Dall’incipit del libro:
In paese lo chiamavano il «Gufo», perchè abitava una vecchia torre diroccata, spersa fra le sabbie, dalla quale non usciva, a compiere le sue solitarie passeggiate, se non quando le tenebre calavano sulla terra e sul mare. Di lui si sapeva soltanto ch’era scultore e che veniva da una città lontana lontana. Qualche pescatore, incontrandolo sulla spiaggia nelle notti lunari, ne aveva osservato il volto bruno, nascosto nella fitta barba e sotto lo spiovere dei capelli ed ancor più rabbuiato da un’espressione indefinibile di scoramento. Un doganiere dal rifugio del suo casotto in una sera di tempesta lo aveva scorto, al bagliore dei lampi, alzare le braccia verso il cielo in un gesto di minaccia e d’odio.
Una mattina il «Gufo» uscì dalla sua torre, meravigliando i rari viandanti, per lo più donne, in cui s’imbatteva. Aveva il viso acceso e il passo affrettato, come di chi insegua qualche chimera, o sia da questa incalzato. Infatti nel suo cervello era germogliata un’idea ancora indistinta, che lo incitava e gli dava la febbre della creazione.


