Miklós BánffyIl conte Miklós Bánffy de Losoncz nacque il 30 dicembre 1873 a Kolozsvár (l’attuale città rumena Cluj, in tedesco Klausenburg). Da sempre capitale virtuale della Transilvania, città universitaria e importante centro di cultura, quando il conte Miklós Bánffy nacque la città era stata da qualche anno annessa al Regno austro-ungarico ed era la seconda città ungherese come importanza e dimensioni: tale sarebbe rimasta fino al 1918, anno nel quale la Transilvania decise di unirsi al Regno di Romania dopo quasi mille anni praticamente ininterrotti di governo magiaro sotto forma – con alterne vicende – di principato autonomo, nonostante la maggioranza della popolazione fosse rumena. Ovviamente ai discendenti degli antichi feudatari ungheresi non piaceva affatto vedersi imposta una nuova nazionalità e tanto meno vedersi espropriati i possedimenti. Ma si trovavano molto spesso isolati nell’ambito della numerosa popolazione rumena, per lo più rurale, anche per differenze religiose; infatti gli ungheresi erano cattolici o calvinisti, i rumeni ortodossi o uniati.

La famiglia Bánffy, protestante, era un’antica e importante dinastia transilvanica risalente al XV secolo, proprietaria di un imponente palazzo a Kolozsvár, il più grande e splendido della città, e di un castello a Bonchida (Bonțida in rumeno) in stile barocco, non lontano dalla città. Erano divenuti “conti” nel 1855, mentre un altro ramo della famiglia era stata insignita del titolo di baroni fin dal 1660: appartenente a questo ramo fu Dezső Bánffy che mantenne la carica di primo ministro dal 1895 al 1899. Anche il ramo dei conti ebbe conferiti importanti incarichi a corte.

Miklós Bánffy, come molti della sua classe sociale, studiò al Theresianum di Vienna, studiò poi pittura a Budapest con Bartalan Szekely e poi diritto e matematica all’Università ungherese di Kolozsvár.

Fu eletto membro del Parlamento nel 1901 come deputato indipendente e divenne direttore dei teatri statali ungheresi mantenendo tale incarico tra il 1913 e il 1918. In questa fase si fece promotore della rappresentazione a Budapest delle opere di Béla Bartók – grande innovatore in campo musicale con introduzione di musiche popolari e contadine nelle sue composizioni – e questa iniziativa fu molto contrastata.

In questi anni scrisse cinque opere teatrali, due libri di racconti e un romanzo. Ma fu anche un artista e i suoi disegni sono ancora presenti al teatro dell’opera di Budapest. Aveva anche fama di riscuotere grande successo con le donne; sembra che Elinor Glyn, creatrice del romanzo rosa, lo abbia preso a modello per alcuni suoi personaggi. Pur essendo vicino alle avanguardie culturali del paese cercava di mantenere un’impronta tradizionalista.

Bánffy divenne ministro degli Esteri dell’Ungheria nel governo di suo cugino, il conte István Bethlen, del 1921. Suo cugino di secondo grado e grande amico d’infanzia era anche Mihály Károlyi, detto il conte rosso per le sue simpatie socialiste, che fu il primo presidente della repubblica ungherese, tra il 1918 e il 1919, alla caduta degli Asburgo. Entrando al governo il suo obiettivo era di ridiscutere i confini stabiliti al termine della prima guerra mondiale con il Trattato di Trianon, con i quali, come già detto, la Transilvania era entrata a far parte della Romania. Tenne l’incarico nonostante fosse apertamente contrario alla politica del reggente d’Ungheria, l’ammiraglio Miklós Horthy che dimostrava chiari segni di megalomania fascista, fin quando si rese conto che non si facevano progressi verso l’obiettivo che si era proposto e rinunciò quindi dall’incarico.

Si ritirò dalla vita pubblica a Budapest nel 1926 tornando a vivere a Bonchida e dedicandosi alla letteratura e alle arti, promotore fra le altre cose della fondazione di una casa editrice che incoraggiava i giovani scrittori transilvani a scrivere in ungherese allo scopo di mantenere l’identità di questa minoranza linguistica a fronte della dominazione rumena.

Bánffy conservò la doppia cittadinanza, facilitato dal fatto che parlava correntemente anche il rumeno, oltre naturalmente all’ungherese. Il suo sogno era di riavvicinare i governi di Bucarest e di Budapest reciprocamente diffidenti. Questo lo pose in ostilità con l’aristocrazia ungherese che lo accusava di slealtà. La sua amicizia con il diplomatico rumeno Virgil Tilea contribuì ad alimentare questa ostilità e parallelamente l’amicizia con Bánffy fu ostacolo alla carriera di Tilea che si vedeva rimproverata proprio questa amicizia. La sua città ridivenne ungherese con il secondo arbitrato di Vienna tra l’agosto 1940 e l’agosto 1944.

La sua trilogia, A Transylvanian Tale, chiamata anche The Writing on the Wall, fu pubblicata tra il 1934 e il 1940. Bánffy descrisse l’Ungheria prebellica – l’ambientazione parte intorno al 1905 – come una nazione in declino causato da una poco lungimirante politica aristocratica. Il grande mondo che descrive era quello della Mitteleuropa edoardiana. I personaggi interpretano la vita nella capitale come un susseguirsi di feste, balli e raduni, tra pettegolezzi, fumo di sigaro e l’anglofilia che predomina anche valutando Monet, d’Annunzio e Rilke; centinaia di acri di foresta andavano persi ogni notte allo chemin de fer; all’alba gli innamorati scappavano dai baldacchini scompigliati attraverso porte segrete, e si combattevano duelli. Il ruolo giocato dalla politica non è lontano da quello adombrato più tardi da Trollope o Disraeli.

Bánffy criticando malinconicamente questo degrado dei costumi si dimostra narratore raffinato. Ci sono trame, intrighi, un omicidio, imbrogli politici e appassionate relazioni amorose, in una contrapposizione tra città e campagna che però resta sullo sfondo. Siamo di fronte a una straordinaria saga familiare dove il vero tema è la follia dell’alta borghesia ungherese, che ballava e litigava fino all’autodistruzione nei dieci anni precedenti la Grande Guerra; e l’insulsaggine dei politici, così preoccupati della lotta contro la dominazione asburgica da non vedere nulla delle nubi tempestose che si addensano sull’Europa.

Nell’aprile 1943, Bánffy si recò Bucarest per persuadere la Romania di Ion Antonescu e l’Ungheria ad abbandonare l’Asse e chiedere una pace separata con gli Alleati. I negoziati con una delegazione guidata da Gheorghe Mironescu, ministro degli esteri rumeno, si interruppero quasi subito, poiché le due parti non riuscirono a concordare uno status futuro per la Transilvania settentrionale (che, come detto, la Romania aveva ceduto all’Ungheria nel 1940 e dove si trovava Bonchida) mentre si trovarono d’accordo per l’uscita dall’Asse. Il sogno di Bánffy era di poter riconquistare uno status almeno semi-autonomo per la Transilvania e mentre la Romania avrebbe voluto una divisione immediata con il ritorno della Transilvania settentrionale all’Ungheria, Bánffy avrebbe voluto rimandare tutto alla fine della guerra. Anche ulteriori incontri con la delegazione rumena, guidata questa volta da Iuliu Maniu si arenarono sulla questione della Transilvania, ma Bánffy ottenne comunque che Kolozsvár fosse dichiarata città aperta e questo valse la salvezza del centro storico che fu risparmiato dai bombardamenti che furono invece devastanti per il paese circostante. Due anni dopo, come ritorsione per le iniziative di Bánffy a Bucarest, la sua tenuta a Bonchida fu bruciata e saccheggiata dall’esercito tedesco in ritirata sotto l’incalzare dell’Armata Rossa. Gli arredi e i beni contenuti nel castello furono caricati su 17 camion per essere portati in Germania ma furono completamente distrutti dal bombardamento aereo delle forse alleate. L’Ungheria e la Transilvania furono presto invase dall’Armata Rossa dell’Unione Sovietica, un evento che ebbe per conseguenza un periodo di incertezza per la Transilvania settentrionale fino al suo ritorno definitivo alla Romania.

La moglie – un’attrice del teatro di Budapest che Bánffy poté sposare solo in tarda età a causa delle difficoltà frapposte dalle famiglie – e la figlia Katalin (Kathy) Jelen fuggirono a Budapest mentre Bánffy stesso rimase sul posto nel vano tentativo di impedire la distruzione delle sue proprietà. Subito dopo la frontiera venne chiusa. La famiglia rimase separata fino al 1949, quando le autorità comuniste rumene gli permisero di partire per Budapest, dove morì l’anno successivo il 5 giugno 1950.

Le sue opere furono cancellate dai programmi editoriali dal regime comunista fino al 1982. La nuova fase politica intrapresa in unione sovietica permise in quell’anno la ristampa di A Transylvanian Tale, tradotto poi in inglese per la prima volta nel 1999 sulla bozza di una prima traduzione portata avanti proprio dalla figlia. In italiano Einaudi ha pubblicato nel 2010, con il titolo Dio ha misurato il tuo regno, il primo romanzo della trilogia, annunciando la pubblicazione degli altri due, per adesso mai avvenuta, e presentandolo come l’esordio di questo scrittore in Italia, cosa che non corrisponde al vero in quanto nel 1930 era stato tradotto il romanzo che presentiamo adesso in questa biblioteca Manuzio. Negli ultimi anni diverse sue opere sono state tradotte in inglese e tedesco. Il Castello di Bonchida è ora in fase di restauro come centro culturale e una parte del fabbricato dovrebbe rientrare nella disponibilità dei discendenti del conte Miklós Bánffy.

Fonti:

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Dall’alba alla notte
    Romanzo
    Il tema dei gemelli, abbastanza frequente in letteratura, è svolto da Bánffy in maniera originale, sviluppando l’argomento sotto aspetti psicologici acuti e non convenzionali e nell’ambito di una narrazione complessivamente tragica e cupa.
 
autore:
Miklós Bánffy
ordinamento:
Bánffy, Miklós
elenco:
B