Eva Giovanna Antonietta Cattermole, più nota come Evelina o Lina Cattermole (Firenze, 26 ottobre 1849 – Roma, 30 novembre 1896), è stata una scrittrice e poetessa italiana.
Scrisse anche novelle e opere in prosa. La parte più rilevante della sua produzione è firmata con lo pseudonimo Contessa Lara.
Nacque a Firenze dallo scozzese Guglielmo Cattermole, professore d’inglese, che in terze nozze aveva ivi sposato Elisa Sandusch, eccellente pianista. Ebbe una sorella, Eufrosina, e un fratello, che fu chiamato Guglielmo come il padre, sposò la figlia di un compositore e musicografo belga, e fu lui stesso musicista, più precisamente violinista nell’orchestra di Monte Carlo.
Il luogo e la data in cui nacque Eva sono stati per molti anni controversi. Angelo De Gubernatis in Dictionnaire international des écrivains du jour l’indicava come nata a Cannes, in Provenza, il 23 ottobre 1858, e lo stesso scriveva Guido Mazzoni in Ottocento.
Invece, Eugenia Levi in Dai nostri poeti viventi e, dopo di lei, Benedetto Croce e altri affermavano che fosse nata a Firenze nel 1851. Nel 1892, nella rubrica femminile che teneva su La Tribuna illustrata, Eva dichiarava di essere nata sul suolo di Francia, e anche sull’atto di morte risulta nata a Cannes nel 1854. Maria Freschi Borgese[1] ha ritrovato a Firenze il certificato originale di nascita, che incontrovertibilmente la indica come nata a Firenze il 26 ottobre 1849.
Una descrizione dell’infanzia di Eva è proposta da lei stessa nella novella La Rosona, che fa parte di Storie d’amore e di dolore. Fu molto precoce nell’apprendimento della musica e delle lingue straniere: imparò fin da giovanissima l’inglese, il francese, lo spagnolo e l’italiano. Studiò a Parigi, nell’Istituto Sacre Coeur. Andava a lezione di italiano da Marianna Giarré, che era a sua volta una poetessa amica di Pietro Giannone, Aleardo Aleardi, Niccolò Tommaseo, Francesco Dall’Ongaro, Giovanni Prati, Giosuè Carducci.
Nel 1884 Eva era una scrittrice affermata, e vari poeti le dedicavano versi. Tra il 1884 e il 1894, Eva compose la raccolta di liriche Nuovi versi. Intanto collezionava amori più o meno stabili, favoriti dalla sua fama e dalla sua bellezza, cercando la felicità e il vero amore, e incontrando anche uomini che approfittavano della sua ingenuità e generosità.
Nel corso del 1886 Eva si spostò molto, toccando Parma, Milano, Firenze, per poi stabilirsi a Roma, dove poteva più facilmente trovare lavoro. La sua amicizia con il siciliano Giovanni Alfredo Cesareo, di 12 anni più giovane di lei, con cui aveva collaborato presso la rivista Nabab nel gennaio del 1885, si tramutò in una relazione stabile, durata fino al 1894. Fu per lei come ritrovare le gioie di una vera famiglia, a cui aveva sempre anelato. Considerò la relazione come un matrimonio vero e proprio, come si legge nelle sue liriche.
Tra il 1886 e il 1895 Eva scrisse molte delle sue opere di prosa (Così è, L’innamorata, Novelle di Natale, Una famiglia di topi e Il romanzo della bambola) e ripubblicò Storie d’amore e di dolore. Inoltre, nel 1886 pubblicò E ancora versi a Firenze, per i tipi di Sersale.
A Roma Evelina tenne un salotto musicale che aveva molto successo: lo frequentarono, tra gli altri, Arturo Graf, Angelo De Gubernatis, lo scultore statunitense Moë Ezekiel, il pittore Guido Boggiani, lo scultore Niccolini, la pittrice Anna Forti, Luigi Capuana, lo scrittore Pierre Loti, e alcuni parlamentari. D’estate si recava in vacanza a Riva Trigoso. Manteneva buoni rapporti con Matilde Serao, nonostante avesse scritto una recensione negativa ai suoi Versi di Cattermole del 1883.
Nel novembre del 1894 terminò la relazione di Eva con Giovanni Alfredo Cesareo: la scrittrice visse una lieve depressione e si lasciò un po’ andare. Nello stesso anno De Gubernatis mandò a casa di Eva un suo collaboratore alla rivista Vita italiana, Giuseppe Pierantoni, che doveva adattare per la rivista i figurini francesi alla sensibilità italiana.
Cattermole collaborava con la rivista, sulla quale teneva una rubrica di moda. L’uomo, che aveva 25 anni all’epoca, era un pittore napoletano di scarso talento e conduceva una vita di stenti. Eva cominciò ad aiutarlo, raccomandandolo ai propri amici e invitandolo a cenare da lei. Nel febbraio del 1895 la relazione tra i due diventa di natura sentimentale e intima.
Convissero nella casa di Eva, in via Sistina (o via di Capo le Case, secondo altre fonti), con i soli introiti del suo lavoro. Cattermole ebbe modo di ricredersi più di una volta sulla propria generosità, che l’aveva spinta ad aiutare con ogni mezzo un uomo che si rivelò scarsamente propenso al lavoro, manesco e possessivo. Eva non riusciva ad allontanarsi da lui, nonostante un giorno di maggio 1896 l’avesse chiuso fuori di casa: Pierantoni era rientrato con la forza, passando da una finestra, e lei non riusciva a liberarsene. Alcuni amici la consigliarono di recarsi alla Questura e di denunciarlo, ma lei temeva la sua reazione.
Nell’estate del 1896, si recò in villeggiatura in Liguria, dove ebbe modo di incontrare un amico di sempre, Ferruccio Bottini, che stava raggiungendo la propria nave a La Spezia: Eva gli confidò i suoi problemi, e lui la invitò a lasciare il convivente e a rifugiarsi a Livorno, ospite della sua famiglia. Le comprò anche un revolver da tenere in borsetta per maggior sicurezza.
A ottobre 1896 Eva tornò a Roma, decisa a traslocare a Livorno dai Bottini, ma la fine tragica della sua vicenda sentimentale con il pittore napoletano fu quasi inevitabile. Il 30 novembre, durante l’ennesima lite in cui Eva gli intimava di andarsene, fu fatale la presenza nella stanza del revolver, che Pierantoni, infine, in circostanze mai ben accertate, rivolse contro di lei colpendola all’addome, per poi puntarla contro se stesso, ferendosi all’ascella.
La pistola era un modello da signora, di piccolo calibro, e il colpo non provocò la morte immediata di Evelina, che però non fu immediatamente soccorsa. Pierantoni e la domestica, Luisa Medici, che nel frattempo era accorsa, persero diverso tempo prima di chiamare un medico, il dottor Parboni, e le forze dell’ordine giunsero sul posto parecchie ore dopo, quando Eva era già agonizzante.
Fino all’ultimo, a chi si recò al suo capezzale, Eva insisté nel dire che il ferimento era stato dettato solo ed esclusivamente da interesse economico: «Assassino, l’ha fatto per interesse, soltanto per interesse…». Voleva scongiurare al suo aggressore le molte attenuanti alla pena che le giurie dell’epoca tendevano ad applicare per i moventi passionali.
I funerali ebbero un gran concorso di folla, e furono molte le manifestazioni di affetto, ma fu offuscato da un grave scandalo: i fondi raccolti per la sepoltura svanirono nel nulla e i resti della scrittrice non poterono avere una sepoltura adeguata. Il testamento indicava come unico erede l’amico Ferruccio Bottini, che rifiutò il lascito.
Il processo a carico di Pierantoni fu celebrato due anni dopo presso la Corte d’Assise di Roma e fece scalpore. Il Pubblico Ministero, che definì Pierantoni «l’assassino sfruttatore di donne», e la stampa con gli articoli di Angelo De Gubernatis, Olga Ossani Lodi, Eugenio Rubichi (Richel), Gino Monaldi, Ferdinando Russo e Mario Giobbe sostennero il movente economico.
L’avvocato difensore di Pierantoni, Salvatore Barzilai, quello passionale. Durante il processo il Pierantoni cercò, come ultima difesa disperata, di attribuire la sua azione al grande turbamento provocato nella coppia da una rappresentazione della Carmen di Bizet. Non fu possibile provare l’esatta dinamica dei fatti, né le motivazioni economiche e il processo si concluse il 10 novembre 1898 con la condanna di Pierantoni a 11 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio volontario, con il riconoscimento delle attenuanti della provocazione lieve.
Note biografiche tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Evelina_Cattermole
NOTA: In Liber Liber è presente l’opera La contessa Lara di Maria Borgese. Insieme alla descrizione delle vicende della vita della poetessa giornalista e scrittrice Evelina Cattermole (Contessa Lara) troviamo uno spaccato della vita e degli ambienti letterari dell’epoca, dai “salotti” della Firenze capitale alle redazioni del giornalismo romano.