William BlakeWilliam Blake nacque a Soho, Londra, il 28 novembre del 1757 e trascorse tutta la sua vita nella città natale, se si eccettuano rari e brevi intervalli tra i quali spicca un infelice periodo nel Sussex.
Insieme ai suoi cinque fratelli – lui era il terzo – e a un’unica sorella, non ebbe istruzione regolare. La famiglia di estrazione borghese era povera e si reggeva sull’attività del padre commerciante di maglieria. L’educazione dei figli era compito della madre.

Quando i genitori si accorsero della propensione del giovane William al disegno, lo iscrissero a dei corsi specifici per svilupparne l’attitudine e nel 1772 potè essere assunto come apprendista presso l’incisore James Basire. Rimase con Basire dall’età 15 anni fino ai 21 e nel 1778 fu ammesso alla Royal Academy of Arts in Piccadilly.

Qui potè formare la sua personale sensibilità artistica, anche entrando in contrasto con le autorità scolastiche del tempo, come il presidente e fondatore della scuola, Joshua Reynolds, che era ritrattista e classicista e voleva che l’arte si esprimesse con soggetti “nobili e dignitosi”, mentre considerava i soggetti storici o mitologici “volgari e limitati”.

Blake cominciò quindi a guadagnarsi la vita illustrando libri con le sue splendide incisioni o faticosamente vendendo i suoi libri a «stampa miniata» e i suoi dipinti. Nel 1784, Blake aprì una tipografia, che gli permise di sperimentare differenti tecniche di stampa per il suo lavoro, e lo condusse a sviluppare ed affinare un nuovo metodo denominato relief etching (incisione a rilievo).

A vent’anni si innamorò si una ragazza di nome Polly Wood, amore che ispirò le opere giovanili di Blake, gli Schizzi poetici e i Canti dell’innocenza. Ma la cosa non durò. Polly lo credeva pazzo e anche per lui la ragazza fu una delusione enorme. Il viso della ragazza lo si trova in alcuni disegni del libro profetico di Vala, «un viso soave e sorridente, simbolo della dolce crudeltà femminina e dell’illusione sensuale» come osservò James Joyce nel suo celebre saggio su Blake.

Dopo questa delusione ci fu per Blake uno dei rari allontanamenti da Londra; si stabilì nel villino di un modesto agricoltore, Boucher, il quale aveva una figlia, Catherine, allora ventiquattrenne, che si commosse nell’ascoltare le disavventure sentimentali di William. Da questo sentimento iniziale si sviluppò presto un’affezione che, come dice Joyce nel già citato saggio, ricorda i versi dell’Otello:

E tu m’amavi per le mie sventure
ed io t’amavo per la tua pietà..

Così Blake poté, attraverso il matrimonio con Catherine, avvenuto nel 1982, dar concretezza alla sua attrazione per la donna semplice, in maniera da poterla plasmare ed assistere alla sua crescita e liberazione giornalmente e come opera sua. Catherine, che si dice non fosse neppure troppo bella, era analfabeta e per Blake non fu compito semplice insegnarle a leggere e scrivere. Ma i risultati furono comunque buoni visto che pochi anni dopo Catherine era già in grado di aiutarlo nei suoi lavori di incisione e certamente di condividere col marito la sempre più evidente facoltà visionaria.

Il loro matrimonio durò oltre cinquant’anni nonostante ci fossero stati dissapori inizialmente. Dice Joyce: “In una scenata di lagrime e di rimproveri che accadde fra i due la moglie cadde in deliquio e si fece male in modo tale da impedire la possibilità di avere figli”. Infatti il loro lungo matrimonio fu privo di discendenza. Questo non impedì a Blake, nel poemetto Il gabinetto di Cristallo, di descrivere in maniera che direi senza uguali il periodo della gestazione, con una sensibilità e tenerezza che pare impossibile non sia scaturita dalla sua stessa esperienza.

È giusto ricordare che l’arte di Blake fu riconosciuta da alcuni amici e mecenati, senza i quali forse la sua vita sarebbe stata non solo povera ma economicamente impossibile. Fra i suoi sostenitori e amici vanno ricordati: Henry Mathew che lo incoraggiò per la pubblicazione delle sue prime poesie; Thomas Butts, che lo aiutò economicamente, William Hayley, che lo ospitò per tre anni nella sua residenza di Felpham.

Nel frattempo, nel 1787, era morto in giovanissima età il fratellino più piccolo di William, Robert, e William che l’aveva assistito durante la malattia e vegliato ininterrottamente durante i suoi ultimi giorni, ebbe al momento del decesso una delle sue visioni mistiche: vide l’anima allontanarsi dal corpo e salire verso il cielo festosamente e battendo le mani.

Tra le sue frequentazioni della giovinezza vi fu il cenacolo letterario-rivoluzionario di Mary Wollestonecraft che in quel periodo era frequentato anche, tra gli altri, da Thomas Paine. L’allontanarsi di Blake dall’entusiasmo per la rivoluzione francese fu susseguente ai massacri nelle carceri parigine avvenuti tra il 2 e il 6 settembre 1792. Il suo opporsi spiritualmente alle prepotenze dei potenti fu la sua forza spirituale, che lo sorresse durante tutta la vita e fu guida alle sue scelte e al suo comportamento.

Nel 1799 rifiutò infatti un posto di maestro di disegno presso la famiglia reale. Non voleva che la sua arte potesse risentire negativamente dell’artificiosità della vita di corte. Ma per non offendere il sovrano, rinunciò contemporaneamente a tutti gli altri suoi allievi, di origine non nobile, e che fornivano le sue più cospicue entrate. Nei suoi ultimi tre anni visse circondato da allievi devoti e fedeli fra i quali si distinse Samuel Palmer che collegò l’opera pittorica di Blake a quella dei preraffaelliti.

La morte sopraggiunge il 12 agosto 1827, all’età di sessantanove anni, dopo che si era ammalato di itterizia ed aveva sofferto di “tremori improvvisi”.

Le sue opere più note sono le liriche, riunite in tre volumi: Poetical Sketches del 1783, prose poetiche di stile ossianico che risentono dell’influenza di Gray e Collins, non mancando tuttavia di originalità per ritmi e accenti poetici rivoluzionari; Songs of Innocence del 1789, poesie di grande semplicità e spontaneità dove l’armonia e la gioia di un’infanzia felice stanno a simboleggiare l’umanità prima della caduta; Songs of Experience del 1794, che esprimono invece la visione opposta, l’aspetto negativo implicito nelle liriche precedenti e dove possiamo scorgere l’espressione ormai matura della visione etico-religiosa dell’autore. È in questa raccolta che troviamo The Tiger, la poesia più nota di Blake.

Abbiamo detto che sono le sue opere più note, ma questa notorietà è dovuta alla loro maggiore accessibilità; certamente non sono le più caratteristiche. Tuttavia possiamo già scorgere in questi suoi lavori gli elementi che troveranno poi il loro più compiuto sviluppo nei Prophetic Books. Infatti già in queste liriche possiamo vedere come si vada sviluppando il Blake rivoluzionario, in contrasto totale con ogni valore convenzionale e con istituzioni predisposte; in queste tre raccolte si può scorgere la proposta di un totale rinnovamento.

Si è parlato delle sue frequentazioni giovanili e infatti la sua visione è certamente influenzata almeno in parte da Paine e Godwin (per il campo politico e sociale) e in parte da Swedenborg, Boehme, Taylor e dalla tradizione più remota dell’occultismo e dell’esoterismo (per i principi etici e metafisici). Ma questa sicura influenza è rielaborata in maniera del tutto nuova e creativa tramite l’ispirazione mistica e profetica permeata del linguaggio e della visionarietà della Bibbia e della cosmogonia miltonica, e la sintesi che ne scaturisce è del tutto originale.

In The Marriage of Heaven and Hell del 1790 Blake elaborò nuovi principi attraverso l’abbandono delle vecchie leggi religiose e morali. Queste sono viste come forma di oscurantismo e mezzo di privazione della libertà e sono appoggiate dagli “Elect” (privilegiati e reazionari) e contro di esse il “Reprobate” (poeta-profeta) assume il ruolo di oppositore esaltando la dialettica tra contrari dalla quale scaturisce il progresso utile a riscattare i “Redeemed”, cioè la gran parte del pubblico.

In The Marriage of Heaven and Hell Geova appare un iddio geloso e iracondo; Satana si erge a rappresentare invece l’energia della volontà. Dal contrasto tra l’energia istintiva che proviene dal corpo e la ragione passiva e negativa che proviene invece dall’anima nasce lo spunto verso un agire libero e il rifiuto di subire passivamente la legge morale; gli uomini grandi e gioiosi trovano dentro se stessi il vero dio.

Il primo gruppo dei «libri profetici» comprende The French Revolution (1791), The Visions of the Daughters of Albion (1793) e America (1793); in questi scritti ispirati ovviamente dai recenti eventi politici e sociali della rivoluzione francese e della guerra d’indipendenza americana, troviamo il compiacimento per il trionfo dell’istinto e della libertà sulla morale convenzionale, sulla legalità, sulla schiavitù; Orc, simbolo della forza vitale, primeggia nei confronti di Urizen che rappresenta la ragione.

Gli scritti «profetici» del gruppo seguente: The First Book of Urizen (1794), Europe (1794), The Song and Book of Los (1795), The Book of Ahania (1795), i cosiddetti «libri di Lambeth» hanno invece maggiore complessità e a tratti risultano ancor oggi praticamente incomprensibili a causa di aspetti visionari che prendono caratteristiche ermetiche che resistono anche a tentativi di interpretazioni esoteriche e occulte e persino, in tempi più moderni, a chiavi di lettura, come quelle di Micksteed e Gardner, di impronta psicanalitica. Ho l’impressione che talvolta teorizzazioni eccessivamente complesse siano più di ostacolo che di aiuto per la comprensione di queste opere che vanno viste soprattutto come poesia.

Per altro l’oscurità del poeta è teorizzata dallo stesso Blake in una lettera al Dr. Trusler del 23 agosto 1799:

Lei dice che mi occorre qualcuno che spieghi le mie Idee. Ma dovrebbe sapere che ciò che è Grandioso è necessariamente oscuro ai Deboli. Ciò che si può rendere esplicito all’Idiota non vale la mia cura. I più saggi fra gli antichi considerano il non troppo Esplicito massimamente adatto all’Istruzione, perché suscita le facoltà dell’azione. Cito Mosè, Salomone, Esopo, Omero, Platone”.

L’ultima fase della produzione di Blake inizia con l’incompiuto The Four Zoas (1797), testo denso di miti piuttosto astrusi ma di grande ricchezza e complessità. Quest’opera, unitamente ai due ultimi grandi «libri profetici», Milton (1808) e Jerusalem (1820) e alle liriche lasciate inedite (nel manoscritto Pickering e nel suo quaderno d’appunti) rappresenta il vertice delle invenzioni visionarie dell’autore.

Accanto alle già conosciute divinità del suo personale pantheon, Orc e Urizen, ne troviamo numerose altre nuove, da Enitharmon, musa della poesia a Tharmas, deità della vita dei sensi; da Enion, la madre-terra, ad Albione, essenza mascolina, attiva e a Gerusalemme essenza femminina, passiva. La riunione di queste ultime condurrà alla perfezione dell’universo. Si nota con evidenza il tentativo di sintesi tra l’antica tradizione celtica e quella biblica.

L’opera pittorica e grafica di Blake è indissolubilmente legata alla sua opera poetica. I Libri profetici sono arricchiti dalle numerose incisioni «miniate» ad acquerello da lui stesso e dalla moglie. Tecnica di incisione e tinte sono di grande originalità e per trovare le fonti di ispirazione si può spaziare dalla linearità del gotico, alle tortuosità michelangiolesche, al manierismo del Fuseli. Non c’è dubbio che le splendide illustrazioni aiutino il lettore ad entrare e comprendere il mondo fantastico di Blake e a rendersi conto, soprattutto, di quanto questo mondo fantastico fosse per lui estremamente reale.

Le più significative incisioni illustrative sono quelle dedicate ai Night Thoughts di Young (1797), a The Grave di Blair (1805), quelle per il Libro di Giobbe (1821) e per la Divina Commedia (1825-26).
Come pittore egli iniziò imitando Flaxman e nel 1780 espose per la prima volta alla Royal Academy di Londra. I suoi dipinti più noti e riusciti sono gli acquerelli del 1824 che illustrano l’incontro di Dante e Beatrice, la grande tavola dedicata ai Pellegrini di Canterbury che servì come illustrazione del Prologo dei Canterbury Tales di Chaucer, del 1806, e il Giudizio Universale, eseguito per la contessa di Egremont nel 1808.

La fonte dell’ispirazione complessiva di Blake è magistralmente espressa all’inizio del manoscritto del saggio di Joyce:

Guardando il duomo di San Paolo Blake udì coll’udito dell’anima il grido del piccolo spazzacamino che, nel suo strano linguaggio letterario, simboleggia l’innocenza calpestata, guardando il palazzo di Buckingham vide coll’occhio della mente il sospiro del soldato infelice che cola giù dal muro della reggia nella forma d’una goccia di sangue. Mentre era ancora vigoroso e giovane sapeva e poteva, riavendosi da queste visioni, inciderne l’immagine in un verso martellato o nella lastra di rame: e tali incisioni in parole o in metallo riassumono spesso un intero sistema sociologico. La carcere, scrive, si fabbrica colle pietre della legge, il lupanare coi mattoni della religione”.

Fonti:

  • G. KEYNES, A Bibliography of William Blake, New York 1969.
  • A. SYMONS, William Blake. London 1924.
  • G. FRANCI [a cura di] William Blake, Mito e linguaggio, Pordenone 1984.
  • K. RAINE, William Blake, Londra 1970.
  • A.T. STORY, William Blake, his life, character and genius. London 1893.
  • J. JOYCE, William Blake, in Poesie di William Blake. Roma 2012.
  • G. KEYNES [a cura di], The writings of William Blake. Oxford 1925.
  • H. BLOOM, William Blake. New York, 2008.
  • J. BEER, William Blake, A literary life. New York 2005.
  • L. QUINNEY, William Blake on self and soul. Harvard University Press, 2009.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Il matrimonio del cielo e dell’inferno
    Canti dell'innocenza e altri poemi
    In questo poema di Blake Geova appare un iddio geloso e iracondo; Satana si erge a rappresentare invece l’energia della volontà. Dal contrasto tra l’energia istintiva che proviene dal corpo e la ragione passiva e negativa che proviene invece dall’anima nasce lo spunto verso un agire libero e il rifiuto di subire passivamente la legge morale; gli uomini grandi e gioiosi trovano dentro se stessi il vero dio.
  • Il matrimonio del cielo e dell’inferno [audiolibro]
    Canti dell'innocenza e altri poemi
 
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