Caporetto perchè? La 2a armata e gli avvenimenti dell’ottobre 1917 fu scritto tra il marzo e il maggio 1918 dal generale Luigi Capello (che della 2a armata era stato il comandante dal 1° giugno al 25 ottobre 1917) come memoria difensiva per la Commissione d’inchiesta nominata il 12 gennaio 1918 allo scopo di indagare e riferire sulle cause e le eventuali responsabilità degli avvenimenti militari dell’ottobre-novembre 1917 comunemente noti come «battaglia di Caporetto».
Dopo la pubblicazione, nel 1919, della relazione della Commissione d’inchiesta il generale Capello inviò al ministro della Guerra un memoriale per confutare le accuse e i rilievi mossigli nella relazione stessa. Successivamente ‒ nel 1920 ‒ il generale Capello dette alle stampe due opere: Per la verità (Treves, Milano, 293 p.) volta a confutare pubblicamente le risultanze della Commissione d’inchiesta e il cui secondo capitolo riproduceva il memoriale dell’anno prima al ministro della Guerra; Note di guerra (Treves, Milano, 2 v., 349 + 401 p.), sorta di saggio storico sulla partecipazione militare italiana alla prima guerra mondiale, sotto il profilo della parte avutavi dall’autore.
La prima di queste opere è già presente nella nostra biblioteca, la seconda è in corso di lavorazione.
Nella prefazione a questo volume – che non abbiamo incluso nella trascrizione elettronica perché ancora sotto copyright, – Renzo De Felice ci fornisce le notizie sopra riportate e giustifica la pubblicazione tardiva (50 anni dopo le vicende storiche) con l’originalità dell’opera: tutte le numerose opere di memorialistica e di storia che si occupano della battaglia di Caporetto sono state scritte dopo la pubblicazione della relazione della Commissione d’inchiesta, e ne sono inevitabilmente influenzate, a differenza di questa memoria difensiva.
Capello verrà accusato dalla Commissione d’inchiesta di avere avuto un atteggiamento troppo offensivo e di aver trascurato la cura degli apprestamenti difensivi, di essere stato sempre troppo severo nei confronti dei sottoposti e di non essersi preoccupato delle eccessive perdite umane dovute alla sua strategia. Lui stesso nella memoria ricorda che qualcuno lo aveva soprannominato ‘il macellaio’, e risponde puntualmente, con dovizia di documenti, a tutte queste accuse, non mancando di lanciare a sua volta delle accuse non esplicite ma neanche troppo larvate ai suoi due avversari: Luigi Cadorna, che dividerà con lui la condanna della Commissione d’inchiesta, e Pietro Badoglio, comandante della XXVII armata e sottoposto a Capello, che invece verrà assolto.
De Felice ricorda anche che dopo la pubblicazione della relazione, Capello chiese ed ottenne nel 1922 una seconda commissione d’inchiesta da parte del Senato, e cita la figlia di Capello, Laura:
«qualche tempo prima il suo “fermo” per il delitto Zaniboni, era stata ultimata… la nuova inchiesta… In quella occasione gli fu inviato dal governo il sen. Campello con l’incarico di riferirgli che “il responso della Commissione era ormai pronto e che gli avrebbe dato piena soddisfazione non appena essa fosse stata firmata da S. E. Diaz”. Tale firma sarebbe stata apposta subito, se mio Padre avesse rinunciato alla sua opera di opposizione, avesse abbandonato la Massoneria, optando per il fascismo e si fosse adattato ad intraprendere un lungo viaggio in America… Papà rispose in mia presenza al senatore: “Mi spiace conte, ma io desidero che la verità mi venga per la via maestra, ossia per quella diritta del diritto e non per quella tortuosa del mercimonio.”»
L’edizione qui pubblicata contiene il testo integrale della memoria difensiva, una scelta dei numerosissimi documenti allegati da Capello, ed il verbale dell’interrogatorio da parte della Commissione d’inchiesta
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Chiamato dalle supreme autorità del paese in seguito agli avvenimenti dell’ottobre 1917, a rispondere del mio operato quale comandante della 2a armata, io intendo portare, nella esposizione di quanto avvenne la piú obiettiva serenità e la piú esplicita franchezza.
E, poiché all’altissimo tribunale che il paese riuní per giudicare sugli avvenimenti va attribuita non solo autorità di sanzione sul passato ma anche ‒ ed in ciò consiste il beneficio maggiore ‒ capacità di guida e di consiglio nei riguardi dell’avvenire, io ritengo mio dovere di nulla tacere che possa gettare luce in quella tragica ombra.
Dirò dunque di tutta la mia opera, nel concetto e nell’azione, e dovrò dire dell’opera altrui, anche quando questa non sembri direttamente collegata alla mia, e, come parlerò della mia personale visione della guerra, nelle sue generalità e nei suoi dettagli, cosí dovrò accennare a sistemi, metodi, vedute, prescrizioni che ‒ particolare emanazione di singole personalità o derivanti da criteri generalizzati nella massa ‒ parvero, e tuttora paiono, a me errori o deficienze. Dichiaro quindi fin d’ora che ogni spunto critico o polemico che sorgerà dalla mia esposizione sarà scevro di qualsiasi acredine o intenzione di biasimo verso chicchessia, e troverà la sua ragione non in risentimenti, in rancori o in passioni, bensí nella limpida e onesta convinzione di una necessità.

