Enrico CavacchioliEnrico Cavacchioli nacque a Pozzallo in provincia di Ragusa il 15 marzo 1885. Il padre si chiamava Vincenzo e la madre Silvia Federici. A quindici anni si trasferì con la famiglia a Milano e rapidamente si inserì nell’ambiente culturale della città intraprendendo attività giornalistiche e muovendo i primi passi nell’attività poetica.

Affascinato dal futurismo e dal suo dirompente potenziale anti accademico seppe tuttavia coniugare abilmente ai fermenti rivoluzionari di questa scuola la sua precedente esperienza più aderente al mondo dannunziano e crepuscolare. Fu tra i firmatari del manifesto futurista del 1909 pubblicato a Parigi ed è presente nell’elenco dei poeti “incendiari” del secondo manifesto, il noto Uccidiamo il chiar di luna! Sempre presente alle tumultuose “serate futuriste” fu anche protagonista sulle pagine della rivista di Marinetti “Poesia” e le sue raccolte poetiche furono pubblicate dalle omonime edizioni. Con la prima di queste raccolte, L’incubo velato del 1906, vinse il secondo concorso bandito dalla rivista “Poesia”; nel 1908 uscì Le ranocchie turchine e infine nel 1914 Cavalcando il sole.

È del 1909 il suo esordio nel teatro con la commedia Procellaria rappresentata a Firenze al teatro Niccolini. Ma dal 1914 in poi maturò un sempre più marcato distacco dal futurismo per dedicarsi più attivamente a una attività giornalistica più tradizionale. Sue novelle comparvero su varie riviste e fu redattore della “Stampa” di Torino e de “Il Secolo” di Milano. Su questo giornale pubblicò anche numerose critiche teatrali e sullo stesso giornale e su altri pubblicò, durante la guerra mondiale, le sue corrispondenze di guerra. A Milano fondò, assieme ad altri colleghi, la casa editrice Vitagliano della quale fu il più attivo animatore. La maggior parte delle sue opere teatrali apparve sulla rivista “Comoedia”, fondata da Mario Mariani nel 1919. La prima pubblicata su questa rivista – della quale divenne direttore nel 1928 – fu, nel 1920, La campana d’argento, la cui rappresentazione fu però un insuccesso. Fu anche direttore del settimanale “Il Mondo” e de “L’illustrazione Italiana”.

Dal 1920 entrò a far parte del consiglio direttivo della Società degli autori e nel 1924 divenne direttore artistico della Piccola Canobbiana. La sua attività di autore teatrale può essere inserita nel filone del cosiddetto “grottesco” affiancando in questo tentativo di rinnovamento Chiarelli (https://liberliber.it/autori/autori-c/luigi-chiarelli/) che di questo termine fu il promotore con la sua opera La maschera e il volto (https://liberliber.it/autori/autori-c/luigi-chiarelli/la-maschera-e-il-volto/) e Antonelli (https://liberliber.it/autori/autori-a/luigi-antonelli/).

In questa sua attività teatrale si rintraccia il filo rosso che si dipana nell’attività di Cavacchioli fin dalla sua adesione al primo futurismo. Troviamo quindi la netta contrapposizione ai valori della commedia tradizionale cari alla morale borghese, che si concretizza mettendone il luce l’ipocrisia e l’aderenza squallida alle convenzioni conformiste. Quindi anche i temi tipici del teatro borghese vengono sottoposti al filtro dissacratore dell’ironia e dello sberleffo, rendendo ridicoli i personaggi che in questo scenario dissacratore si muovono. Bisogna però riconoscere che gli sforzi di Cavacchioli in questa direzione non raggiungono i risultati di Antonelli e Chiarelli, non riuscendo a scalfire seriamente la rugginosa patina del teatro borghese. Tuttavia la sua opera teatrale migliore, L’uccello del paradiso, risulta provvista di originalità e armonia pur riproponendo un tema sfruttato dal teatro tradizionale, quello dell’amore di due donne per lo stesso uomo. Lo spunto almeno parzialmente originale si può riscontrare nell’introduzione di un personaggio “astratto” che si pone come una sorta di autocoscienza. Anche nella commedia del 1919, Quella che t’assomiglia, il tema centrale è piuttosto scontato e quasi abusato nel primo dopoguerra (il tentennamento di una donna tra il sentimento per il marito tornato invalido dalla guerra e quello per l’amante); tuttavia la contaminazione tra la tradizione e gli elementi di chiara derivazione futurista è tutt’altro che sgradevole e risulta invece a tratti molto efficace. Abbiamo poi Danza del ventre (1921), Pinocchio innamorato (1922), Pierrot impiegato del lotto (1926) al centro delle quali è posto il contrasto tra realtà e illusione.

La sua attività di commediografo prosegue ancora negli anni trenta con testi teatrali decisamente più modesti, come sono modeste le sue incursioni nel mondo della narrativa con i romanzi Vamp (1930) e Serenata celeste (1932). Fu anche abbastanza prolifico nella produzione di libretti d’opera per Leoncavallo (Zingari tratto da Puškin), Bacceri (Marken), Camussi (I fuochi di san Giovanni, Il donzello), La Rotella (Corsaresca).

Dal 5 novembre 1928 al 25 febbraio 1930 fu direttore del periodico “Piccola” fondato da Rizzoli nel 1928 – forse il primo esempio di “rotocalco” italiano – assecondando la spinta verso una visione di femminilità abbastanza innovatrice, in particolare con la pubblicazione a puntate del romanzo di Mura Mary, Mariù, Maria; il romanzo era diretto a un pubblico femminile di giovane età, appassionato di cinema e attento alla moda, ma ancora immerso nel sogno dell’amore. Il romanzo narra delle difficoltà di una giovane campagnola trasferitasi a Milano e delle sue difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro femminile.

Alla fine della seconda guerra mondiale divenne direttore della “Gazzetta di Parma”.

Morì a Milano il 4 gennaio 1954. Nell’articolo commemorativo per la morte sulla rivista “Sipario” così ne parla Eugenio Ferdinando Palmieri:

«Uomo tranquillo, Cavacchioli diventava nello scrivere per la ribalta un aggressore di regole; uomo attentissimo, nel dirigere case editrici o riviste, agli umori del pubblico, il sorridente Cavacchioli metteva da parte, nell’immaginare per il teatro, ogni riguardo, si cangiava in ribelle. Né il caso deve sorprendere, sono gli scherzi dell’arte. Se il giornalista Cavacchioli procedeva con diplomazia, l’autore Cavacchioli, non faceva cerimonie; se l’uno badava alle norme del mestiere, l’altro non ubbidiva che a se stesso. Ma giusto è notare del giornalista, la costante eleganza, la prontezza nell’ideare formule sicure.»

Fonti:

  • S. Giornetti, Cavacchioli, Enrico in Dizionario biografico degli italiani, Treccani 1979.
    https://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-cavacchioli_(Dizionario-Biografico)/
  • G. Bárberi Squarotti, I miti e il sacro. Poesia del novecento. Cosenza, 2003.
  • L. Ciardi, Dattilografe, principi azzurri e principali. Consigli e strategie di ascesa sociale in un prototipo italiano di rotocalco: «Piccola» (1928-1938) in “Genesis” Rivista della Società italiana delle storiche. III/2, 2004.
  • Enrico Cavacchioli, Cronache teatrali (1917-1920) in “Rivista italiana di drammaturgia”. Bulzoni 1978.
  • S. Brunetti, I personaggi-marionette nell’Uccello del paradiso di Enrico Cavacchioli, in La grande trasformazione del teatro italiano [a cura di F. Mazzocchi e A. Petrini] Accademia University press, 2020.
  • A. Fiocco, Cavacchioli Enrico, in Enciclopedia dello spettacolo. Volume III, Roma 1956.
  • G. Calendoli, Autori italiani fra le due guerre: Enrico Cavacchioli. Un tema attuale nel teatro; in “Il Dramma” n. 327 1963.
  • F. Palmieri, Burrasche e successi di Enrico Cavacchioli, in “Sipario” anno XI (1954) n. 94.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Le ranocchie turchine
    In opposizione alla poesia pascoliana, qui siamo di fronte a un progetto di poesia che non ha l’obiettivo di essere gradevole e consolatoria; al contrario tende ad essere provocatoria, persino negli accostamenti tra sostantivo e aggettivo, molto spesso volutamente incoerenti e tendenti in questo modo a produrre effetti di stupore e di alterità.
 
autore:
Enrico Cavacchioli
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Cavacchioli, Enrico
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