Riccardo Bachi nacque a Torino l’11 giugno 1875. Il padre Israele era un modesto orefice e la madre si chiamava Enrichetta Levi. Era il terzo di cinque figli. La famiglia era di stretta osservanza religiosa ebraica. Infatti il piccolo Riccardo compì gli studi elementari al collegio Colonna e Finzi, la scuola ebraica di Torino. Dopo la licenza elementare fu avviato agli istituti tecnici: l’intenzione paterna era che potesse impiegarsi presto come ragioniere. Ottenne il diploma di perito ragioniere nel 1894 e la Camera di Commercio di Torino gli conferì una medaglia d’oro. Questo fatto, insieme all’insistenza dei suoi insegnanti, convinsero il padre ad iscrivere Riccardo alla Scuola superiore di Commercio di Venezia. Qui ottenne il diploma in ragioneria nel 1896 e l’anno dopo conseguì quello in lingua e letteratura francese.
Ma prima ancora di conseguire questo secondo diploma già si era trovato, vincitore di concorso, a insegnare computisteria all’istituto tecnico di Arcevia, in provincia di Ancona. Rimase con questo incarico dal dicembre 1896 al dicembre 1897. Nel frattempo Antonio Fogazzaro, che presiedeva la commissione di Vigilanza del neo fondato istituto tecnico pareggiato di Vicenza, aveva chiesto alla scuola superiore di Venezia e all’università di Padova i nomi dei migliori diplomati e laureati degli ultimi anni. Riccardo Bachi divenne reggente per brevissimo periodo e subito dopo, da ottobre 1898, titolare di una cattedra di istituto secondario superiore. Mantenne questo posto per tre anni.
In questi anni pubblicò i suoi primi studi su antichi ordinamenti amministrativi e contabili pubblicati sulla rivista “Il Ragioniere” nel 1898 e 1899. Al VII Congresso nazionale dei ragionieri si fece promotore di varie proposte di riforma a proposito del Rendiconto generale dello Stato, ispirandosi al Commettee of public account britannico. Ma presto ampliò le proprie vedute e i propri interessi al di là dei problemi di ragioneria. Strinse amicizia con Filippo Turati e Augusto Osimo e, preso interesse allo sviluppo dei movimenti sociali di quegli anni, iniziò a collaborare con “Critica Sociale” e “Riforma Sociale”.
Sempre partendo dall’analisi dei modelli anglosassoni prese a interessarsi a ipotesi di municipalizzazione dei servizi pubblici, riferendosi in particolare al municipio di Manchester. Secondo lui il fatto che le imprese pubbliche siano cattive amministratrici è un luogo comune, perché sono in realtà facili a gestirsi e consentono di sfuggire alla tirannia di una società privata.
Questi primi saggi sono indicativi di come il giovane Bachi stesse sviluppando un forte sentimento di solidarietà sociale e cercasse di concepire il superamento dei limiti attuali di certe incongruenze tramite provvedimenti fondati su basi scientifiche, esemplificate da realizzazioni già raggiunte in altri paesi, sempre tenendo conto delle differenze di ambiente e di tradizione. Nel 1900, prima in una conferenza a Torino e poi sulla “Rivista moderna di cultura” di Firenze, avanzò la proposta di un’imposta sul reddito in alternativa ai dazi di consumo.
La sua attenzione per i fatti economici è sempre posta nell’ottica di non trascurare mai il problema umano e in particolare i problemi dei lavoratori. Sarebbe interessante prendere in esame, per esempio, il testo della conferenza La serva nella evoluzione sociale per la pubblicazione del quale Lombroso scrisse la prefazione nella quale afferma di non aver mai riflettuto al fatto che le condizioni del lavoro domestico nella nostra civiltà “riproducano spesso le condizioni dell’antica schiavitù: nessuna limitazione alle ore di lavoro, nessuna garanzia del trattamento, nessun rispetto della personalità umana”. Secondo Lombroso, Bachi era stato capace di riassumere in poche pagine e con grande coraggio la materia di molti volumi.
Trattò anche il problema dell’introduzione del lavoro manuale nelle scuole inferiori e medie e quello di misure di facilitazione per l’uso dei trasporti pubblici – I treni e le tranvie per gli operai in “Riforma Sociale” – al fine di ridurre la corsa all’urbanizzazione e permettere invece l’espansione del suburbio.
Volendo tornare in famiglia partecipò e vinse il concorso, nel febbraio 1901, per segretario capo del Museo Industriale di Torino (antenato del Politecnico, per dar vita al quale si fuse con la Scuola d’ingegneria). Mantenne il posto per quasi quattro anni. Ma contemporaneamente al lavoro, di stampo amministrativo e burocratico, frequentava il Laboratorio di Economia Politica del quale fu fondatore Salvatore Cognetti e che aveva tra i soci più attivi Luigi Einaudi e Achille Loria.
Nel 1903 si sposò con Clelia Lampronti. Continuò la collaborazione, con diversi saggi e studi, con “Riforma sociale” e sulla spinta di queste pubblicazioni entrò in contatto con Giovanni Montemartini, dirigente dell’Ufficio del lavoro presso il Ministero dell’Agricoltura. Si dovette recare a Roma già nell’aprile del 1903 perché nominato segretario della regia commissione incaricata di preparare il regolamento per l’applicazione della legge sulla municipalizzazione dei servizi – Montemartini era il presidente di tale Commissione – e all’inizio del 1904 si trasferì a Roma con l’incarico di iniziare la pubblicazione del “Bollettino” dell’Ufficio del lavoro. Contemporaneamente alla cura del “Bollettino” fu autore e curatore di diversi volumi, prevalentemente di indagini statistiche, che uscirono come pubblicazioni ufficiali dell’Ufficio del Lavoro del Ministero dell’Agricoltura, industria e commercio, che, anche se spesso anonimi, sono riconducibili alle sue cure. Non cessa la collaborazione con le riviste e anzi ne intraprende di nuove con il “Giornale degli economisti” e “Rassegna Contemporanea” di Roma. Nell’aprile del 1908 assunse la direzione della biblioteca del Ministero dell’Agricoltura che in breve tempo rese importante centro di studio per le scienze economiche.
È di quegli anni la maturazione dell’idea di dare vita a una rassegna annuale che coprisse tutti gli aspetti della vita economica italiana; era partito già dal 1907 mettendo al centro del progetto i dati sull’occupazione e il mercato del lavoro, ma presto giunse alla convinzione che anche questi dati possono risultare utili in funzione degli obiettivi sociali che si proponeva solo se inseriti nella ben più ampia complessità di tutti i fattori economici. Nel 1910 uscì quindi, come supplemento a “Riforma Sociale”, Italia Economica. Annuario della vita commerciale, industriale, agraria, bancaria, finanziaria e della politica economica. Per i successivi tredici anni questa pubblicazione fu la fonte più autorevole e completa sulla struttura economica italiana, sapientemente tradotta in cifre e dati statistici.
Sette di questi tredici tomi sono consultabili attualmente presso Internet Archive [https://archive.org/search.php?query=Riccardo%20bachi&and[]=creator%3A%22bachi%2C+riccardo%2C+1875-%22]. I capitoli sulla finanza dello Stato sono a cura del fratello Cesare che era funzionario del ministero del Tesoro. Salvo l’eccezione sopra accennata tutta quest’opera colossale è compiuta interamente da Riccardo Bachi. Giorgio Mortara scrisse sul “Giornale degli Economisti” del settembre 1921: “Schivo di ogni rumore quest’uomo laborioso e tenace ha compiuto miracoli; ad onta del vergognoso abbandono delle statistiche ufficiali, della sorda opposizione che incontra ogni tentativo di statistica privata, delle difficoltà materiali che si oppongono all’attuazione di ogni opera disinteressata, egli è riuscito a porre su stabili basi questo bell’Annuario, da anni desideratissimo dagli studiosi e dai pratici in Italia e all’estero”.
Nel 1910 Bachi aveva conseguito la libera docenza in legislazione industriale al Politecnico di Torino. Nel 1914 fu giudicato meritevole di una cattedra di grado superiore al concorso per la cattedra di statistica all’Università di Cagliari. Il tutto senza sospendere l’attività di collaborazione con varie riviste (interessanti in questo periodo alcuni articoli pubblicati sulla “Rivista delle società commerciali” oltre alle consuete collaborazioni con “Critica Sociale” e con il “Giornale degli economisti”). Da segnalare per questo periodo prebellico il volumetto La questione economica delle abitazioni, dove, esaminando il problema dell’aumento delle pigioni e il conseguente trasferimento della popolazione con reddito più basso in case peggiori, indica come obiettivo un vasto programma di costruzione di case popolari e lo sviluppo di cooperative edilizie.
All’inizio della guerra si trovava a Macerata, dove si era trasferito nel gennaio 1915 per insegnare statistica ed economia politica; in questi anni scrive vari saggi su come sarà l’andamento economico postbellico (Vita economica all’indomani della guerra, del 1914, L’economia italiana alla vigilia della guerra del 1918). Nel 1917 pronuncia il discorso L’economia di guerra per l’inaugurazione dell’anno accademico; il testo di questo discorso viene poi pubblicato in volume unitamente al saggio precedentemente menzionato. Entrambi testi interessanti per l’aver saputo coniugare gli aspetti sociali e morali alla critica dello Stato per non aver inasprito ancor più le imposte per ottenere contrazione dei consumi. Sulla rivista “Cultura Popolare” pubblica nel 1917 Per il giorno della smobilitazione dove auspica che alla fine del conflitto la smobilitazione sia graduale per non mettere in eccessiva crisi il mercato del lavoro.
Nel 1916 cominciò ad elaborare gli indici dei prezzi all’ingrosso per il “Corriere economico” di Roma, superando i metodi precedentemente adottati e rifacendosi all’esempio dell’“Economist”, prefiggendosi una rapida comparazione con l’andamento dei prezzi sui mercati esteri. Con qualche aggiustamento di metodo gli “Indici Bachi” furono un punto di riferimento fino alla seconda guerra mondiale e pubblicati successivamente su “Rivista bancaria”, “Bollettino di notizie economiche”, “Rivista di politica economica”. A fianco di queste attività più prettamente scientifiche si collocavano attività di diffusione della cultura e di larga informazione. Per questo troviamo suoi scritti, oltre che sul già citato “Critica Sociale”, anche su “Italia che scrive”, “Cultura popolare”, “Il Tempo”.
Del 1919 è il volume Le fluttuazioni stagionali nella vita economica italiana, per l’epoca studio assolutamente nuovo non solo in Italia ma a livello europeo. Nel 1921 scrisse Rilevazione statistica del movimento dei forestieri su richiesta dell’Ente nazionale per le industrie turistiche, e nel 1923 la Cassa di risparmio delle province lombarde gli affidò la direzione del volume commemorativo del centenario della sua istituzione. Oltre metà del ponderoso volume è occupato dalla Storia della cassa di risparmio delle Province Lombarde scritta dal Bachi stesso. Nel 1926 diede alle stampe un altro volume importante: Gli approvvigionamenti e la politica annonaria in Italia.
Colpito dal gravissimo lutto per la perdita del figlio maggiore, il ventenne Mario, alla fine del 1924 si riaccostò alla religiosità e alla coscienza spirituale ebraica. Ma già nel 1920 era divenuto consigliere della Comunità israelitica di Roma e dell’Unione delle comunità israelitiche italiane ed era assiduo collaboratore della “Rassegna mensile di Israel”. Su questa rivista pubblicò numerose ricerche sia di carattere linguistico che economico e culturale sugli ebrei in Italia. Lasciò la cattedra di statistica a Macerata e insegnò a Parma per un anno economia politica e l’anno successivo fu a Genova per insegnare scienza delle finanze. Alla fine del 1926 si trasferì a Roma all’Istituto di Scienze economiche e commerciali dove successe all’insegnamento a Enrico Barone. In pratica da allora si dedicò alla preparazione del corso di economia oltre alla prosecuzione della pubblicazione della serie degli indici. Non mancarono tuttavia ancora brevi saggi su argomenti monetari e creditizi e altri di carattere metodologico. Tutti gli studi di questo periodo si inquadrano nel suo interesse per la corretta interpretazione del momento congiunturale nell’ambito del quale egli diede il suo contributo sulla previsione economica e sulla politica anticiclica. I saggi Costruzione di barometri economici in Italia e Politica della congiuntura sono tesi a studiare i metodi per la prevenzione e l’attenuazione degli effetti delle crisi economiche.
Nel 1928 si recò per la prima volta in Palestina e al suo ritorno scrisse una serie di articoli per “La Stampa” di Torino intitolati La Palestina ebraica. Molto interessante il resoconto sulle nuove esperienze dei Kibbuz, le colonie agricole collettivistiche. Sono scritti nei quali al non certo sopito spirito di ricerca scientifica si affianca una prosa più poetica e densa di sentimento attraverso la quale si percepisce chiaramente l’affetto dell’autore verso la terra d’origine.
Torna anche con altri scritti sul problema delle abitazioni e in particolare sugli effetti della politica fiscale in merito a queste. Ma dimostra anche la sua attenzione per nuovi fenomeni, per esempio scrisse nel 1936, per la raccolta di scritti in onore di Riccardo Dalla Volta, Singolarità economiche della radiofonia, scritto nel quale coglie con acume notevole peculiarità tipiche del moderno capitalismo. Nel 1937 scrisse Il valore dei beni a fecondità ripetuta dove prende in esame il mercato dei beni usati e in particolare dell’automobile. Ma il suo eclettismo e la vastità di interessi lo portarono a occuparsi anche di storia economica; citiamo appena, ma meriterebbero un’attenzione maggiore, L’economia e la finanza delle prime guerre per l’Indipendenza d’Italia (1930), Una pagina di storia del lavoro in Liguria (1931 in onore di Giuseppe Prato), La formazione e l’opera della banca di emissione nel Regno di Sardegna (1932), La crisi economica del 1853-54 nel Regno di Sardegna (1936).
L’opera più importante è Principi di scienza economica pubblicati dapprima a dispense in funzione dei suoi corsi e riuniti in due volumi da Einaudi nel 1937 e nel 1940. Il secondo volume stampato nel 1940 reca però la data del 1938: erano ormai in vigore le leggi razziali e l’opera del Bachi non avrebbe più potuto essere pubblicata se non con l’espediente della retrodatazione. Il Niceforo disse di quest’opera: “Visione generale e veramente scientifica, spoglia da ogni veduta faziosa, travaglio di studioso sereno e di probo maestro”. Stentava a credere alla realtà delle persecuzioni razziali e, pur privato della cattedra, rimase a Roma continuando a pubblicare in forma anonima sulla “Rivista bancaria” e sulla “Rivista di storia economica”. Il figlio Roberto, che era stato allontanato dalla cattedra di statistica all’università di Genova, si era già trasferito in Palestina. Riccardo Bachi si trasferì a Gerusalemme nel settembre del 1939 e con la consueta tenacia riuscì almeno parzialmente a superare le difficoltà linguistiche (conosceva poco l’inglese) tenendo brevi lezioni in ebraico alla Scuola superiore di legge e di economia di Tel Aviv. Furono certamente anni difficili ma anche di entusiasmo per l’attività degli immigrati in Palestina. Collaborò con la rivista “Zion” di Gerusalemme e lavorò all’opera che sarebbe rimasta incompiuta Storia economica del popolo di Israele.
Alla fine della guerra, nel 1946, fu reintegrato nella cattedra e ritornò a Roma, riprendendo, nonostante la salute ormai precaria e il peso dell’età, le sue attività: oltre all’insegnamento, l’aggiornamento del suo Trattato e la direzione dell’elaborazione degli indici del mercato finanziario per i quali fu affiancato da Paolo Pelleri. Non mancò di interessarsi alle nuove esperienze monetarie, interesse che sfociò in nuovi brevi saggi pubblicati su “Moneta e credito” e in “Rivista di politica economica” negli anni tra il 1946 e il 1948.
Fu chiamato a compilare alcune voci della Enciclopedia italiana: Bretton Woods, Cambio, Inflazione, Mercato nero, Moneta. A queste attività affiancò l’obiettivo di sensibilizzare gli italiani sui problemi economici della Palestina e sui conseguenti aspetti monetari in funzione della scadenza del mandato britannico e della nascita del nuovo stato di Israele. L’interesse per tutto ciò che era connesso con la diaspora e per il sionismo si era rafforzato durante la permanenza in Palestina.
Parlò all’Accademia dei Lincei (nel 1947 era divenuto socio nazionale dopo essere stato socio corrispondente a partire dal 1935) su La dottrina sulla dinamica delle città secondo Giovanni Botero e secondo Simone Luzzatto; scrisse diversi profili per la rubrica Sognatori del Ghetto in “Rassegna mensile di Israel”: Enzo Sereni, Angelo Fortunato Formiggini, Augusto Osimo.
Stava ancora lavorando al suo Israele disperso e ricostruito quando il suo male ebbe il sopravvento e lo condusse a morte il 16 gennaio 1951. I figli Augusto e Roberto curarono l’edizione postuma delle prime due parti alle quali aggiunsero solo alcuni brani su vari argomenti che certamente sarebbero stati sviluppati in maniera più organica.
Fonti:
- A.M. Ratti: Vita e opere di Riccardo Bachi. Milano 1961.
- A. Niceforo: Commemorazione del socio Riccardo Bachi. In: “Rivista di Politica Economica” n. 5, 1951.
- Scritti in onore di Riccardo Bachi. Numero speciale di “La rassegna mensile di Israel”, Giugno-agosto 1950.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Colloqui con me stesso
In questo breve testo la famiglia dell'economista Bachi ha condensato un insieme di pensieri, riflessioni varie, stati d’animo e ricordi, meditazioni suggerite dall’osservazione della vita ebraica, che l'autore aveva raccolto in uno Zibaldone, non destinato alle stampe.