Il prolifico autore Gian Dàuli, qui nascosto sotto lo pseudonimo di Ugo Caimpenta, si cimenta in un romanzo storico ambientato nella Serenissima nel 1507. Si tratta di una storia di amore, tradimento, gelosia, vendetta, che sfocia in un omicidio e si conclude con il processo al colpevole e la sua condanna, attraverso un percorso travagliato, di cui non faremo cenno per non rovinare la sorpresa di lettrici e lettori.
I protagonisti sono nobili e popolani, a cominciare dal Doge, il Consiglio dei Dieci cioè i magistrati giudicanti, varie famiglie nobili, debitamente imparentate tra di loro: i Barbo, i Mocenigo, i Guoro. Ma ci sono anche, in ruoli fondamentali, la cameriera Annetta e il suo innamorato, il “Fornaretto” Pietro; il padre di Pietro, Marco, il gondoliere Momo, e tanti altri. Perché nelle strette calli di Venezia, nobili e popolani non possono non passare gli uni accanto agli altri; e il pettegolezzo colpisce senza badare al censo, sottolineando quegli indizi che potrebbero far pensare ad un corteggiamento, una relazione, un adulterio, tra membri della stessa classe sociale, ma anche no…
E i nobili, apparentemente intenti solo a rispettare le forme di cortesia dettate dal galateo, sono sempre ben consapevoli del proprio potere, dell’onore, della gestione dei complessi rapporti familiari; e degli scambi di favori tra appartenenti alla stessa classe, facendo uso finché possibile e senza pietà della dedizione e della vita della servitù.
Questa storia, che è entrata in proverbio con la frase Ricordeve del poaro fornareto (Ricordatevi del povero fornaretto) pronunziata, si dice, dai giudici della Serenissima prima di emettere una condanna, è quasi certamente una leggenda, in quanto non se ne trova traccia nei registri dell’epoca e neppure nei Diari del Sanudo. Fonti successive, a partire dal secolo XVII, riportano però il nome del Fornaretto, e la sua vicenda, con alcune varianti.
Il dramma omonimo di Francesco Dall’Ongaro rese la vicenda popolarissima, a partire dalla metà del XIX secolo, ed oltre a questo romanzo, edizione digitale a partire da un volume stampato nel 1954, si contano almeno cinque versioni cinematografiche, fino dall’epoca del film muto; la più recente nel 1963 con la regia di Duccio Tessari.
Sempre alla vicenda del Fornaretto, secondo la tradizione si associa l’accensione serale di due lumini rossi (attualmente sostituiti da due lampadine) sul lato sud della Basilica di San Marco; altri però fanno risalire l’accensione dei lumini a un lascito di un marinaio, grato perché in una notte di nebbia fu guidato da una debole luce sano e salvo fino al porto.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Era la fine d’una limpida e tiepida giornata di febbraio del 1507. In cielo si denudavano a poco a poco le stelle e sul Canal Grande più rade diventavano le gondole.
Chi fosse passato a quell’ora sulle placide e già quasi scure acque del Canale dinanzi al palazzo Barbo ‒ uno dei più belli del tempo ‒ avrebbe potuto vedere al verone del secondo piano una splendida donna sui venticinque anni, bionda, dai purissimi lineamenti e l’espressione triste: era la contessa Clemenza Barbo, nata Mocenigo, moglie di Lorenzo Barbo, uno del Consiglio dei Dieci, forse il più autorevole tra i componenti di questo Tribunale, certo il più spietato.
I gondolieri se l’additavano, ammirati e compassionevoli.

