Pubblicata per la prima volta a Napoli da Antonio Cocchi nel 1728, l’autobiografia di Benvenuto Cellini o Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze fu redatta inizialmente dallo stesso Cellini in un periodo di forzata inattività dovuta al poco favore di cui godeva presso il suo ultimo committente, il duca Cosimo dé Medici, ed in seguito venne dettata dall’autore ad un figlio tredicenne di Michele di Goro. La Vita, divisa in 2 libri rispettivamente di 128 e 113 brevi capitoli (il primo libro giunge fino al 1539, il secondo va dal 1540 al 1562), è tutt’altro che un’obiettiva autobiografia: al contrario, in essa il Cellini volle soprattutto celebrare quell’esaltazione dell’individuo e delle sue virtù che fu tipica della società rinascimentale e della maggior parte della letteratura biografica dell’epoca.
Dall’incipit del libro:
I. Tutti gli uomini d’ogni sorte, che hanno fatto qualche cosa che sia virtuosa, o sà veramente che le virtú somigli, doverieno, essendo veritieri e da bene, di lor propia mano descrivere la loro vita; ma non si doverrebbe cominciare una tal bella impresa prima che passato l’età de’ quarant’anni. Avvedutomi d’una tal cosa, ora che io cammino sopra la mia età de’ cinquantotto anni finiti, e sendo in Fiorenze patria mia, sovvenendomi di molte perversità che avvengono a chi vive; essendo con manco di esse perversità , che io sia mai stato insino a questa età , anzi mi pare di essere con maggior mio contento d’animo e di sanità di corpo che io sia mai stato per lo addietro; e ricordandomi di alcuni piacevoli beni e di alcuni innistimabili mali, li quali, volgendomi in drieto, mi spaventano di maraviglia che io sia arrivato insino a questa età de’ 58 anni, con la quali tanto felicemente io, mediante la grazia di Dio cammino innanzi.


