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Dall’incipit del libro:
Il campanile fa risplendere le tegole, brillanti di rossa vernice, del suo comignolo al sole di mezzogiorno. La grossa croce dorata, orgoglio del signor parroco, campeggia superbamente sull’azzurro d’un bellissimo cielo di primavera. Sotto a questa croce, che chiama gli sguardi, in questo momento assorda gli orecchi la campana che va e viene, mostrando di qua e di là la sua bocca sonora e la pera del suo battaglio messo in moto con tutto zelo dal braccio vigoroso di Matteo Fusella, campanaro, sagrestano e tavolaccino del Comune. Cumulatore d’impieghi indiscreto!
I passeri, abitatori lieti e costanti degli olmi della piazza innanzi alla chiesa, come storditi ancor essi da quel prepotente rintuonare, sospendono il loro eterno cicalìo, nascosti in mezzo alla fresca verzura delle prime foglie fatta sbocciare dal maggio. Don Pasquale, il parroco, il doppio mento della sua onesta figura da uomo che, come suol dirsi, ama vivere e lasciar vivere sostenuto dal collarino bianco di bucato, le mani dietro la sua grossa persona, facendo girare nella destra, secondo il solito, la sua tabacchiera dì corno, abbandona la bottega dello speziale all’angolo nord della piazza, e con passo grave si avvia verso il lato sud, a mezzo del quale si apre la porta della canonica, sulla cui soglia, più rotonda e più grossa del padrone, Margherita la fantesca comparisce a fargli cenno che il pranzo è all’ordine.


