I tre grandi filoni di idee che, a partire dalla rivoluzione americana e francese, hanno caratterizzato il dibattito e lo scontro sociale per tutto il XIX secolo e buona parte del XX, sono stati il liberalismo, il comunismo e l’anarchismo. La società moderna attuale è il risultato della traduzione di queste idee in movimenti politici e sociali. Il liberalismo è stato promotore della libertà individuale, trascurando però nelle sue proposte di struttura sociale il nodo centrale dell’eguaglianza. Il comunismo, almeno negli enunciati, ha posto l’accento sull’eguaglianza economica ma ha finito per considerare la libertà individuale un trascurabile residuo dell’ideologia borghese. L’anarchismo ha cercato di coniugare uguaglianza con libertà individuale e sociale, nella convinzione che la libertà individuale non può essere raggiunta se non in un progetto strutturale mirante all’eguaglianza. In questo quadro il riconoscimento delle diversità cessa di essere un elemento di diseguaglianza per diventare caposaldo di libertà.

Il liberalismo, in varie forme corrotte e sempre più stataliste, ha egemonizzato il mondo occidentale, con l’eccezione dei regimi nazi-fascisti. Il comunismo ha prevalso nei paesi dell’est fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989. Le esperienze libertarie sono più brevi e circoscritte; dal 1917 al 1921 in Ucraina, la “breve estate dell’anarchia” nel 1936 in Spagna. Ma mentre il comunismo sembra avviato a un irreversibile declino e l’affermazione incontrastata del liberalismo è decisamente resa opaca dalle varianti moderne che sempre vedono un evolvere dallo “stato minimo” liberale a uno “stato massimo” sempre più presente e invasivo nella vita economica e sociale del cittadino, l’idea libertaria influenza invece ampi settori del pensiero contemporaneo. La critica al concetto di autorità e di gerarchia è diffusa nel mondo intellettuale e tracce non trascurabili di pensiero libertario si riscontrano frequentemente nelle scienze, nella pedagogia, nell’arte, nella critica ecologica e femminista, nella politica dei gruppi di base. Nonostante l’ambiente sembri sfavorevole, le idee libertarie circolano e talvolta con un qualche successo.

Gigi Damiani non era un teorico, la sua anarchia parte dal sentimento di ribellione all’ingiustizia, all’oppressione. Ma nelle brevi pagine di questo opuscolo, che fu dato alle stampe pochi mesi prima della sua morte, sintetizza in maniera efficace i tratti salienti del suo anelito di libertà, del suo pensiero avverso all’ingiustizia. Parte quindi a descrivere il proprio impulso alla ribellione, dalla bottega paterna e la lettura di “Il Messaggero” ai manifesti murali – l’anarchico del quale parla all’inizio del secondo capitolo è Ravachol, uno degli interpreti del periodo tragico della “propaganda del fatto” – fino a giungere rapidamente a un anarchismo che

«capisce, spiega e non esclude la lotta di classe, ma il problema che esso vuol risolvere è un problema essenzialmente umano e non di classi che si sostituiscono nell’uso e nell’abuso del potere».

Damiani si sforza, e – rapportato all’epoca e alla esposizione sintetica con la quale ha dato forma al suo pensiero – con una certa efficacia, di confutare alcuni dei principali luoghi comuni usati contro l’anarchia, rafforzando l’idea più radicale di libertà e eguaglianza mai pensata dall’umanità. Tuttavia l’anarchismo è figlio anch’esso della modernità; quando questa si estinguerà evolvendosi in forme sociali diverse, anche l’anarchismo si estinguerà e le istanze libertarie ed egualitarie evolveranno parallelamente alle nuove forme sociali. Ma, come scrisse Tomàs Ibañez,

«aspettando la sua prossima fine l’anarchismo merita largamente che lo coltiviamo così come si coltiva un fiore la cui bellezza nasce in buona misura dalla certezza che sta esaurendo pienamente il presente poiché questo è il suo unico orizzonte».

Sinossi a cura di Paolo Alberti e Virginia Vinci

Dall’incipit del libro:

Scrivendo queste pagine, mi propongo di portare alla vostra conoscenza, quella che io chiamo la mia bella Anarchia. Certamente essa può essere anche vostra; nessuno vi impedisce di amarla e di farvi amare da essa. Chiedo soltanto che non si tenti di truccarne la fisionomia, di piegarla a commerci illeciti, a pratiche oscene. La sua purità mi sta a cuore e non so immaginarla che ricca di sentimenti, incline al sacrificio, non sdegnosa di eroismi, pero sempre umana, sempre dalla parte dei deboli e degli oppressi. Non le chiedo virtuosità dogmatiche, non fanatismi crudeli. Se voi la desiderate come io la desidero, qua la mano. Siamone la guardia del corpo e se fa d’uopo, i martiri e i confessori. Raduniamo intorno a lei i consensi di quanti vogliono escludere la sofferenza nella vita, l’insincerità nei nostri rapporti.

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titolo:
La mia bella anarchia
titolo per ordinamento:
mia bella anarchia (La)
descrizione breve:
Nelle brevi pagine di questo opuscolo, che fu dato alle stampe pochi mesi prima della sua morte, l’autore sintetizza in maniera efficace i tratti salienti del suo anelito di libertà, del suo pensiero avverso all’ingiustizia.
autore:
opera di riferimento:
La mia bella anarchia / Gigi Damiani. - Cesena : L’Antistato, 1953. - 23 p. ; 21 cm.
licenza:

data pubblicazione:
21 marzo 2024
opera elenco:
M
soggetto BISAC:
SCIENZE POLITICHE / Generale
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Virginia Vinci
impaginazione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
pubblicazione:
Catia Righi, catia_righi@tin.it
Claudia Pantanetti, liberabibliotecapgt@gmail.com
revisione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it