Alessio Di GiovanniAlessio Di Giovanni nacque a Cianciana, in provincia di Agrigento, il 14 ottobre 1872, secondo figlio di Gaetano, proprietario di miniere zolfifere, e di Filippina Guida. Il padre, Gaetano, accomunò alla professione di notaio l’attività di attento studioso di storia locale e del folklore isolano (fu anche prezioso collaboratore di Giuseppe Pitrè) e lasciò apprezzate opere. Fu anche a lungo sindaco nel paese natio. Figura importante nella sua vita fu anche quella dello zio paterno Alessio. Una tale atmosfera influì non poco nella formazione del giovane Alessio.

Nel 1884, trasferitosi con la famiglia a Palermo, viene avviato alla carriera ecclesiastica e per otto anni (definiti “dolorosi” da lui stesso) segue questi studi che abbandona nel 1892 per dedicarsi al giornalismo. Collabora con diversi giornali, “L’Amico del popolo”, “Il Corriere di Palermo”, sul quale pubblica anche una novella, ed altri non solo locali come “Il fanfulla della domenica”.

Nel 1993 la famiglia in difficoltà economiche torna a Cianciana mentre il padre si trasferisce a Noto a fare il notaio. Nel 1894 sostiene gli esami di licenza ginnasiale con alterna fortuna. Si trasferisce a Noto anche lui dove si sposa con Caterina Leonardi dalla quale avrà sette figli. Comincia a pubblicare poesie e novelle sia con editori campani che siciliani.

La sua attività letteraria prosegue molto ricca fin dagli esordi del 1896 con la silloge Maju sicilianu, cui seguirono, nel 1900, Lu fattu di Bbissana e Fatuzzi razziusi e quindi: A lu passu di Giurgenti, 1902; Nella Valplatani, 1904; Cristu, 1905; Lu puvireddu amurusu, 1907; Nni la dispanza di la surfara, 1910; La campana di Muntisantu, 1917; Il poema di padre Luca, 1935. Raccolse parte della sua opera in Voci del feudo, 1938.

Per il teatro dialettale siciliano scrisse Scunciuru, 1908; Gabrieli lu carusu, 1910; Mora mora, pubblicato col titolo L’ultimi siciliani nel vol. “Teatro siciliano”, 1932, che comprende anche le due precedenti opere teatrali.

Le sue opere di narrativa dialettale sono: La morti di lu Patriarca, 1920; La racina di Sant’Antoni, 1939 e, postumo, Lu saracinu.
Fu docente di lettere nell’Istituto Tecnico “Scinà” a Palermo, dove trascorse gran parte della sua esistenza dopo aver insegnato a Messina al real convitto Dante Alighieri e alla scuola tecnica “Gagini”.

Viene nominato socio del Felibrige (movimento letterario di cui fu animatore Mistral al quale Di Giovanni dedicherà molti scritti) cosa della quale andrà orgoglioso per tutta la sua vita. Numerose infatti le sue traduzioni di scrittori del movimento felibrista, da Valère Bernard a Poumanille a Théodore Aubanel del quale Le vergini di Avignone comparirà nel numero inaugurale della rivista palermitana “Il Solco”. La stessa opera con introduzione e note del De Giovanni sarà stampata poi dall’editore Sonzogno.

Dopo la morte del padre sono numerose le sue iniziative editoriali per ricordarlo e commemorarlo. Per circa cinquant’anni fu partecipe non certo secondario della vita letteraria siciliana con opere di narrativa, poesia, teatro, saggi e articoli e traduzioni. Notevole la sua prefazione a Sonetti e leggende popolari agrigentine di De Gubernatis. All’esplodere del conflitto bellico ha ancora in progetto la traduzione di In montagna di Saverio de Fourviero e un nuovo romanzo in lingua italiana La cristiana ignuda.

Nel 1942 abbandona la sua abitazione a Palermo e si trasferisce dapprima a Nicotera presso il figlio Gaetano e poi a Ronciglione dall’altro figlio Lorenzo. Al termine della guerra torna a Palermo con viaggio avventuroso durato quattro giorni e trova la casa saccheggiata e molti suoi lavori dispersi. Morì a Palermo il 6 dicembre 1946.

È da considerare uno dei maggiori poeti siciliani del secolo. Nella sua opera si fondono istanze sociali e sentimento religioso. È un autentico interprete delle “voci del feudo”: accanto alla dolente voce dei contadini c’è quella dei reietti della surfara, in cui personaggi di un nuovo inferno dantesco sono dannati da vivi. La vita nella zolfara pare collocarsi ai confini del reale, tra dura quotidianità e allucinata tregenda. Di Giovanni si apparenta alla schiera di grandi autori siciliani che hanno lasciato, tra Otto e Novecento, pagine indimenticabili sulla realtà delle zolfare.

Nota biografica riassunta dal sito culturasiciliana.it,
a cura di Paolo Alberti

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autore:
Alessio Di Giovanni
ordinamento:
Di Giovanni, Alessio
elenco:
D