Gian Dàuli, pseudonimo di Giuseppe Ugo Nalato, nacque a Vicenza il 9 dicembre 1884 da Giuseppe, insegnante di scienze naturali e animato da idee progressiste sia in ambito scolastico che sociale, e da Elvira Del Fratello, sorella del banchiere Pietro che si suicidò nel 1907 in seguito a rovina finanziaria; accanto alla casa paterna dove nacque vi era la Ca’ Impenta, che gli ispirò uno dei suoi numerosi pseudonimi: Ugo Caimpenta.
Nel 1898 la famiglia si trasferì a Venezia dove proseguì gli studi ma fallendo il conseguimento del diploma di ragioneria.
Nell’agosto 1903 si trasferì a Liverpool, dove rimase per circa tre anni inviando corrispondenze al giornale L’Adriatico. In un clima culturale decisamente più vivo rispetto a quello di Vicenza ebbe modo di conoscere William Butler Yeats, Israel Zangwill, John Galsworthy, George Bernard Shaw e si avvicinò alle idee di Auguste Comte. Entusiasta del poeta “maledetto” Ernest Dowson (1867-1900), autore dei celebri versi They are not long, the days of wine and roses, cui Dàuli allude nella sua prefazione a Raftery il cieco e sua moglie Hilaria.
Nel 1906 tornò in Italia e nel 1909 a Vicenza. L’anno successivo si trasferì a Roma. dove iniziò una intensa attività editoriale e giornalistica diretta soprattutto agli inglesi residenti in Italia: fondò quindi il Mundus echo international, e assunse la direzione del settimanale The Roman herald aprendo contemporaneamente una libreria di volumi inglesi.
Nel 1912 sposò la traduttrice americana Edith Carpenter (traduttrice di London con lo pseudonimo di Dienne Carter). È in questo periodo che iniziò a utilizzare con regolarità lo pseudonimo Gian Dàuli, ispirato dalla presunta e non provata parentela con la famiglia padovana Dotto de’ Dàuli.
Divenne direttore del settimanale di spettacoli Il Tirso. Acquistò la Tipografia Cromo lanciandosi nella pubblicazione, non troppo fortunata, di opere di Anton Giulio Bragaglia, Antonio Baldini, Emilio Cecchi, Ercole Morselli. I pochi proventi vennero usati per finanziare l’ultimo numero della rivista Lirica. Si trasferì per qualche tempo a Milano, ma nel 1915 tornò nuovamente a Vicenza.
Nel 1916 andò in guerra come ufficiale negli alpini e venne ferito sull’Ortigara. Tornato a Milano iniziò a collaborare con il giornale Perseveranza. Nel 1917 iniziò una relazione con Francesca Saroli nobildonna ticinese, senza tuttavia divorziare dalla moglie. Per qualche anno si spostò in varie località della Liguria, che amava molto, da Bordighera a Rapallo e infine si ristabilì a Milano.
Continuò le collaborazioni giornalistiche, in particolare con la stampa ligure; creò la rivista di informazione editoriale Il Corriere del libro, di cui uscì un solo numero e fondò la casa di produzione cinematografica La Lampada. Pubblicò i primi romanzi, Limonella si diverte (1920), Perdizione (1920), L’ultimo dei Gastaldon (1921) e i racconti poi riuniti nel volume Le innamorate. Un romanzo e sei novelle (1934). Divenne direttore della casa editrice La Modernissima.
Intensa la tua attività di traduttore: avviò la pubblicazione delle opere complete di Jack London, traducendo lui stesso numerosi testi. Questa iniziativa fu forse determinante per il fallimento dell’azienda nel 1927. Tuttavia La Modernissima riprese le attività l’anno seguente, ancora sotto la sua direzione. Dal gennaio 1929 uscirono nella collana «Scrittori di tutto il mondo» romanzi di Georges Bernanos, Louis-Ferdinand Céline, John Dos Passos, Thomas Mann, Arthur Schnitzler, Thornton Wilder; ma l’iniziativa di grande rilievo culturale fu accolta con indifferenza della critica.
Tradusse, oltre a London, Gilbert Keith Chesterton, Comte, Galsworthy, Hardy, William Somerset Maugham, Herbert George Wells, Zangwill.
Creò una propria agenzia editoriale la T.I.L.A. (The International Literary Agency) e due case editrici economiche, la Delta e la Dauliana, lavorando anche come consulente per altri editori (Bietti, Stock, Lucerna, Casa del Libro, SALEI, Amatrix). Contemporaneamente La Modernissima andò incontro a nuovo fallimento a causa del “flop” della proposta dei testi dello scrittore irlandese Donn Byrne, scoperto e tradotto dal Nalato che ne acquistò casualmente un volumetto da un rivenditore di libri nel centro storico di Genova. Enrico Dall’Oglio, fondatore della casa editrice Il Corbaccio, che pubblicava dal 1927 l’opera integrale di Galsworthy sotto la direzione proprio di Nalato intervenne per salvarlo dal completo dissesto finanziario comprando gli «Scrittori di tutto il mondo», lasciando a Nalato la direzione della collana fino al 1934. Con Dall’Oglio Nalato pubblicò i romanzi La Rua (1933), Gli Assetati (1935), Soldati (1935).
Mai assistito dalla buona sorte, il momentaneo successo del romanzo La Rua, dovuto soprattutto alla valutazione favorevole della critica straniera, e il cui titolo allude a una antica festa popolare di Vicenza, e che rappresenta un duro atto di condanna della borghesia vicentina, fu stoppato dal sequestro per pornografia.
Nel 1938 insieme ad Andrea Lucchi, fondò le edizioni Aurora di impronta più popolare.
Le rapide traduzioni di giovani collaboratori (tra i quali bisogna ricordare almeno l’ottima Alessandra Scalero, prima traduttrice italiana di Virginia Woolf) venivano firmate da Ugo Caimpenta per essere distribuite in edicole delle stazioni e in fiere del libro.
Vennero pubblicati libri per l’infanzia, tra cui Zio Floflò e Frescolino e titoli già editi da La Modernissima.
Proseguiva intanto l’attività di traduttore di Nalato, iniziata con Sonzogno nel 1920. Dai primi due romanzi del premio Nobel Roger Martin Du Gard, Avvenire e Jean Barois, lo scrittore ricavò la tecnica per il romanzo Carri nella notte (1941) ambientato in quella parte di Genova che l’autore conosceva così bene.
Alle prove letterarie più impegnative, affiancò biografie, Fra’ Diavolo (1934), Rasputin (1934), La grande Caterina (1934), Le sei mogli di Enrico VIII (1934) e romanzi sentimentali, Ricostruire la vita (1938), Giulietta e Romeo (1941), Il domani è nostro (1942).
Le edizioni Aurora dovettero chiudere i battenti a causa della mancanza di carta durante il periodo bellico.
Mai nelle grazie del regime fascista, dal 1938 Nalato ebbe tutte le opere sottoposte a interventi di censura. Per sfuggire ai controlli di polizia, nel 1944, si rifugiò a Lezzeno, sul lago di Como, dove non abbandonò i progetti editoriali e tentò di rilanciare per la terza volta la Modernissima.
Dopo la Liberazione stampò otto volumi, tra i quali Le avventure di un libraio (1944) di Giuseppe Orioli (l’editore italiano di David Herbert Lawrence) e il suo ultimo romanzo, Cabala bianca (1944).
Morì a Milano il 29 dicembre 1945.
Fonti:
- Gian Dauli, in Scrittori di Vicenza, a cura di L. Quaretti, Vicenza 1974, pp. 47-73;
- M. David, Gian Dàuli, in Dizionario Bompiani degli autori, II, Milano 1987, p. 587;
- Gian Dàuli editore, traduttore, critico, romanziere, a cura di M. David – V. Scheiwiller, Milano 1989.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Biancaneve, i sette nani e il principe azzurro ed altre celebri fiabe
Gian Dàuli racconta con il suo consueto stile alcune celebri fiabe tratte dalle "cinquanta fiabe" dei fratelli Grimm, da Biancaneve e i sette nani ad Hansel e Gretel (Nannino e Ghita). - Cabala bianca
Romanzo
Uno dei romanzi più importanti della narrativa italiana del '900, senza dubbio inusuale per la nostra letteratura, prova ne è che è lontano dall'avere avuto l'attenzione e la fortuna che avrebbe meritato. - Il fornaretto di Venezia
Romanzo storico
È una storia di amore, tradimento, gelosia, vendetta, ambientata tra dogi e popolani nella Serenissima nel 1507, che sfocia in un omicidio e si conclude con il processo al colpevole e la sua condanna, attraverso un percorso travagliato. - Ricostruire la vita
Romanzo