Francesco Saverio de Sanctis nacque nel 1817 a Morra Irpina (Avellino) da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Il padre era dottore in diritto e due zii paterni, uno sacerdote e l’altro medico, vennero esiliati per aver preso parte ai moti carbonari del 1820-21.
Nel 1826 lasciò la provincia per recarsi a Napoli, dove frequentò il ginnasio privato di uno zio paterno, Carlo Maria de Sanctis. Nel 1831 passò ai corsi liceali, dapprima presso la scuola dell’abate Lorenzo Fazzini, dove compì le prime letture filosofiche, e nel 1833 presso quella dell’abate Garzia. Completati gli studi liceali, intraprese gli studi giuridici, presto però trascurati per seguire, già dal 1836, la scuola del purista Basilio Puoti sul Trecento e sul Cinquecento, lezioni che il marchese teneva gratuitamente presso il suo palazzo, dove il De Sanctis avrà modo di conoscere il Leopardi e dove avvenne la sua vera formazione.
Trascorso un breve soggiorno a Morra, dove iniziò ad insegnare nella scuola dello zio che si era ammalato, il De Sanctis ritornò a Napoli dove, per interessamento dello stesso Puoti, venne nominato professore alla scuola militare preparatoria di San Giovanni a Carbonara (1839-1841) e in seguito al Collegio militare della Nunziatella (1841-1848), dove ebbe come allievo tra gli altri Nicola Marselli.
Contemporaneamente egli teneva in una sala del Vico Bisi, per gli allievi del Puoti, corsi privati di grammatica e letteratura, avendo tra i suoi allievi alcuni di quelli che sarebbero poi diventati tra i principali nomi della cultura italiana: i meridionalisti Giustino Fortunato e Pasquale Villari, il filosofo Angelo Camillo De Meis, il giurista Diomede Marvasi, il pittore Giacomo Di Chirico, il letterato Francesco Torraca e il poeta Luigi La Vista, suo allievo prediletto, che avrebbe trovato la morte durante l’insurrezione del 1848.
Alla Nunziatella il De Sanctis iniziò a trattare problematiche di carattere letterario, estetico, stilistico, linguistico, storico e di filosofia della storia, prendendo le distanze dal purismo di Puoti dopo aver scoperto alcuni testi dell’Illuminismo francese (d’Alembert, Diderot, Hélvetius, Montesquieu, Rousseau e Voltaire) e di quello italiano (Beccaria, Cesarotti, Filangieri, Genovesi, Pagano). De Sanctis passò così da una prima fase intrisa di sensibilità romantica e leopardiana, di forte polemica anti-illuministica e di convinta adesione a un programma cattolico-liberale, giobertiano, di restaurazione civile e morale, ad una seconda fase, nel costituire la quale ebbero grande parte la lettura di Hegel e le esperienze drammatiche del 1848.
Nel maggio del 1848, come membro dell’associazione “Unità Italiana” diretta dal Settembrini, partecipò con alcuni dei suoi allievi ai moti insurrezionali e, in seguito a questa sua iniziativa, nel novembre del 1848 venne sospeso dall’insegnamento. Nel novembre del 1848 egli preferì allontanarsi da Napoli, recandosi nell’entroterra calabrese, ospite prima nella città del Guiscardo di San Marco Argentano (CS) presso il seminario vescovile, poi nel vicino borgo di Cervicati (CS) dove aveva accettato un incarico di precettore propostogli dal barone Francesco Guzolini.
Qui scrisse i suoi primi “Saggi critici”, cioè le prefazioni all’Epistolario leopardiano e alle “Opere drammatiche” di Schiller, ma nel 1850 venne arrestato e recluso a Napoli nelle prigioni di Castel dell’Ovo, dove rimase fino al 1853quando, espulso dal Regno dalle autorità borboniche e fatto imbarcare per l’America, riuscì a fermarsi a Malta e quindi a rifugiarsi a Torino.
Durante il periodo di prigionia il De Sanctis si diede allo studio approfondito di Hegel, facendo lo sforzo di apprendere il tedesco e compiere così la traduzione del “Manuale di una storia generale della poesia e della logica” di Hegel, oltre a cercare di approfondire i motivi mazziniani della propria ideologia, come testimonia il carme in endecasillabi con auto-commento intitolato “La prigione”. Dal carcere uscì indubbiamente un De Sanctis diverso, al quale la realtà aveva distrutto le illusioni e al pessimismo e misticismo giovanile era subentrata una moralità più eroica e alfieriana e che, grazie alla lettura di Hegel, aveva maturato una diversa concezione del divenire della storia e della struttura dialettica della realtà.
A Torino la cultura moderata gli negò una cattedra, ma De Sanctis riuscì comunque a svolgere un’intensa attività letteraria. Trovò un incarico di insegnante presso una scuola privata femminile dove insegnò lingua italiana, diede lezioni private, collaborò a vari giornali dell’epoca come “Il Cimento”, divenuto in seguito “Rivista Contemporanea”, “Lo Spettatore”, “Il Piemonte”, “Il Diritto” e iniziò a tenere conferenze e lezioni, tra le quali quelle famose su Dante che, per la loro originale impostazione e per l’analisi storica e poetica, gli fecero ottenere, nel 1856, una cattedra di letteratura italiana presso il Politecnico federale di Zurigo.
A Zurigo, dove insegnò dal 1856 al 1860, il De Sanctis tenne lezioni su Dante, sui poemi cavallereschi italiani e su Petrarca. Zurigo, che in quegli anni era sede di grande confronto intellettuale, diede a De Sanctis l’occasione di elaborare meglio il proprio metodo critico, di approfondire le proprie meditazioni filosofiche e di raccogliere il materiale documentario, tra il quale assai importante risultano essere le conferenze petrarchesche del 1858-1859 che saranno la base del saggiopubblicato nel 1869 a Napoli dall’editore Morano.
Intanto, con l’unione nel 1860 del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna per la costituzione del Regno d’Italia, il De Sanctis poté tornare in patria, dove portò avanti, contemporaneamente alla sempre fervida attività letteraria, anche l’attività politica. Nel 1860 conobbe Giuseppe Mazzini e, dopo aver interrotto il ciclo di lezioni sulla poesia cavalleresca, sottoscrisse il manifesto del Partito d’Azione per caldeggiare l’unificazione e per combattere le idee estremiste dei repubblicani.
Da quel momento egli si immerse di slancio nella nuova realtà politica italiana, ritrovando nell’azione la possibilità di rendere concreto l’ideale appreso da Machiavelli, Hegel e Manzoni e cioè quello dell’uomo totalmente impegnato nella realtà. Si dedicò pertanto ininterrottamente, ora all’attività di politico e ministro, ora a quella di giornalista, ora a quella di critico e storico della letteratura e infine a quella di professore. In seguito alla conquista di Garibaldi, il De Sanctis venne nominato governatore della provincia di Avellino e per un brevissimo periodo fu ministro nel governo Pallavicino, collaborando per il rinnovamento del corpo accademico napoletano.
Nel 1861 venne eletto deputato al parlamento nazionale, aderendo alla prospettiva di una collaborazione liberal-democratica, e accettò il ministero della Pubblica Istruzione nei gabinetti Cavour e Ricasoli per cercare di attuare la difficile opera di fusione tra le amministrazioni scolastiche degli antichi stati. Nel 1862 passò però all’opposizione e, in collaborazione con il Settembrini, promosse una “Associazione unitaria costituzionale” di sinistra moderata, che ebbe come voce il quotidiano “Italia”, diretto dallo stesso De Sanctis dal 1863al 1865.
Il fallimento nelle elezioni del 1865 coincise con il ritorno del De Sanctis a un grande impegno di studi concentrato sulla struttura di una storiografia letteraria che fosse di respiro nazionale, questione che affronterà nei saggi sulle Storie letterarie del Cantù in Rendiconti della R. Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli del 1865, e sul Settembrini, Settembrini e i suoi critici, in Nuova Antologia (marzo 1869). Nel frattempo De Sanctis stava già lavorando a una Storia della letteratura italiana che, nata come testo scolastico, si sviluppò assai presto in un’opera di ampia e complessa portata.
Dal 1872 De Sanctis insegnò letteratura comparata presso l’Università di Napoli e quell’anno accademico iniziò con il discorso su “La scienza e la vita”. I corsi da lui tenuti in quegli anni si intitolano a Manzoni (1872), la scuola cattolico-liberale (1872-’74), la scuola democratica (1873-’74), Leopardi (1875-1876). Questi scritti, che svolgono tutti quei temi di letteratura contemporanea che nella storia della letteratura non ebbero spazio per esigenze editoriali, furono raccolti da Francesco Torraca e solo in parte rivisti dal De Sanctis.
Nel 1876, prevalendo la Sinistra, De Sanctis si dimise da professore e accettò da Benedetto Cairoli un nuovo incarico ministeriale (1878-1880), mentre il suo interesse critico si rivolgeva al naturalismo francese, come testimonia lo Studio sopra Emilio Zola che apparve a puntate sul “Roma” nel 1878 e lo scritto “Zola e l’assommoir” pubblicato nel 1879 a Milano.
Ritornato a Napoli, si dedicò alla rielaborazione del materiale leopardiano, che fu pubblicato postumo nel 1885 con il titolo Studio su G. Leopardi, e alla dettatura di ricordi autobiografici che arrivano fino al 1844, pubblicati da Villari nel 1889 con il titolo La giovinezza: frammento autobiografico.
Colpito da una grave malattia agli occhi, De Sanctis morì a Napoli nel 1883. In suo onore la città natale, Morra Irpina, è stata ribattezzata Morra De Sanctis.
Note biografiche tratte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_De_Sanctis
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- La giovinezza
Frammento autobiografico - La letteratura italiana nel secolo XIX. Volume Primo
Alessandro Manzoni - La letteratura italiana nel secolo XIX. Volume Secondo
La scuola liberale e la scuola democratica - La letteratura italiana nel secolo XIX. Volume Terzo
Giacomo Leopardi - Schopenhauer e Leopardi
- La scienza e la vita
- Scritti politici
- Storia della letteratura italiana
Pubblicata la prima volta nel 1870 in due volumi, è un'opera fondamentale per la critica letteraria italiana; ampiamente citata da numerose antologie scolastiche. - Un viaggio elettorale