemento di spicco di un ramo minore, cioè non iscritto al Liber Nobilitatis, della famiglia patrizia ligure dei Boero (il cui capostipite, Giovanni Battista, era stato – tra il 1498 e il 1514 – medico di Enrico VII d’Inghilterra); Luchino nacque dunque in un ambiente di elevato livello economico e culturale.
Dopo aver compiuto degli studi in medicina (forse senza completarli del tutto o imparando inizialmente solo la pratica dell’ostetricia) e sposatosi con la nobile Franceschetta Pasqua, il Boerio per molti anni operò in città come attento ostetrico e come medicus chirurgus, ma fu aggregato al Collegio dei Medici soltanto nel 1590. Questa iscrizione nell’albo dei medici genovesi a solo un anno dalla morte è probabilmente un riconoscimento per i meriti acquisiti negli anni dal Boerio, che fino a quel momento era ufficialmente solo un “pratico famoso” a cui “quasi se gli adattava il titolo di medico” (Raffaele Sopranis).
Nel 1583, fece costruire un sepolcro per sé e la moglie nella chiesa di Santa Maria di Castello, dove effettivamente venne sepolto.
Nel testamento (1589) il vir egregius Boerio, che era rimasto senza figli, lasciò le sue cospicue fortune alla moglie e ai due nipoti, che da tempo la coppia ospitava come figli nella loro residenza in contrada Luccoli.
Luchino morì nel settembre del 1591.
Questo documento non attesta comunque che si tratti dell’autore del Trattato de’ Buboni e carboni pestilenziali…, anche se appare molto probabile che si tratti proprio di lui.
Mazzucchelli scrive (in Gli scrittori d’Italia – 1762): Luchino Boerio chirurgo genovese, viveva nel 1630. Scrive il Soprani c’ebbe tal pratica dell’arte sua che quasi se gli adattava il nome di medico. Compose ad istanza del Magistrato della sanità di Genova un Trattato delli buboni, e carboni pestilenziali con le loro cause, segni, e curazioni, che venne stampato in Genova per Giuseppe Pavoni nel 1630 in 8°.
Ci avvisa da Milano il Sig. Carlo Antonio Tanzi con una sua lettera segnata a’ 10 di luglio del 1754, che nella Libreria Ambrosiana al banco Q. num. 117 in un codice in fogl. si conserva un Parere di…. già Medico del Principe Doria in materia di preservargli in tempo di peste, e soggiugne, che nell’indice delle cose contenute in detto Codice, ch’è una Collettanea, in luogo de’ puntini…. vi si è aggiunto il nome di Luchino Boerio di pugno del Bibliotecario Dottor Saffi.
Ora sembra chiaro che Mazzucchelli consideri vivente il Boerio nel 1630 perché questa è la data della seconda edizione del suo trattato. Ma questo trattato venne ristampato probabilmente in concomitanza di una nuova epidemia di colera e il Boerio doveva essere morto da tempo.
Della ristampa del 1630 (Tipografia Pavoni) parla anche Giovanni Battista Spotorno nella sua Storia letteraria della Liguria, Volume 3: “Luca Boeri, detto per vezzo Luchino, medico e chirurgo, compose un trattato de’ Buboni e carboni pestilenziali con le loro cause, segni e curazioni ristampato ad istanza de’ Conservatori della sanità dal Pavoni 1630 in 12. È breve, e tutto ingombro di recipe.” Abbiamo qui una nuova grafia sia per il nome che per il cognome.
A questo punto appare chiaro che le date di nascita e morte indicate dall’Opac (1572-1630) sono probabilmente sbagliate. In ogni caso, essendo la prima edizione del trattato del 1979 appare improbabile che possa essere stata scritta quando l’autore aveva solo 7 anni…
Fonti:
- Sovrintendenza archivistica per la Liguria
(http://www.archivi.beniculturali.it/SAGE/testi/Boero.pdf) - Giammaria Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia, Vol. II parte III, Brescia, Giambattista Bossini, 1762.
- Giovanni Battista Spotorno, Storia letteraria della Liguria, Genova, tipografia Ponthenier 1824.
- Francesco Maria Accinelli, Compendio delle storie di Genova dalla sua fondazione fino all’anno 1750. Lipsia, a spese dei benefattori, 1750.
Note biografiche a cura di Andrea Pedrazzini e Paolo Alberti.