Eratostene di Cirene (c. 275-194 a. C.) è figura di primo piano nell’erudizione greca di età ellenistica per la sua poderosa e multiforme preparazione culturale che spaziò fra le più diverse tematiche tanto nel campo scientifico che in quello letterario, e per la quale il re d’Egitto Tolomeo III Evergete lo mise a capo della celeberrima biblioteca di Alessandria; si applicò anche alla geografia matematica e astronomica, materia in cui non mancò di affrontare le questioni connesse con la controversa misurazione del meridiano terrestre.
In base alle rilevazioni da lui stesso compiute e all’ipotesi che le località di Siene e di Alessandria si trovassero sullo stesso meridiano, fornì una valutazione variamente dibattuta dagli scienziati del tempo, ma nei secoli successivi non più completamente recepita a causa della perdita totale delle sue opere, delle quali rimangono solo frammenti.
Sul finire dell’Ottocento Gaetano Mario Columba, storico dell’età greco-romana con particolari interessi nel campo della geografia astronomica antica, volle riprendere da capo l’intera problematica sulla scorta della documentazione eratostenica disponibile, la raffrontò con le testimonianze (anch’esse per lo più frammentarie) lasciate sull’argomento da altre fonti autoriali dell’antichità classica, e con rigore filologico riuscì a stabilire il metodo, i modi e i mezzi con cui l’erudito di Cirene effettuò i propri calcoli e determinò un meridiano lungo 252.000 stadi, equivalenti a poco più di 46000 chilometri nel valore minimo: non lontani, quindi, dai 40000 accertati dalla scienza odierna.
Pur nella sua semplicità concettuale e nei limiti delle conoscenze di allora, l’esperimento va considerato il primo tentativo scientifico di risolvere il problema della grandezza della sfera terrestre, e rappresenta un risultato che, come conclude lo studioso, “rimane sempre il più ammirevole tra quelli che ci sono pervenuti dall’antichità”.
Sinossi a cura di Giovanni Mennella
Dall’incipit del saggio:
Gli studi geografici ed astronomici degli antichi avean portato, nel III secolo a. G. C., a riconoscere non solo il principio della sfericità e dell’isolamento della terra, ma altresì quello della sua rivoluzione attorno al sole.
Questo secondo principio era stato già, in maniera diversa, ammesso e sostenuto dalla scuola pitagorica – e nominatamente da Filolao, Iceta, Ecfanto – e in seguito poi dal platonico Eraclide Pontico; tuttavia esso non venne nettamente formulato che nel III secolo dall’astronomo Aristarco da Samo. Questi ammise come ipotesi – e sembra che questa parola fosse anche il titolo del libro ch’egli scrisse in proposito – che il sole e le stelle fisse fossero immobili e costituissero tanti sistemi cosmici, e che la terra girasse attorno al sole lungo la periferia di un circolo (l’eclittica) al centro del quale si trovava il sole.

