Enrico Cardile nacque a Messina il 19 marzo 1884 da Salvatore e da Santa Barbera. Ultimo di sette figli, conseguì, studiando presso l’istituto tecnico superiore A.M. Jaci, il diploma di ragioniere ma da subito la sua vocazione riguardò l’ambito letterario. Sposatosi giovanissimo, fu ammiratore di Carducci, D’Annunzio e Pascoli, che negli anni tra il 1898 e il 1903 insegnava letteratura italiana nell’ateneo messinese.
I suoi primi passi nella letteratura furono quelli verso la poesia simbolista: a Messina fu tra i principali animatori del Cenacolo simbolista, fondò il giornale letterario “Le Parvenze” e successivamente collaborò con la rivista “Ars Nova”.
Il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 vide la sua famiglia decimata: morirono i genitori e due, forse tre sorelle oltre a numerosi amici. Un altro gravissimo lutto funestò la vita di Enrico Cardile: la morte a soli 10 anni del figlioletto Guido.
Già da giovanissimo si era affiliato alla massoneria, visto che a soli 25 anni veniva insignito del grado di “compagno d’arte” e nello stesso anno al grado più alto, quello di “maestro”. Apparteneva alla loggia “Serafino Lo Monaco” di Mistretta. Risulta documentato l’ingresso di Cardile nel “Rito scozzese Antico ed accettato” nel 1911.
Nel 1912 fu tra i firmatari della prima Antologia dei poeti futuristi partecipando con la lirica Ode alla violenza. Ma nel corso dello stesso 1912, in seguito alla pubblicazione del Manifesto tecnico della letteratura futurista, Cardile si allontanò dal movimento di Marinetti compiendo in questa direzione una parabola molto simile a quella dell’amico e maestro Gian Pietro Lucini. Già con la pubblicazione del testo su Alessandro Manzoni Cardile aveva collocato la sua posizione tra quella dei futuristi dissidenti.
Riuscì ad ottenere un impiego presso l’ufficio distrettuale delle imposte e, dopo una permanenza in Lucania, che gli consentì di non trovarsi a Messina durante le funeste giornate del terremoto, venne trasferito a Palermo dove frequentò, tra gli altri intellettuali di spessore, Giovanni Alfredo Cesareo, che ebbe su di lui notevole influenza, e diede vita, insieme a Francesco Biondolillo, a una rivista d’avanguardia dal titolo “Corbaccio”. Fu amico e discepolo di Gian Pietro Lucini, con il quale condivise l’idea di una campagna simbolista in Italia.
Con l’apprestarsi della prima guerra mondiale, trattò spesso il problema dell’irredentismo, e di seguito, con il grado di capitano d’artiglieria, fu attivo al fronte dove rimase ferito. Terminato il conflitto fu trasferito a Catania, dove si impegnò sia nell’attività giornalistica, collaborando con “Il giornale dell’Isola”, sia più in generale nell’attività culturale. Fu traduttore dal francese di importanti testi come Un coup de dés di Mallarmé (Il poema, Napoli 1920), e dall’armeno delle opere del poeta Nrad Nazariantz, giunto in Italia per sfuggire al genocidio armeno ad opera dei turchi e conosciuto tramite Lucini e al quale Cardile fu legato da profonda amicizia. Amicizia consolidata anche dalla comune appartenenza alla massoneria e dall’attività che Cardile svolse a favore della causa armena. Le opere di Nazariantz non sono ancora di pubblico dominio, ma un libro dello stesso tradotto da Cardile può leggersi su Internet Archive.
Nel 1923 fu chiamato dal ministro dei lavori pubblici, il catanese Gabriello Carnazza, a Roma per dirigere la propria segreteria particolare e l’anno dopo nominato amministratore straordinario del comune di Giarre. Ma, nonostante Carnazza appartenesse alla massoneria, questo non impedì al regime fascista di emanare nel 1925 le leggi che imponevano la chiusura delle attività massoniche e che di fatto spianarono la via a episodi di violenza verso persone appartenenti alla massoneria e di vandalismo verso i loro edifici.
Nel 1925 venne quindi richiamato a Messina come amministratore giudiziario di un’azienda giornalistica e nel frattempo assunse la direzione del quotidiano locale “Gazzetta di Messina e delle Calabrie”.
Pur apprezzandone alcuni aspetti iniziali, non seguì il fascismo ma fu ammaliato da altri studi come la storia delle religioni, il magismo e la cabala. Già nel 1924 aveva curato la pubblicazione di Il trattato della quinta essenza di Raimondo Lullo presso la casa editrice Atanor di Todi, casa editrice che diede grande impulso alla diffusione in Italia di argomenti come l’alchimia, la magia naturale, la cabala. Cardile nella prefazione a questa “traduzione” (“non è una traduzione” avverte proprio in apertura della sua introduzione) spiega come intendesse lo studio di queste materie, volte a portare in superficie e a chiarire le modalità della natura che meno possono essere comprese perché più profondamente nascoste. L’attività della casa editrice e della rivista Atanor poté riprendere solo nel dopoguerra.
Nel 1931 pubblicò Esegesi del mistero poetico nel quale traccia il percorso che conduce dalla sua idea di poesia fino alla ricerca iniziatica e consolida tra i due aspetti il profondo legame che ha caratterizzato l’attività dello scrittore. Nel 1934 scrisse e pubblicò presso la casa editrice Prampolini di Catania La filosofia della tradizione e l’opera di P. Vulliaud. Vulliaud era autore di un lavoro sulla cabala ebraica e certamente fu in contatto con Cardile.
Dopo essere stato trasferito a Catania per esigenze di lavoro, nel 1935 venne definitivamente assegnato a Siracusa dove si inserì nel dibattito culturale e letterario. Intenso il rapporto con la libreria-casa editrice di Rosario Mascali – oggi divenuta “bene culturale immateriale” – che, in attività fino dal 1930, nell’immediato dopoguerra era divenuta centro di ritrovo culturale e intellettuale. Fu infatti la casa editrice Mascali nel 1946 a pubblicare Rapporto sulle cose divine, testo nel quale Cardile dà concretezza alla sua ricerca degli anni precedenti. Infatti i suoi interessi in materia di cabala ebraica e di studi iniziatici era fluita ininterrotta negli anni trovando sbocco in numerosi articoli prevalentemente su quotidiani siciliani. Per una analisi puntuale di tali articoli rimando alla lettura del saggio di Sebastiano Grimaldi L’uomo di desiderio e alla tesi di laurea – citata dallo stesso Grimaldi – di Lucia Reale nell’anno accademico 1966-67. I temi di questi articoli spaziano dall’esame di figure emblematiche come quelle di Cagliostro e Cardano, alla teosofia con una critica serrata alla figura di Krishnamurti, a Meyrink, con un’aspra critica all’interpretazione di Enrico Rocca, primo traduttore del Golem e alla sua introduzione (edizione che è presente nella biblioteca Manuzio). Colpisce per esempio l’attenzione che Cardile dedicò a una personalità come il neuropatologo Giuseppe Calligaris noto per i suoi studi sulle “catene lineari del corpo e dello spirito”, studi all’interno dei quali il ricercatore riuscì a coniugare il metodo scientifico sperimentale con una dimensione diversa di conoscenza.
A Siracusa risiedette fino alla morte che lo colse il 13 marzo 1951.
Fonti:
- D. Frisone – S. Grimaldi; L’inchiostro e l’archeometro Enrico Cardile tra esoterismo e letteratura. Acireale-Roma 2019.
- S. Nicotra [a cura di]; Lettere a Lucini. Caltanissetta 2015.
- A. Carratore; Ricordo di Cardile in Sicilia, 23 marzo 1951.
- F. Del Beccaro, Voce: Enrico Cardile in Dizionario biografico degli italiani – Volume 19 (1976)
https://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-cardile_(Dizionario-Biografico)/
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
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- Amore, tuo piccolo errore
Questa raccolta di brevi novelle, delicate e gradevoli, non è fuori strada rispetto al percorso culturale dell’autore, che certamente ha voluto raccontare in esse anche qualcosa di sé stesso. Egli trasmette in esse la propria vivacità intellettuale consolidando il proprio posto tra le avanguardie letterarie del primo novecento. - Poesie
Dette le Apocalissi
In questa raccolta di poesie giovanili di Cardile, il “simbolo” assume senza dubbio posizione centrale, un ruolo chiave, nel passaggio tra conoscenza e ricerca spirituale; diventa strumento di passaggio tra differenti livelli di realtà.