Sidonie-Gabrielle Colette nacque a Saint-Sauveur-en-Puisaye, Yonne, il 28 gennaio 1873. Il padre Jules Colette era un ufficiale degli zuavi e la madre Sidonie Landoy, originaria della Borgogna, era già rimasta vedova in prime nozze. Quarta figlia dopo tre fratelli, trascorse l’infanzia nella casa natale in aperta campagna e a stretto contatto con la natura.
A vent’anni, nel 1893 sposò Henry Gauthier-Villars, letterariamente conosciuto con lo pseudonimo di Willy, autore piuttosto spregiudicato che si ispirava per i suoi romanzi a un gusto simbolista-decadente. Fu il marito a far nascere in lei la sensibilità letteraria e a spingerla alla scrittura. Trasferitasi quindi a Parigi iniziò a pubblicare i suoi primi romanzi sotto la firma pseudonima del marito del quale divenne collaboratrice anonima. I suoi primi quattro romanzi di stampo autobiografico narrano delle prime esperienze scolastiche e sentimentali, l’amore, il matrimonio, le delusioni conseguenti, la vita parigina, il mondo artistico e letterario. Sono i quattro romanzi del ciclo di Claudine e la prosa appare già precisa rivelando uno stile ricercato e solo in apparenza leggero. Troviamo invece la tipica attenzione impressionistica per il dettaglio psicologico e le sue sfumature inserito in un ritmo secco ed incisivo. I quattro romanzi vennero dati alle stampe tra il 1900 e il 1903. Ma pochi anni dopo, stanca dell’ambiente che era costretta a frequentare per le abitudini del marito e insofferente di quella collaborazione che le andava ormai stretta e che la spogliava del proprio talento, si separò da Willy e divorziò poi nel 1910.
La morte del padre l’aveva lasciata in difficoltà economiche ma senza perdersi d’animo prese a lavorare come attrice e ballerina nei music-halls. Fu quindi costretta a una vita di continui trasferimenti, prove, tournées anche all’estero e si fece conoscere soprattutto come mimo, dotata di fantasia e infantile innocenza; la voce sembra invece che non fosse troppo melodiosa, ma piuttosto poco naturale.
Iniziò quindi un secondo periodo letterario che vide dar vita ai suoi lavori più noti e più efficaci, portatori adesso di un ritmo più lento e di una prosa più frammentaria. Tra questi ricordiamo: Le retraite sentimentale (1907), Les vrilles de la vigne (1908), L’ingenue libertine (1909), La vagabonde (1910), L’envers de music-hall (1913) e L’entrave (1913). Alla visione della vita legata al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza che era stata caratteristica dei quattro romanzi del ciclo di Claudine, si sostituisce adesso una riflessione introspettiva sulla solitudine e un’attenzione sempre maggiore per l’approfondimento psicologico.
Nel 1912 coronò con il matrimonio il nuovo legame con Henry de Jouvenal, diplomatico, letterato e redattore capo del giornale “Matin”. Da pochi mesi era morta la madre. Da questo matrimonio ebbe una figlia, Bel-Gazou. Nel periodo della prima guerra mondiale, grazie anche all’attività del marito corrispondente dal fronte, consolidò la propria attività giornalistica, arginata però dalla censura.
Nel 1915 incontrò a Roma Gabriele D’Annunzio e da varie città italiane mandò articoli a Parigi, non solo inerenti alle vicende belliche ma anche di critica cinematografica. Buona parte dei suoi articoli dall’Italia vennero poi successivamente raccolti nel volume Les Heureus longues.
Alla fine della guerra divenne responsabile della sezione letteraria del giornale diretto dal marito e subito dopo anche la principale critica teatrale dello stesso giornale. Dai suoi romanzi iniziano a venire tratti dei film e lei stessa collabora a sceneggiature originali come per La Flamme cachée alla cui direzione aveva collaborato Musidora, che già come attrice aveva interpretato film tratti da romanzi di Colette. Nel 1919 diede alle stampe Mitsou ou Comment l’ésprit vient aux filles che, se pur oggetto di critica non sempre favorevole, ebbe buon successo.
Nel frattempo il rapporto con il marito si andava raffreddando e già nel 1925 Colette è nuovamente sola. Intensificò l’attività di conferenziera e interpretò in teatro opere tratte dai propri romanzi accanto a Marguerite Moreno. Ormai è scrittrice di professione. Oltre al già citato Mitsou, i suoi romanzi più noti di questi anni sono Chéri (1920), Le blé en herbe (1923) La fin de Chéri (1926). Forse meno noti ma di grande intensità, sul tema della trasformazione di una vecchiaia drammatica in una vecchiaia riuscita e felice sono i romanzi che compongono la trilogia dedicata alla madre: La maison de Claudine (1923), La naissance du Jour (1928) e Sido (1929). Altri titoli da ricordare sono Ces plaisirs (1932), Prisons et Paradis (1932), La chatte (1933). Con Splendeurs des papillons (1936) si spianò la strada nello stesso 1936 all’elezione all’Académie royale belge de langue et de littérature française succedendo alla poetessa Anna de Noaïlles.
Nel frattempo, nel 1935, si era sposata per la terza volta con Maurice Goudeket. Ritiratasi nella sua casa di Palais-Royal e malata di artrite – amorevolmente assistita dal marito – continuò a scrivere: Bella-Vista (1937), Chambre d’Hôtel (1940) Julie de Carneilhan (1941), Le Képi (1943), Belle saisons (1945), Pour un herbier (1948), Le fanal bleu (1949), Chats (1950) e Paradis terrestres ( 1953).
Morì a Parigi il 3 agosto 1954. Uscirono postumi Paysages et portraits (1958), alcune raccolte di lettere (Lettres à H. Picard, 1958, Lettres à Marguerite Moreno, 1959, Lettres de la vagabonde, 1961, Lettres au petit corsaire, 1963, Lettres a ses pairs, 1973).
Dell’opera di questa scrittrice che spazia tra racconti e romanzi – sia brevi che più articolati – spiccano peculiarità inconfondibili: l’istinto femminile infallibile porta chi legge di fronte a una sensibilità che registra ogni vibrazione sia proveniente dalla natura circostante simboleggiata da piante, animali, paesaggi, che dall’umanità più varia, a partire dall’introspezione di se stessa, e poi di bambini e adolescenti, personaggi reali o di fantasia, esistenze impigliate in rapporti che appaiono come indissolubili, ma anche in piaceri temporanei, «fisici». Sembra un universo di sensualità, privo di orizzonti più ampi, sovrastato invece dalla minacciosa realtà del consumarsi dei corpi con l’invecchiamento, con l’esaurirsi della passione attraverso il rivelarsi ironico di un amore quasi sempre distruttivo. Ma la mediazione tra la fluidità di stile e l’attenzione attenta e scrupolosa dello stesso filtrata, come già detto, da una sensibilità tipicamente femminile, ed espressa con grande sincerità colloca Colette tra i grandi della letteratura francese ed europea e tra le maggiori prosatrici del secolo scorso. La sua prosa è infatti quanto di più vicino alla poesia si possa immaginare, tramite un richiamo continuo al mondo delle immagini, che spesso giungono come improvvisi squarci di illuminazione, e una visione naturista che dona un tocco pittorico alla musicalità con la quale impartisce il ritmo alla sua narrazione.
Fonti:
- M. Sarde, Colette, una vita libera e condizionata. Milano 1981.
- Voce: Colette, Sidonie-Gabrielle, in Grande Dizionario Enciclopedico Vol. V. Torino 1992.
- R. Phelps, Autobiographie de Colette. Parigi 1966.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Claudina a scuola
In questo romanzo d’esordio troviamo già i caratteri distintivi dell’arte narrativa di Colette: senso della natura, carica sentimentale e sessuale temprata da uno spirito sempre vivace e impertinente, che danno agio alla costruzione di un personaggio femminile che sfugge alle esigenze di una moda per presentarsi invece libera e indipendente, responsabile del proprio istinto.