Pubblicata la prima volta nel 1870 in due volumi, è un’opera fondamentale per la critica letteraria italiana; ampiamente citata da numerose antologie scolastiche.
Dall’incipit del libro:
Il più antico documento della nostra letteratura è comunemente creduto la cantilena o canzone di Ciullo (diminutivo di Vincenzo) di Alcamo, e una canzone di Folcacchiero da Siena. Quale delle due canzoni sia anteriore, è cosa puerile disputare, essendo esse non principio, ma parte di tutta un’epoca letteraria, cominciata assai prima, e giunta al suo splendore sotto Federico secondo da cui prese il nome. Federico secondo, imperatore d’Alemagna e re di Sicilia, chiamato da Dante “cherico grande”, cioè uomo dottissimo, fu, come leggesi nel novelissimo signore, nella cui corte a Palermo venia “la gente che avea bontade, sonatori, trovato ri e belli favellatori”. E perciò i rimatori di quel tempo, ancorchè parecchi sieno d’altra parte d’Italia, furono detti siciliani. Che cosa è la cantilena di Ciullo? È una tenzone, o dialogo tra Amante e Madonna, Amante che chiede, e Madonna che nega e nega, e in ultimo concede, tema frequentissimo nelle canzoni popolari di tutt’i tempi e luoghi, e che trovo anche oggi a Firenze nella Canzone tra il Frustino e la Crestaia.




