Silvio Benco nacque il 22 novembre 1874 a Trieste, dall’avvocato Giovanni, triestino, e dalla capodistriana Giovanna Sardos.
Nel 1883 venne iscritto alla I classe del Ginnasio comunale, ma l’anno successivo fu costretto a iniziare la sua dolorosa battaglia contro l’osteomielite e affrontò un dolorosissimo intervento chirurgico a una gamba.
Nel 1886 morì il padre e la famiglia dovette affrontare gravi disagi.
Abbandonò definitivamente la scuola nel 1889, frequentata fino alla quinta classe, a causa di una recrudescenza della sua malattia che già lo aveva costretto a interrompere gli studi a più riprese. Inoltre era ormai indispensabile dare un aiuto economico alla madre, in considerazione anche del fatto che Silvio aveva quattro fratelli minori.
Venne assunto nel 1890, grazie anche all’interessamento del pittore e giornalista irredentista Riccardo Zampieri, come apprendista alla redazione dell’«Indipendente», allora diretto da Isidoro Reggio. Iniziò le sue collaborazioni con lo pseudonimo di «Jago» che abbandonò in seguito a un articolo politico su Francesco Crispi contrario alla tendenza del giornale, per assumere quello di «Falco».
I primi scritti sull’«Indipendente» furono versi, pezzi di colore, commenti ai fatti cittadini, considerazioni sul tempo; ma ben presto Benco incominciò ad affrontare argomenti di maggiore impegno, quali recensioni letterarie e critiche teatrali. Infatti divenne già nel 1891 critico del teatro drammatico; tale mansione gli rimase poi affidata per tutta la durata della sua permanenza al giornale.
Nonostante l’impegno professionale Benco continuò a studiare da autodidatta: tra il 1888 il 1890 imparò da solo il francese, iniziando anche lo studio dell’inglese e continuando a perfezionarsi nel tedesco.
Conobbe nel 1894 Antonio Smareglia, il grande compositore istriano, con il quale entrò ben presto in rapporti d’arte e anche d’amicizia.
Da rimarcare che, nonostante le gravi operazioni alle gambe che gli lasciarono una sensibile minorazione delle possibilità motorie, si iscrisse alla Società Alpina delle Giulie compiendo anche ascensioni di una certa difficoltà come quella del Monte Re.
Nel 1895 uscì, in edizione privata, la novella Da Lucrezia Borgia che è quindi la prima pubblicazione in volume di Benco. La novella era stata pubblicata in appendice all’«Indipendente».
Nello stesso anno scrisse per la musica di Smareglia il primo dei suoi libretti: La Falena che venne rappresentata alla Fenice di Venezia nel 1897 interpretata da Eleonora Duse che chiamò Benco sul palcoscenico; e in quell’occasione ebbe inizio l’amicizia dello scrittore con la grande attrice.
Dal 1890 al 1896 Benco subì, come gli altri redattori dell’«Indipendente», un arresto e cinque o sei perquisizioni per motivi politici.
Nel 1898 scrisse per Smareglia il libretto di Oceana, ma il maestro preferì rimandare la composizione della musica, in vista delle difficoltà pratiche per la messa in scena della favola poetica e musicare qualche altra cosa. Benco scrisse allora il primo atto di un dramma ispirato allo Zlatorog di Rudolf Baumbach, La leggenda del Tricorno, ma Smareglia non gradiva il soggetto, né altri soggetti proposti, talché l’anno seguente si risolse a musicare Oceana.
Aveva frattanto iniziato a scrivere il romanzo Il castello dei desideri che però accantonò per iniziare un nuovo romanzo, La fiamma fredda, che porterà a termine dopo due anni.
Nel 1899 venne finalmente rappresentata a Trieste e a Roma La Falena. Benco fece un viaggio in Toscana e a Ravenna. Nel dicembre dovette trascorrere quindici giorni a Vienna per ragioni di salute.
Nel 1900 pronunciò un discorso, che venne pubblicato, per la commemorazione del III centenario della morte di Giordano Bruno. Questa commemorazione si tenne in seno all’Associazione democratica, partito politico costituito in seguito a una crisi avvenuta lo stesso anno nel partito nazionale, e al quale Benco aveva aderito.
Nell’estate venne inviato in missione dal Comune a visitare l’Esposizione internazionale di Parigi. Rimase due mesi nella capitale francese svolgendo anche funzione di corrispondente per «L’Indipendente» con una serie di articoli su Parigi e i Parigini. Sulla strada del ritorno si fermò alcuni giorni in Svizzera e a Milano per visitare Arrigo Boito e presentargli, per incarico di Smareglia, il primo atto di Oceana. La sua relazione sull’Esposizione di Parigi presentata al comune venne molto apprezzata.
Partecipò sempre nel 1900 al congresso storico di Cividale nel centenario di Paolo Diacono.
Nel 1901 declinò l’offerta dei giornali milanesi «L’Alba» e il «Corriere della Sera», opportunità che si aprirono anche grazie ai suoi studi nel campo dell’arte figurativa. Aveva conosciuto nel gennaio di quell’anno Delia De Zuccoli, che divenne sua moglie, e preferì non allontanarsi da Trieste.
Scrisse un nuovo libretto d’opera: La morte dell’usignuolo, sempre per la musica di Smareglia, ma il maestro, ultimata la composizione del primo atto, abbandonò il lavoro. Questo sarà ripreso, anni dopo, da Gastone de Zuccoli, ma rimarrà inedito.
Nel maggio del 1902 conobbe Gabriele d’Annunzio, venuto a visitare Trieste, e fu ospite di Teodoro Mayer nella crociera da questi organizzata per far conoscere al poeta le città della costa istriana. Grazie a questo incontro La fiamma fredda fu affidata per la pubblicazione alla Casa Treves che la pubblicherà senza sacrifici da parte dell’autore che si era dapprima affidato a un editore milanese accettando di partecipare alle spese.
Toscanini eseguì a Milano sempre nel 1902, l’ouverture di Oceana e ne decise la rappresentazione alla Scala. Questo comportò un suo viaggio a Milano per accordarsi con il direttore Gatti Casazza sull’allestimento scenico dell’opera che andrà in scena l’anno successivo.
Nel 1903 uscì La fiamma fredda; il romanzo venne poi ripubblicato da Treves in seconda edizione. Nel frattempo affrontò nuove stesure de Il castello dei desideri.
Il 31 agosto Benco scrisse l’ultimo articolo sull’«Indipendente» ed entrò nella redazione del «Piccolo», pur dovendo affrontare un orario di lavoro più pesante ma migliorando così il suo reddito e potendo affrontare le nozze con Delia de Zuccoli.
Al «Piccolo» ampliò la gamma dei suoi interventi giornalistici ad altri campi della cultura e della vita cittadina come eventi politici sia nazionali che locali, recensioni di autori più o meno conosciuti e importanti, relazioni di pubbliche conferenze, ma fa anche opera narrativa o di ricordi personali. Abbandonò nel contempo la firma «Falco» firmando per esteso i suoi articoli e scritti.
Nel 1904 portò a termine la stesura definitiva de Il castello dei desideri stampato nel 1906 da Treves, e diede inizio a un nuovo romanzo, Saturno, che però non verrà pubblicato; ne lesse anni dopo due capitoli alla «Minerva» e ne pubblicò un brano nella «Strenna letteraria triestina» del 1909, con il titolo Gli ammazzatori di rane. Scrisse anche quattro novelle, intitolate La follia del Carso, ma neppure queste saranno mai pubblicate.
Il 4 agosto 1904 si sposò con Delia de Zuccoli.
L’anno successivo venne inviato alla Biennale di Venezia e ne scrisse dodici articoli pubblicati naturalmente sul «Piccolo». La sua conferenza Musica e nostalgia, venne stampata in opuscolo.
Su invito di Eleonora Duse tenne al Teatro Verdi un discorso per la notizia della morte di Ibsen. La notizia però era prematura poiché il drammaturgo norvegese morì l’anno successivo.
L’Università Popolare gli affidò l’incarico di un ciclo di conferenze sui drammi storici di Shakespeare.
Nella primavera e nell’estate del 1906 scrisse il libretto di Abisso. A Venezia aveva nel frattempo conosciuto il maestro Malipiero e il pittore De Maria.
Dovette affrontare una nuova operazione condotta senza narcosi per il suo annoso problema di osteomielite.
Nel marzo del 1907 venne inviato al largo delle coste albanesi in occasione del naufragio del piroscafo lloydiano Imperatrix. Secondo Benco il suo reportage su questo evento fu il suo primo grande successo giornalistico.
Il 16 aprile tenne la commemorazione alla «Trento-Trieste» di Padova per la morte di Carducci, poi stampata nel Bollettino dell’Associazione, e letta in seduta segreta alla Società dei giovani a Trieste.
Dal 1908 al 1914, cioè fino alla soppressione da parte delle autorità austriache, curò al «Piccolo» la redazione della rubrica settimanale «Il filo della politica».
Scrisse nel 1908 per il maestro Malipiero il dramma lirico Elea e Fulden, che non sarà mai pubblicato. Nell’ottobre dello stesso anno venne sottoposto a nuova operazione a causa dell’osteomielite.
Nel 1910 L’editore Mayländer pubblicò il suo volume Trieste, che venne premiato dal Comune, e si recò a Budapest per assistere alle gare mondiali di aviazione e anche questo evento fu oggetto di reportage per il «Piccolo» per conto del quale intervistò anche i maggiori uomini politici ungheresi.
Nel 1912 scrisse per il maestro Malipiero il dramma in un atto Canossa, che l’anno seguente venne premiato e rappresentato due anni dopo sia a Roma che a Milano. Lo scoppio della guerra sospese la rappresentazione dell’opera in altri teatri.
Alla vigilia del 23 maggio i componenti la redazione del «Piccolo» passarono il confine italiano. Benco rimase, con alcuni altri, per tener vivo il giornale finchè fosse possibile. Ma la sera del 23 la sede del giornale venne incendiata. Benco e il collega Cesari subirono minacce di morte. Benco entrò all’ospedale per essere sottoposto a una rigorosa visita medica militare, dopodiché si chiuse praticamente in casa per continuare la sua attività intellettuale. Iniziò il romanzo L’atmosfera del sole, raccolse le note per Gli ultimi anni della dominazione austriaca a Trieste e scrisse i ricordi d’ospedale.
A maggio del 1916 venne confinato a Linz in Austria nonostante le condizioni di salute precarie. Qui continuò a scrivere e studiare. Scrisse un dramma, una commedia, molti articoli e studi politici e letterari, ma nessuno di questi scritti reputò poi degni di pubblicazione considerandoli semplici esperimenti o comunque privi d’attualità. Finì pure L’atmosfera del sole e tradusse dal tedesco un romanzo di Gorki.
Negli anni di guerra e prima del suo ritorno a Trieste, unico suo scritto pubblicato fu un’appendice alla Storia di Trieste di Jacopo Cavalli, uscita in seconda edizione a Milano nel 1916.
Tornò a Trieste nel marzo del 1918. Fondò e diresse la rivista «Umana», che uscì fino a novembre. Nello stesso mese assunse con G. Cesari la direzione del quotidiano «La Nazione», al quale, fino alla sua riassunzione al «Piccolo», dedicò la maggior parte della sua attività.
Nel 1919 vide pubblicato Gli ultimi anni della dominazione austriaca a Trieste e iniziò una collaborazione al «Resto del Carlino» di Bologna dedicando molti articoli a Trieste e ai suoi problemi.
Nel 1921 in un articolo letterario pubblicato su «Il Secolo» di Milano fece conoscere per primo in Italia 1′Ulysses di James Joyce che aveva incontrato a Trieste e del quale era divenuto amico.
Nel 1922 uscì a Trieste La corsa del tempo, una raccolta di articoli suoi curata da Umberto Saba.
Ma subito dopo la marcia su Roma la «Nazione» cessò le pubblicazioni, e Benco con la famiglia si trovò in difficoltà economiche fino al novembre quando «Il Piccolo», che riprese le pubblicazioni dopo la parentesi bellica, lo richiamò in redazione. Alla fine dell’anno cessò la sua collaborazione al «Secolo».
La sua nuova attività al «Piccolo» fu da questo momento inerente solo ad argomenti di letteratura ed arte: di politica, fino alla caduta del fascismo non si occupò più.
Nel 1925 riprese il melodramma Il lago, scritto nel 1914, per la musica di Gastone de Zuccoli.
Nel 1926 per la morte di Attilio Horbis scrisse un vasto articolo biografico nel «Piccolo», e nell’aprile tenne la commemorazione del patriota triestino al Teatro Verdi.
A Genova morì sempre nel 1926 la scrittrice polacca Mario Clarvy (pseudonimo di Marie Clinazovitz), direttrice della rivista letteraria «Il Ventesimo», alla quale Benco aveva collaborato disinteressatamente con numerosi articoli. Memore di questo la scrittrice lasciò a Benco una parte della sua eredità.
Nel 1927 pubblicò Le più belle pagine di Vittorio Betteloni in edizione Treves, e scrisse la prefazione al Quartetto di Oriani, pubblicato nell’edizione nazionale.
Il 13 novembre 1927 venne nominato Ispettore bibliografico onorario.
Nel decennale della vittoria italiana nella prima guerra mondiale rievocò con una serie di articoli sul «Piccolo», gli avvenimenti del 1918 a Trieste.
Nel 1928 propone sulla rivista «Il Convegno», per la prima volta tradotti in italiano, alcuni racconti di Franz Kafka (Un fratricidio, Un vecchio foglietto, Davanti alla legge, Il nuovo avvocato) nella traduzione dell’ebreo triestino di origine turca Giuseppe Menassé giornalista del «Popolo» e poi direttore della rivista letteraria triestina «Il Ponte rosso».
Nel 1929 iniziò la sua collaborazione su «Pegaso», che continuò fino alla fine della rivista. Su «Pegaso» pubblicò alcuni fra i suoi più notevoli saggi, fra cui quello su Goethe, da Benco stesso considerato la sua migliore pagina critica.
Nel 1930 si recò in Belgio in occasione delle Esposizioni internazionali di Liegi e Anversa, capo della delegazione giornalistica italiana come “decano”. In questa occasione i suoi articoli vennero pubblicati anche dalla «Stampa» diretta da Malaparte.
Uscì nel 1931 a Milano Il Piccolo di Trieste. Mezzo secolo di giornalismo.
Nel 1932 Mussolini rifiutò la candidatura di Benco all’Accademia d’Italia nonostante il suo nome fosse primo nella terna dei proposti; ma Benco non era iscritto al partito fascista… venne nominato quindi Bertoni. Per riparare in qualche modo al torto fattogli, l’Accademia gli conferì il grande premio della letteratura.
La pubblicazione della storia del «Piccolo» e le vicende della nomina all’Accademia e del premio letterario attirarono una generale attenzione su di lui. Gli vennero dedicati molti scritti biografici e critici e di lui si occuparono, fra gli altri, Montale, Vittorini e Lorenzo Gigli.
Riprese anche la collaborazione al «Resto del Carlino», che terminò nel 1933 quando il giornale passò in mano a fascisti intransigenti.
Nel 1939 apparirono i primi sintomi del male che, dieci anni più tardi, lo condurrà a morte. Già in quest’anno subì una prima operazione alla gola. Traduce in questo periodo l’Egmont di Goethe per l’editore Sansoni: il volume compare nel 1944.
Negli anni di guerra la collaborazione di Benco ai giornali si limitò agli articoli di critica letteraria e d’arte, quasi esclusivamente sul «Piccolo». Curò l’edizione delle Memorie di un Italiano di Nievo e dei romanzi di Ruffini e tradusse Le affinità elettive di Goethe, ma nulla di ciò venne pubblicato se non dopo la sua morte.
Nel 1940 uscì la sua monografia sulla Basilica Eufrasiana di Parenzo nel volume curato da Molajoli.
Il 28 luglio 1943 Benco venne nominato dalla redazione direttore del «Piccolo» e mantenne la carica fino a quando, il 9 settembre, fascisti faziosi lo allontanarono con violenza dal giornale. L’11 settembre subì minacce di morte nella sua villa di Opicina e si ritirò a Turriaco. Di là ritornò a Trieste e riprese la collaborazione letteraria al «Piccolo», diradandola però fino a cessarla del tutto nel settembre 1944.
In seguito all’infermità della moglie abbandonò nuovamente Villa Opicina dopo il bombardamento del 19 aprile, e si trasferì definitivamente a Turriaco. Là scrisse i suoi ricordi di Antonio Smareglia e un profilo di storia triestina, tuttora inediti. La moglie gli sopravviverà di pochi mesi morendo il 18 agosto 1949. Era anch’essa giornalista e scrittrice apprezzata da Saba e Stuparich. Silvio e Delia ebbero due figli, Aurelia, attivissima nella vita politica e culturale di Trieste, e Claudio, docente universitario e membro del CNR.
Il 29 aprile 1945 venne invitato a riassumere la direzione del «Piccolo», ma il suo arrivo a Trieste coincide con la piena insurrezione della città. Il primo maggio calarono in città le truppe slave e Benco, dopo tre giorni di tribolazioni, dovette tornare a Turriaco, e anche là trovò i titini padroni del luogo, e fu fatto oggetto di minacce e sassate.
Scrisse la Contemplazione del disordine, pubblicata a Udine nel 1946.
Nell’agosto Benco riprese la sua attività giornalistica quale redattore della «Voce libera», fondata dopo l’evacuazione degli slavi da Trieste. Inviò pure articoli al «Corriere della sera», al «Messaggero» di Roma, e a varie riviste italiane.
Nel 1946 divenne presidente del Circolo della Cultura e delle Arti di Trieste, e nominato dal Comune di Trieste Presidente del Curatorio della Biblioteca Civica e il 14 dicembre Sovraintendente della stessa.
Nel 1947 venne nominato socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei. A decretargli pubbliche onoranze si forma a Trieste un comitato di personalità cittadine, e nel giugno al Ridotto del Teatro Verdi si svolse una manifestazione in riconoscimento delle sue attività. Pronunciò il discorso celebrativo Giani Stuparich.
Il 10 febbraio 1949 la Facoltà di Lettere dell’Università di Trieste gli conferì la laurea «honoris causa». Le aggravate condizioni di salute non consentirono a Benco di intervenire alla cerimonia della consegna del diploma.
Il 28 febbraio l’Associazione della Stampa giuliana lo elesse suo Presidente onorario.
Il 4 marzo è la data del suo ultimo articolo sulla «Voce libera». Muore il 9 marzo 1949.
Dal 28 maggio 1993 un busto in marmo dello scrittore, ad opera dello scultore triestino Giovanni Spagnoli, è posto nella sala della Biblioteca civica.
Fonti:
- S. Pesante: Bibliografia degli scritti di Silvio Benco. Trieste, 1950.
- S. Benco: Appunti autobiografici. «Voce libera» 9 marzo 1949.
- Omaggio a Silvio Benco in «Il Piccolo» 28 maggio 1993.
- C. Benussi, G. Lancellotti: Benco – D’Annunzio: epistole d’irredentismo e letteratura. Trieste 1998.
- A. Sofri, Una variazione di Kafka. Palermo 2018.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il "Piccolo" di Trieste
Mezzo secolo di giornalismo
L'opera di Benco racconta, con la vivacità di chi l’ha vissuta direttamente, la storia del quotidiano di Trieste, sottolineando la coerenza, la correttezza, la sagacia con cui il fondatore Mayer ha saputo affrontare le difficoltà e fare del “Piccolo” un grande giornale. - Il castello dei desideri
Nell'opera, pubblicata da Treves nel 1906 e dedicata a Gabriele D’Annunzio, l’autore si dedica con estremo impegno all’elaborazione stilistica che trova ampio riscontro nel repertorio tipicamente dannunziano. - La fiamma fredda
Romanzo
Benco utilizza e ripercorre – come anche nel successivo romanzo Il castello dei desideri – temi, modi, situazioni tipiche del repertorio dannunziano e decadentistico, che, con qualche attenuazione, si ritrovano anche in Nell'atmosfera del sole. - Musica e nostalgia
Conferenza tenuta il giorno 8 maggio 1905 nella sala maggiore della Borsa
Qui è presentato il testo di una conferenza, tenuta nel 1905 da Benco, nella quale tratta delle varie forme di sensibilità artistiche. - Trieste
Pubblicato dall’editore Maylander nel 1910, questo testo non può non essere visto che nel quadro dei fermenti irredentisti che animavano la vita della città in quegli anni. L’approccio di Benco è squisitamente culturale. - Volfango Goethe
Nel 1929 iniziò la sua collaborazione su «Pegaso», che continuò fino alla fine della rivista. Su «Pegaso» pubblicò alcuni fra i suoi più notevoli saggi, fra cui questo su Goethe, da Benco stesso considerato la sua migliore pagina critica.