Agnese Miglio, vero nome della scrittrice Bianca De Maj, nacque a San Bonifacio (Verona) il 30 marzo 1879. Era la secondogenita delle quattro figlie di Alfonso, musicista e militare (già maestro della banda del 14° Reggimento Fanteria) e di Eulalia Simoni; entrambi risiedevano a Verona, quando si conobbero; Alfonso, di origine napoletana, era lì di stanza con il reggimento di appartenenza. Quando nacque Agnese il padre aveva lasciato la carriera militare e la famiglia risiedeva a San Bonifacio – che della provincia veronese è l’estrema propaggine orientale – in quanto Alfonso in quel momento era maestro della banda musicale del paese.
Per seguire l’attività del padre, che diresse svariate bande musicali, la famiglia fu costretta a numerosi trasferimenti: a Milazzo, dove nacque la terza figlia e poi a Mestre dove Alfonso assunse la direzione della banda cittadina. Divenne infine nel 1889 direttore dell’Istituto Filarmonico di Bassano del Grappa – e qui nacque l’ultima figlia – finché, alla chiusura di questo istituto, la famiglia Miglio si trasferì nuovamente a Verona nel 1897. Nonostante non ci sia certezza sul percorso di studi di Agnese, ci sono validi indizi che portano a pensare che fosse ragioniera.
Da Verona, Agnese Miglio si trasferì a Milano, presumibilmente nel 1911, dove una sua sorella era già residente fin dal 1909 essendosi sposata con l’editore Bestetti, socio con Tumminelli nella loro attività editoriale e di stampa. A Milano risiedeva anche Renato Simoni, cugino delle sorelle Miglio per parte di madre, noto giornalista e autore di famosissimi libretti d’opera, tra i quali spicca la Turandot di Puccini, scritto quest’ultimo in collaborazione con Giuseppe Adami. Simoni fu anche direttore della rivista “La Lettura”, rivista mensile del “Corriere della Sera”, quotidiano con il quale Simoni collaborava. Alcune novelle di Agnese Miglio saranno pubblicate su questa rivista. Simoni fu anche direttore della rivista “La Tradotta” che portava al fronte notizie e letture durante la prima guerra mondiale e in particolare dopo la disfatta di Caporetto.
Nel frattempo era iniziata per Agnese Miglio l’attività di scrittrice per l’infanzia con la pubblicazione di alcuni racconti sul “Corriere dei Piccoli” allora diretto da Silvio Spaventa Filippi. Mancati in uno stretto spazio di tempo sia il padre che la madre nel 1914, diede corpo ulteriore alla sua vocazione di scrittrice per ragazzi pubblicando, nel 1916, Piccolo esploratore va! con l’editore Quintieri per il quale lavorava già come impiegata. Questo romanzo – che sarà tradotto in tedesco nel 1938 – è firmato con lo pseudonimo Bianca De Maj e così sarà per tutte le sue opere successive. Con lo stesso Quintieri Agnese si sposò poi nel 1918.
Il suo primo romanzo ebbe una buona fortuna editoriale con numerose riedizioni, successo che probabilmente è legato al diffondersi importante in quegli anni del movimento scoutistico. Il libro fu illustrato da Renato Salvadori che già era stato collaboratore di Simoni nell’attività della citata rivista “la Tradotta” (che veniva portata al fronte direttamente da un giovane Arnoldo Mondadori). Il matrimonio con Quinteri non portò figli, tranne una bimba che morì alla nascita. Certamente questa situazione fu penosa per Agnese che seppe trasferire questa sua ansia di maternità insoddisfatta in diverse sue opere. Ma forse le sue opere più significative sono quelle relative al declino e alla fine della casa editrice e delle attività imprenditoriali del marito.
Riccardo Quinteri, laureato in legge, era attivissimo nel campo dell’editoria e della stampa e Agnese divenne amministratrice della casa editrice del marito. Nel 1927 pubblicò con Treves La bottega del libraio con il quale descrive il declino della casa editrice Quinteri; Pagare e tacere, dell’anno successivo, vinse la prima edizione del premio letterario livornese “Premio dei Trenta” che annoverava tra i giurati i più importanti letterati dell’epoca. Il romanzo è considerato il più importante dell’autrice e inizia una trilogia che tratta, dal punto di vista delle donne, l’epopea di tre generazioni di una famiglia veronese, e che prosegue con Il falco sul nido e si completa nel 1930 con La casa venduta. La sua attività di letterata tuttavia continuò intensa, con Rizzoli, con Treves e poi con Garzanti.
Il diffondersi delle riviste femminili offrì a Bianca De Maj l’opportunità di collaborare con queste, pubblicando racconti per i quali le sue vicende di infanzia e adolescenza erano fonte di ispirazione insieme alle località del veronese alle quali era certamente affezionata. La collaborazione a “Lei. Rivista di Vita femminile” (poi “Annabella”) e a “La Donna. Rivista quindicinale illustrata” si affianca alle precedenti collaborazioni con, oltre ai già citati “Corriere dei Piccoli” e “la Lettura”, “L’Illustrazione italiana”, “La Domenica del Corriere”, “Le Grandi firme”, “Narratori di Novella”.
Il marito morì nel 1942 lasciandola vedova ma sempre attiva, fino all’ultimo romanzo pubblicato da Rizzoli nel 1951 La sposa felice. Morì a Milano il 29 settembre 1953. Dopo la sua morte le sue opere e la sua figura furono dimenticate; l’interesse attorno a Bianca De Maj fu riacceso dallo studioso di vicende sanbonifacesi Corrado Buscemi; il risultato della sua ricerca è riportato in bibliografia, unitamente all’interessante tesi di laurea di Marta Fiorino L’opera letteraria di Bianca De Maj, che riporta anche una dettagliata bibliografia delle opere dell’autrice e sull’autrice e un esame critico di tutti i suoi scritti dagli esordi fino all’ultimo romanzo.
Fonti:
- Corrado Buscemi, Il caso De Maj: una riscoperta letteraria, Sommacampagna, 2016
https://www.ilcondominionews.it/miglio-agnese-v-de-maj-bianca/ - M. Fiorino, L’opera letteraria di Bianca De Maj.
https://www.academia.edu/81445184/Lopera_letteraria_di_Bianca_De_Maj_1879_1953
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Madri dell'ombra
Romanzo
La protagonista del romanzo impersona alla perfezione il ruolo materno così come era visto all’epoca e come l’intende l’autrice, la quale però si fa interprete della possibilità di un cambiamento nel comune sentire attraverso la complessità delle emozioni, quando alla base della maternità è un’adozione. - Il mio ladro
Un’atmosfera fiabesca, quasi gotica, avvolge la lotta fra bene e male in questo romanzo nel quale ritroviamo il tema della maternità, ora pungente e doloroso, ora di serena e momentanea felicità, e quello del lavoro femminile, che, pur non essendo centrale, ha la sua rilevanza. Protagonista è una maestra, l’io narrante, assegnata a una scuola rurale con una settantina di bambini, all’indomani del primo dopoguerra. - Signorine di studio
Romanzo
In questo romanzo del 1917, se da una parte il motivo ricorrente resta quello dello sfiorimento precoce delle ‘signorine di studio’, spesso private del matrimonio e della maternità, dall’altra è vivo uno spaccato di vita delle donne negli uffici, con tutte le difficoltà che allora, come spesso ancora oggi, distinguono il lavoro femminile.