Le due novelle di questo volume, ambientate in alta Italia, furono pubblicate a Milano nel 1861.
Nella prima novella, in due parti, che dà il titolo alla raccolta, l’autore narra, in maniera diretta, la storia di una famiglia bresciana composta dalla madre vedova e da un giovane adolescente che vivono in questa città sotto il dominio austriaco.
Orfano di padre, caduto – per fucilazione – durante la prima rivolta contro gli oppressori, ripercorriamo quelle che sono le occupazioni di questo giovane che si affaccia alla vita in modo entusiastico; un ragazzo di buone maniere, senza grilli per la testa, guidato dai buoni insegnamenti somministrati dalla madre, da un servitore partecipe di numerose battaglie al fianco del defunto genitore, e dal parroco che gli fa da maestro. Vengono raccontati anche i soprusi, che la famiglia subisce a causa di un ufficiale austriaco, affrontati con stoicismo e fermezza d’intelletto.
Nella seconda parte ritroviamo il ragazzino già maturo che finalmente si accinge a coronare il suo sogno d’amore, coltivato fin dalla fanciullezza, ma, come sempre accade, il fato si mette di mezzo separando i giovani e promessi sposi, fino al tragico epilogo.
La seconda novella, Fiero misfatto e fiera vendetta, molto breve, racconta di un aristocratico che aveva aderito ai moti rivoluzionari guidato da una feroce ostilità verso il Regno Pontificio, rabbia nata a cagione del desiderio di vendetta verso un alto prelato e che egli trasferì poi, in seguito alle sue indagini, a tutto lo stato clericale.
Sinossi a cura di Raffaele Fantazzini
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Dall’incipit della prima novella Un’eroica famiglia bresciana:
La collina che sorge dal lato orientale appena fuori di Brescia, è tutta sparsa di casini ameni e pittoreschi, da cui dipendono poche pertiche di terreno, chiuso intorno da un muro di confine. Questi poderetti, che i Bresciani chiamano ronchi, sono la delizia dei loro possessori, per lo più negozianti e uomini d’affari, i quali nella stagione autunnale v’installano le loro famiglie per ricrearle. Eglino medesimi vi si recano la sera dalla città dopo finite le cure, e ne discendono il mattino appresso. Queste passeggiate sono salubri e consolanti all’uomo laborioso e dabbene. Per esse con alterna vicenda si congiunge a’ suoi cari e se ne stacca vagheggiando il non lontano piacere di rivederli alla fine del giorno. Le viti, gli alberi fruttiferi, le civaje e qualche sorta di grano formano il prodotto di queste terre sassose, ma fatte dall’industria feraci. Alla primavera è bello il vedere dal sottoposto piano spiccare sul pendio, in mezzo al verde generale, i mandorli ed i peschi nella loro fioritura bianca e rossa. «È la grande coccarda italiana composta dalla natura, dicevano i Bresciani per lo passato. Il governo austriaco la permette perchè essa non dura che pochi giorni d’aprile.

