Dall’incipit del libro:
Epopea dell’«Intelligente Service»!
Nessun limite alle possibilità criminali di questa organizzazione segreta, che è la spina dorsale del più vasto impero coloniale del mondo.
Ad affermare che l’Inghilterra pudica e puritana ritiene e ritarda lo sfaldamento dei propri smisurati dominî anche coi delitti dei suoi agenti segreti, non si dice cosa nuova e, ad ogni modo, non si fa oltraggio a coloro che praticano come dogmi i due dettami: «Il fine giustifica i mezzi» – ah! antica genialità italica quanto male hai fatto a diffondere i tuoi capziosi paradossi pel mondo! – e «Right or wrong-my country», giusto o non giusto, il mio paese anzitutto.
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Stefano Lauzanne ha scritto, in una sua lettera a Roberto Boucard, il coraggioso rivelatore d’ogni mistero dello spionaggio mondiale:
«È una strana nazione quella inglese. Prodigioso miscuglio di grettezza e di grandezza, di goffaggine e di abilità, di elasticità e d’incomprensione. Ha figure luminose di ammirevole lealtà, come Kitchener, Wilson, Consett, Grey, Chamberlain e cupe forme di camaleonti politici come Lloyd George, Snowden, Cassel, D’Avernon. Disgrazia vuole che li onori tutti alla rinfusa: li mette tutti sullo stesso piedistallo ed eleva loro statue della stessa grandezza. Crede che tanto gli uni quanto gli altri abbiano in egual misura servito i suoi interessi».

