Traiano BoccaliniTraiano Boccalini nacque probabilmente nel 1556 a Loreto, che sempre gli sarebbe rimasta cara nel ricordo. Qui poté seguire corsi umanistici di buon livello presso la locale scuola dei Gesuiti, dove forse conobbe Giovanni Botero, che v’insegnò per un breve periodo. Gli studi nel paese natio gli permisero di padroneggiare bene il latino e di acquisire un’ampia cultura letteraria, ma a causa delle condizioni economiche della famiglia non poté coltivarla e approfondirla come avrebbe voluto; seguì invece, e controvoglia, gli studi del diritto, che condusse inizialmente a Perugia sotto ottimi insegnanti, perfezionandoli e completandoli poi a Padova, dove si trasferì dopo la morte del padre e fors’anche grazie all’aiuto economico dei fratelli.

In seguito fu a Roma, dove nel 1584 si sposò con Ersilia Ghislieri (una pronipote di Pio V, dalla quale avrebbe avuto tre figli), la cui dote gli permise di entrare negli uffici curiali. Nell’ambiente romano riuscì ad assicurarsi valide protezioni (e in particolare quella di Pietro Aldobrandini), ma non tali da consentirgli una carriera al livello dei giuristi di estrazione nobiliare o inseriti nella gerarchia ecclesiastica; di origini e fortune modeste e oltretutto di formazione laica, dovette perciò accontentarsi di svolgere funzioni di governatore in sedi piccole e lontane, con incarichi di breve durata, instabili e mal retribuiti: una condizione che, accompagnata da costanti problemi di natura economica uniti a un continuo peregrinare da un paese all’altro, lo avrebbe assillato per tutta la vita fin dal 1592, quando ebbe la prima destinazione governativa a Trevi.

Dovunque andava, nella sua azione di governo il Boccalini, agendo con intelligenza ed energico rigore, non tardava ad attirarsi le lamentele e il malanimo di popolazioni riottose, faziose e arroganti, dando luogo a contrasti che non di rado ne fecero chiedere l’allontanamento.

Dopo una poco felice esperienza a Benevento, tra il 1597 e il 1598, sembrò che per lui si aprissero migliori prospettive a Roma, dove nel 1599 venne chiamato come giudice criminale; ma l’esperienza romana si rivelò una delusione: a parte lo stipendio che continuava a restare esiguo, il Boccalini si sentì subito a disagio in un ambiente dominato dai privilegi e dagli arbitrii, largamente corrotto, predisposto agli intrighi e aperto alle prevaricazioni.

Nel 1603 riprese allora le peregrinazioni nei centri minori, che ebbero culmine a Comacchio e Bagnacavallo, dove la sua azione gli procurò notevoli attriti sia con le amministrazioni locali sia con il governo centrale.

Sempre affannato nella ricerca di una degna sistemazione, nonostante gli appoggi ricevuti da personaggi influenti della corte romana, quali i cardinali Bonifacio Caetani e Scipione Caffarelli Borghese (al quale avrebbe dedicato i Ragguagli di Parnaso), dopo una ennesima, negativa esperienza di governatore a Nocera Umbra succeduta a un secondo, e nuovamente deludente soggiorno a Roma (dove tra l’altro cadde vittima di un processo inquisitorio destinato tuttavia a risolversi in sui favore), nel 1612 il Boccalini lasciò l’impiego e si trasferì a Venezia, città nella quale aveva intanto individuato l’editore della sua opera maggiore, i Ragguagli di Parnaso, infine lì pubblicati nel corso dello stesso anno.

Benché dispendiosa, la vita veneziana del Boccalini, finalmente raggiunto dalla fama e al centro dell’interesse degli ambienti colti e mondani della città, trascorse tranquilla; ciò nonostante il suo già precario stato di salute non tardò a peggiorare, e la morte sopraggiunse il 29 novembre del 1613. Fu sepolto nelle fosse comuni della sala capitolare di San Giorgio Maggiore, ma la conseguita notorietà non gli valse la distinzione di un epitaffio, sicché nulla è rimasto della sua tomba.

Delle quattro opere principali legate al suo nome, solo i Ragguagli di Parnaso furono pubblicati vivente l’autore. Concepiti e assemblati poco alla volta in una centuria nel corso delle peregrinazioni successive al secondo soggiorno romano, in essi si vagheggia un mondo ideale, il Parnaso, governato da un umanissimo Apollo, dove agiscono e rivivono i grandi personaggi di ogni epoca con le loro diatribe, passioni, idee, vizi e virtù da cui traspaiono, sovente personificati in rappresentazioni allegoriche, i concetti morali e ideali del Boccalini, che nelle vesti di “menante” funge da gazzettiere di quel mondo, registrandone gli eventi con un taglio che cerca di mantenersi impersonale. Apparsi un anno prima della morte, ebbero un successo immediato e furono tradotti nelle principali lingue europee; inevitabilmente diedero luogo a ristampe non autorizzate e si moltiplicarono gli imitatori: con i Ragguagli era nato infatti un modo di fare satira politica, letteraria e di costume del tutto nuovo, che avrebbe avuto fortuna per oltre un secolo.

Diverso, invece, il destino capitato agli altri lavori. La Pietra del Paragone politico, edita l’anno dopo la morte, nel 1614, è costituita da altri 29 Ragguagli di più marcato indirizzo politico, che Boccalini aveva fatto circolare manoscritti fra protettori e amici e che, per denunziare apertamente soprattutto le ambizioni e gli intrighi politici della Spagna negli affari italiani, valsero tra l’altro a diffondere la diceria (priva di fondamento e in realtà messa in giro dai figli), che egli fosse stato avvelenato da emissari di quella nazione. Dettata da un vivo patriottismo e supportata da una satira efficace e ben articolata, l’agile raccolta, alla pari dei Ragguagli, incontrò un largo successo ed ebbe un gran numero di ristampe.

L’epistolario, pubblicato nel 1678 con il titolo Lettere istoriche e politiche, è totale frutto di falsificazioni (le missive oggi riconosciute autentiche dalla critica sono appena una ventina e non figurano nella raccolta), mentre a decretare negativamente la sorte delle ingenti e incompiute Osservazioni su Tacito furono determinanti i maneggi e la condotta poco limpida dei tre figli di Boccalini, ma in particolare del primogenito Aurelio, intesi a lucrare quanto più possibile dall’opera paterna. Le Osservazioni, iniziate verso il 1590 e conseguenti a reiterate e approfondite meditazioni personali sull’opera dello storiografo latino alla luce delle conferme che al Boccalini parve di cogliere nelle azioni politiche contemporanee, incontrarono svariate vicissitudini, nel corso delle quali in parte vennero manomesse e in parte si dispersero, finché quanto restava fu pubblicato una prima volta a sé nel 1677 e poi, l’anno dopo, nella prima e discussa edizione di tutte le sue opere, quando era ormai giunto all’epilogo il dibattito sulla ragion di stato con la sua antitesi fra etica e politica da cui aveva tratto linfa il “tacitismo”.

Bibliografia

G. Rua, in Enciclopedia Italiana, VII (1930), pp. 230-231; L. Firpo, in Dizionario Biografico degli Italiani, XI (1969), pp. 10-19 (a tutt’oggi la voce più completa); succinto ma affidabile il profilo nel Dizionario biografico della Letteratura Italiana, I, Bari – Roma 1966 , pp. 402-404. Sul valore letterario della sua produzione, C. Jannaco, in Letteratura italiana Marzorati. I minori, II, Milano 1961, pp, 1471-1487, e ora soprattutto B. Martinelli, nel Dizionario critico della letteratura italiana, diretto da V. Branca, seconda ediz., Torino 1986, pp. 361-364; sul contributo del Boccalini nel dibattito della “Ragion di Stato”, classiche le pagine di N. Sapegno nei Lineamenti di storia della letteratura italiana, Firenze 1973, pp. 320-328.

Nota biografica a cura di Giovanni Mennella

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

 
autore:
Traiano Boccalini
ordinamento:
Boccalini, Traiano
elenco:
B