Campanella vagheggiava una grande riforma politico-spirituale che sanasse la frattura luterana e ricostruisse l’impegno universale della Chiesa. Modello della “renovazion del secolo”, la Città del sole si ispira alle analoghe utopie politiche di Platone e di Tommaso Moro. I solari vivono in una repubblica “naturale” retta da un re-sacerdote (il “Metafisico”) e da tre magistrati (Pon, Sin, Mor, rispettivamente potenza, sapienza e amore, che simboleggiano le tre primalità dell’essere teorizzate nella “Metaphysica”. La concezione campanelliana della politica, fondata su una visione etico-religiosa e cosmico-magica, cioè insieme naturalistica e astrologica, si oppone decisamente al machiavellismo e ai teorici della ragion di stato rivelando quell’intreccio di nuovo e antico che caratterizza l’intera tutta la sua opera
Dall’incipit del libro:
OSPITALARIO – Dimmi, di grazia, tutto quello che t’avvenne in questa navigazione.
GENOVESE – Già t’ho detto come girai il mondo tutto e poi come arrivai alla Taprobana, e fui forzato metter in terra, e poi, fuggendo la furia di terrazzani, mi rinselvai, ed uscii in un gran piano proprio sotto l’equinoziale.
OSPITALARIO – Qui che t’occorse?
GENOVESE – Subito incontrai un gran squadrone d’uomini e donne armate, e molti di loro intendevano la lingua mia, li quali mi condussero alla Città del Sole.
OSPITALARIO – Di’, come è fatta questa città? e come si governa?

