Antonio Caccianiga nacque a Treviso nel 1823; patriota, si battè clandestinamente contro la dominazione austriaca nel Lombardo-Veneto e, essendosi compromesso nella rivoluzione veneziana del 1848, fu costretto all’esilio, dapprima brevemente in Piemonte, ma dovette poi riparare a Parigi. A Parigi assistette al colpo di stato del 2 dicembre, ma vi ritornò più volte durante il secondo impero.
Ecco come descrive Parigi nel suo libro “Brava Gente” (1897):
«Vi entravo per la prima volta nel 1848, col cuore oppresso dai nostri disastri, ma avevo venticinque anni! A quell’età le speranze non sono ancora svanite e la vita è rigogliosa. Avevo letto di recente Nôtre Dame di Victor Hugo, e i Misteri di Parigi di Sue. Vagando per la città , osservavo le strade del Medio-Evo, e leggevo nei monumenti, nelle vie oscure, alte, tortuose, la storia della monarchia e le scene della rivoluzione; alla cattedrale trovava le tracce di Esmeralda, di Claudio Frollo, di Quasimodo; le Tuileries mi parlavano di Caterina de’ Medici, l’Hôtel de ville di Enrico II; la Piazza Reale, di Enrico IV; la Val di Grazia, di Luigi XIII; l’Ospizio degli Invalidi, di Luigi XIV; San Sulpizio, di Luigi XV; il Pantheon, di Luigi XVI; la Corte di giustizia e le prigioni mi ricordavano Maria Antonietta e sulla Piazza della Concordia la mia immaginazione ricostruiva la Piazza della Rivoluzione, e vedeva la ghigliottina e il sangue che scorreva per la via. Le strade fangose, ristrette, i tetti acuminati, le soffitte sporgenti mi mostravano il popolo del romanzo di Sue e dalla mia cameretta di studente al Quartiere latino io vedevo dirimpetto alla mia finestra Rigoletto che dava l’erba al canarino e inaffiava i suoi fiori. Ho udito alla Camera dei Deputati gli uomini politici dell’epoca discutere la costituente repubblicana, e difendere i principii dei «diritti dell’uomo» proclamati dalla prima rivoluzione. La libertà confinava coll’anarchia, la repubblica col comunismo, la bandiera rossa minacciava la tricolore. Lamartine si studiava di calmare gli spiriti, di frenare le passioni, Victor Hugo rappresentava la poesia, Eugenio Sue il romanzo, Luigi Blanc il diritto al lavoro; era una politica filosofica, che vagava nelle nuvole, ma fatta apposta per suscitare l’entusiasmo della gioventù, per risvegliare nel popolo l’illusione d’un avvenire migliore, e per spaventare i milionarii che mettevano al sicuro la cassa. Allora l’aspetto di Parigi era modesto e volgare; il fiacre succedeva alla carrozza, la blouse dominava sulle giubbe, e le donne non osavano trascinare nel fango le stoffe di Lione e i merletti di Chantilly, per non eccitare le invettive del popolo».
Dopo il 1861 fu prefetto e successivamente deputato al Parlamento. Si dedicò a studi relativi alle problematiche di agricoltura, ma fu anche vivace giornalista e fin dal 1848 fondò e diresse Lo spirito folletto. La sua opera più nota è La vita campestre (1867); tra gli altri suoi scritti, tutti ispirati a vicende e ad ambienti della provincia e della campagna trevigiana, si ricordano: Il dolce far niente, 1869; Il bacio della contessa Savina, 1875; Il convento, 1883; Brava gente, 1888; Lettere di un marito alla moglie morta, 1897.
Dice Benedetto Croce: «Negli ozii lasciatigli dalle sue occupazioni agricole il Caccianiga compose alcuni onesti romanzi, che non hanno molto carattere, a dir vero, e non salgono più su del mediocre»; «Il migliore e il più popolare è quello del Bacio, di piacevole lettura, e volentieri si legge anche Il roccolo, nel quale, appoggiata a una vicenda d’amore, si dà la storia dell’insurrezione nazionale nel Cadore e della difesa e caduta di Venezia ne1 ’49. C’è qualche spunto felice, come l’annunzio della liberazione di Venezia, che si propaga colà tra la popolazione che ancora serbava il ricordo del tempo in cui vivevano le istituzioni della vecchia e gloriosa repubblica di San Marco». «Il Caccianiga non fu certamente scrittore forte e originale, ma pure ebbe dello spontaneo e si mantenne sempre sincero. L’ultimo suo volume: Lettere d’un marito alla moglie morta, è appunto nient’altro che un’effusione dell’anima sua, che dice lo strazio del distacco sofferto e l’atrocità della solitudine, e ripercorre tenace tutti i particolari della lunga vita in comunanza di affetti, di opere e di pensieri».
Morì a Maserada sul Piave nel 1909, dove visse appartato, nella frazione di Saltore, gli ultimi anni della sua vita.
Fonti:
- Benedetto Croce: La letteratura della Nuova Italia, Bari 1956.
- Benedetto Croce: La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 35, 1937.
- Antonio Caccianiga. L’eremita di Saltore, con pagine scelte a cura di E. Dematté. Treviso, 2002.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti.
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il bacio della contessa Savina
- Il dolce far niente
Scene della vita veneziana del secolo passato
Il libro, pieno di interessanti note che rimandano a cronache venete dell'epoca, è un vivace ritratto della vita di illustri personaggi del mondo letterario ed artistico nel contesto di una città viva e piena di fascino. - La famiglia Bonifazio
- Il roccolo di Sant'Alipio
Racconto
Romanzo storico, scritto nel 1881, prende spunto dalla rivoluzione in Cadore del 1848, guidata da Pietro Fortunato Calvi contro gli Asburgo, per narrare il salvataggio di un ufficiale austriaco, gravemente ferito, da parte di Maria, una giovane ragazza cadorina.