Dall’incipit del libro:
Questo romanzo (ed è romanzo? oh quante volte le definizioni tradiscono la nostra volontà, o questa quelle!) non vuol essere la storia dello sciopero di Parma. La storia – o più modestamente la cronaca – io l’ho già scritta obiettivamente, per quanto è possibile essere obiettivi, sui giornali: qui – seguendo un tuo consiglio; e però queste pagine sono a te dedicate – qui ho voluto raccogliere, in piena libertà, le mie impressioni su quel vasto e profondo movimento di turbe, di sentimenti, di interessi che sommosse e travagliò, verso la metà dell’anno scorso, la bella ed opima campagna parmense.
Invano gli oziosi scioglitori di sciarade cercheranno dietro questo o quel fantasma, figli della mia fantasia, l’immagine della persona reale e conosciuta, per potere, in nome di questa, lanciarmi una pietra irosa: a gran fatica riconosceranno Alceste De Ambris e l’Avv. Lino Carrara in Oreste Fionda e nell’Avv. Casimiro Benco.
Io non potevo sopprimerli, i due capitani: li ho dunque, perdonami la brutta parola, «residuati» in due ombre.

