Traduzione ottocentesca del “De Senectute” di Cicerone pubblicata in Appendice all’opera di Paolo Mantegazza “Elogio della Vecchiaia”.
Dall’incipit del libro:
I. — Concedi, Attico, di rivolgermi a te con i medesimi metri, che Ennio poeta, meno eminente per ricchezze che per animo sensibile alla schietta amicizia, rivolgeva a Tito Quinzio Flamminino, comunque io menomamente non ti creda la mente giorno e notte così agitata, siccome a quel personaggio. Sono a me troppo noti il senso e la mitezza tua, portando io ferma opinione che tu prendesti il soprannome da Atene non, che nel puro tuo accento greco, per l’amenità dei costumi e la giudiziosa fermezza.
Tuttavia suppongo te dagli stessi casi profondamente commosso, che me pure talvolta tengono turbato, a confortarci de’ quali da noi soli non bastiamo, ed unico sollievo possiamo aspettarlo dal tempo.


